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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Unicorni e startup: è febbre da cavallo in Europa. Ma l’Italia è tra le ultime per capitali di rischio

Gli italiani investono in media 14 dollari a testa contro i 1.329 degli svedesi, i 479 dei britannici e i 200 dei tedeschi. Belpaese in forte ritardo, mentre l’Ue raggiunge il massimo storico

Per uscire da una crisi senza precedenti servono idee nuove. Questo ragionamento sta spingendo l’economia globale a puntare come non mai sulle startup, le giovani imprese che presentano un rischio più elevato di fallimento, ma anche una maggiore prospettiva di guadagno rispetto ai vecchi competitor di settore. Per avere una chance di successo, le startup hanno bisogno dei venture capital, o capitali di rischio, cioè di una somma iniziale necessaria per ‘gareggiare’ nell’ippodromo dell’economia. Come nelle scommesse ippiche, chi mette i quattrini spera di aver puntato sul cavallo vincente, che nel gergo imprenditoriale prende il nome di unicorno: la giovane azienda che raggiunge in pochi anni di vita un valore superiore al miliardo di dollari.

Questo genere di miracoli stanno diventando sempre più frequenti. Ai casi di scuola come il colosso svedese dello streaming musicale Spotify (nato nel 2006) e il gigante americano dell’autonoleggio Uber (2009) recentemente si è aggiunto il caso eclatante della tedesca Gorillas. L’azienda nata nel maggio 2020 offre un innovativo sistema di consegna di generi alimentari a domicilio e vanta già un valore superiore al miliardo di dollari. Le idee innovative possono fare da traino per l’economia in ripresa, ma hanno bisogno di capitali di rischio. 

La bella notizia per le startup è che l’economia globale si è accorta delle loro potenzialità e nei primi mesi 2021 si contano investimenti per 264 miliardi di dollari, a fronte dei 114 miliardi del primo semestre dell’anno precedente. È quanto afferma Dealroom, una società olandese specializzata proprio nell’individuare le startup di successo. Secondo lo studio pubblicato l’8 luglio, nel 2021 sono nati due ‘unicorni’ al giorno a livello globale. E in Europa è scattata la febbre da cavallo. 

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Scorrendo infatti i dati sui Paesi che stanno investendo di più nelle giovani aziende, in cima alla lista non ci sono i soliti noti dell’economia globale, ma uno Stato Ue: la Svezia. Sull’onda del successo di Spotify, gli svedesi stanno investendo in media 1.329 dollari a testa in capitali di rischio, a fronte dei 1.011 degli israeliani e gli 883 dollari degli statunitensi, argento e bronzo del podio delle startup dopo anni di leadership indiscussa. Il Regno Unito è quarto con 479 dollari per abitante, seguito da Finlandia (478), Olanda (407) e Svizzera (391). 

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Guardando a questi dati, secondo la testata Politico, sulle labbra di diversi funzionari Ue si è stampato il sorriso. Anche se l’investimento medio negli Usa è pari a 883 dollari, mentre in Europa (Ue e Stati non Ue) è di 139 dollari, il Vecchio Continente ha segnato un forte balzo in avanti nella classifica di chi investe di più nei campioni di domani dell’economia mondiale e oggi detiene una fetta del 18% degli investimenti a livello globale (nel 2011 erano appena il 9%). Rispetto al primo semestre del 2020, l'Europa ha moltiplicato per 2,9 volte i suoi investimenti in capitali di rischio. Numeri che dovrebbero far ben sperare anche per il futuro dell’economia italiana. Peccato che il Belpaese stia puntando poco e niente sulle nuove aziende. 

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Mentre Svezia, Usa e Israele si contendono il podio, l’Italia oggi è in venticinquesima posizione con appena 14 dollari a testa di investimento in capitali di rischio. A precedere il Belpaese sono la Croazia (15 dollari per abitante), la Grecia (20 dollari), Malta (21 dollari), la Cina (43 dollari) e gli altri Paesi che occupano le prime venti posizioni in classifica. I francesi sono quindicesimi con 150 dollari per abitante e i tedeschi tredicesimi con 201. Numeri che fanno pensare all’Italia come a un Paese che non ha proprio l'interesse, ma nemmeno la capacità, di guardare al futuro.

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