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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Il dibattito / Polonia

La Polonia pensa di reintrodurre la pena di morte

Il brutale omicidio di un bambino, torturato dal patrigno, ha riacceso il dibattito nel Paese. La maggioranza dei cittadini è a favore, nonostante il forte legame con la Chiesa cattolica

Reintrodurre la pena di morte per i "mostri" che commettono reati atroci. L'idea si sta diffondendo in Polonia, dove un caso di cronaca ha suscitato orrore, oltre che sdegno e indignazione. Un bambino di otto anni è morto per mano del patrigno dopo aver subito ignobili torture. Dopo questo tragico evento, il primo ministro ha twittato l'idea di punire in maniera decisamente più severa le persone, col ripristino della pena di morte per coloro che commettono reati di tale gravità. La proposta ha subito ottenuto consensi, con quasi la metà dei cittadini polacchi a favore.

Come punire le atrocità

All’inizio di maggio Kamil, un bambino di otto anni, è morto in un ospedale pediatrico nella Polonia occidentale. Era stato in coma per 35 giorni, dopo che il patrigno lo aveva costretto a versare acqua bollente sul proprio corpo. In base alle indagini è emerso che l'uomo, un 27enne dell'Alta Slesia, torturava il bambino da molto tempo. La reazione della politica ad un caso di tale portata non si è fatta attendere. “Le pene per i peggiori degenerati sono troppo basse”, ha twittato il 10 maggio il primo ministro Mateusz Morawiecki. “Personalmente, sono favorevole al ripristino della pena di morte per i criminali più brutali!”, ha dichiarato commentando il caso di Kamil. Ha poi asserito che le pene dovrebbero essere molto più alte per i “mostri” che con premeditazione distruggono la vita dei bambini. La posizione del primo ministro in favore della pena estrema non è nuova.

Cattolici ma non troppo

Nonostante il Paese sia fortemente cattolico ed il governo guidato dal partito Diritto e Giustizia (PiS) sia un importante alleato della Chiesa cattolica, la misura della pena di morte non costituisce un tabù. Una posizione molto diversa rispetto a quella nei confronti dell'aborto, un diritto che in questi anni Varsavia ha fatto di tutto per impedire che venga esercitato. In base al Vangelo la pena di morte “è inammissibile perché è un attacco all’inviolabilità e alla dignità della persona” e in nessun caso può essere consentita. Su questo punto, pur considerandosi cattolico, Morawiecki ha ammesso di essere in disaccordo con la Chiesa. Il portavoce del governo, Piotr Müller, ha spiegato che il primo ministro ha espresso semplicemente la sua opinione, ma che il ripristino della pena di morte non rientra nell’agenda politica del Pis, né costituisce al momento argomento di discussione.

Il sostegno della popolazione

Morawiecki da parte sua non si è limitato alle dichiarazioni, chiedendo al ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro di presentare emendamenti al Codice penale polacco. Ziobro è il leader di Polonia sovrana, l'alleato di governo del Pis fortemente euroscettico e sovranista. Anche il viceministro della Giustizia Marcin Warchoł si è dichiarato favorevole alla reintroduzione della pena di morte, reputandolo uno strumento capace di ridurre il numero di reati. Sulla stessa onda la ministra della Famiglia e delle politiche sociali Marlena Maląg, contraria a pene troppo basse per determinati reati. La proposta del primo ministro incontra il favore dei cittadini polacchi che in un sondaggio, seppur con una con una maggioranza risicata, si sono dichiarati d’accordo con Morawiecki.

Ai tempi del comunismo

La condanna a morte è sparita ufficialmente dalla Polonia nel 1993, quando il suo governo decise di firmare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Secondo quanto ha ricostruito il portale Euractiv, l'ultima condanna era stata eseguita nel 1988 a Cracovia nei confronti di un 29enne accusato dello stupro e dell'omicidio brutale di una donna. Sotto il regime comunista si poteva essere condannati a morte per alto tradimento, atti di terrore, omicidi particolarmente efferati e gravi reati economici. Quando il regime finì nel 1989, il parlamento adottò una legge sull’amnistia, che commutò in 25 anni di carcere tutte le condanne a morte non ancora poste in essere.

Opzione esclusa in Europa

Negli altri Stati dell'Unione europea il dibattito sul ripristino della pena di morte in questi anni non ha riscontrato successo. La visione contraria a questa pena sembra ormai consolidata e reputata un tratto distintivo dell'Europa rispetto a Paesi come gli Stati Uniti, la Cina e l'Iran, dove ancora vige e viene applicata. Alcuni governi del vecchio continente sono stati all'avanguardia, come il Portogallo, che ha abolito la pena di morte per reati ordinari nel 1867, con l'ultima esecuzione avvenuta nel 1849 e l'inviolabilità della vita sancita nella Costituzione del 1976, frutto della lotta al regime fascista che per anni ha guidato il Paese. Altri Stati si sono decisi in anni più recenti come il Belgio, dove solo nel 1996 la pena di morte è stata ufficialmente abolita. La Polonia fa parte sia dell'Unione europea che del Consiglio d’Europa, che si è dichiarato una zona senza pena di morte, dato che attualmente nessuno Stato membro la prevede. Stando ai dati del 2021 diffusi dal Consiglio d’Europa, nel mondo solo una minoranza di 18 Stati continua con le esecuzioni capitali. Si tratta del 9% del totale dei Paesi membri delle Nazioni Unite. Intellettuali ed opposizioni in Polonia leggono il favore verso la pena di morte da parte di Morawiecki come un ulteriore passo verso l’uscita della Polonia dall’Unione europea.

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