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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Corte Ue boccia lo scudo sui dati tra Usa e Ue, cosa cambia per Facebook

L'amministrazione americana si dice "profondamente delusa" della decisione dei giudici europei che non si fidano più della protezione delle informazioni personali garantita dalle norme statunitensi

Dopo le regole sulla privacy e la cyber-sicurezza, i giganti del web come Facebook e Google potrebbero presto dover fare i conti con nuove norme europee. La sentenza arrivata oggi dalla Corte di giustizia dell’Unione europea richiede infatti alle autorità di protezione dei dati personali dei singoli Stati membri di controllare l’invio ai server extra-Ue dei dati degli europei per assicurare che le informazioni personali rimangano protette in conformità alle leggi comunitarie. Una decisione che, secondo molti osservatori, potrebbe dar vita a un vero e proprio divieto di trasferimento delle informazioni immagazzinate dalle piattaforme digitali verso gli Stati Uniti, dove hanno sede le più grandi imprese del web. 

Regole Usa garantiscono solo gli americani

Il caso che ha portato alla pronuncia dei giudici europei risale all'ottobre 2014 ed è stata presentata dall'attivista austriaco per la privacy Max Schrems. L’austriaco sostiene, a seguito delle rivelazioni del ‘whistleblower’ Edward Snowden (che mise a nudo violazioni sistematiche del diritto alla riservatezza da parte delle autorità Usa), che la privacy dei cittadini europei non possa essere garantita ogniqualvolta i loro dati vengano trasferiti negli Stati Uniti. Negli Usa si farebbe un diffuso utilizzo di intercettazioni e ispezioni su dati digitali, fatte salve le garanzie stabilite dalla legge statunitense, che protegge i diritti dei soli cittadini Usa.

Niente porti né scudi 

La denuncia iniziale di Schrems aveva già portato l’Ue ad abbandonare il regime del cosiddetto “porto sicuro”, che permetteva il trasferimento di dati tra Usa e Ue senza restrizioni, in un contesto di fiducia reciproca. La pressione di associazioni per la privacy e della stessa opinione pubblica aveva quindi convinto Bruxelles a mettere su un “privacy shield”, cioè uno scudo normativo per la privacy che difendesse i cittadini europei. La nuova sentenza archivia anche quest’ultima politica, per andare verso forme più intransigenti di protezione dei dati personali.

Le accuse dei consumatori

“Accogliamo con favore la decisione della Corte di giustizia Ue” è stato il commento a caldo della direttrice dell'associazione dei consumatori europei (Beuc), Monique Goyens. “Dalla sua adozione nel 2016 - ha aggiunto - abbiamo affermato che lo scudo per la privacy non era adeguato per proteggere i dati personali dei consumatori”. “Lo scudo era pieno di crepe e lacune sin dall’inizio”, accusa la  Goyens, che poi precisa: “Oltre al problema delle incompatibilità delle leggi di sorveglianza degli Stati Uniti”, lo scudo “ha indebolito i principi fondamentali di protezione dei dati dell'Ue e non ha fornito un efficace sistema di supervisione e ricorso ai consumatori dell'Ue per proteggere i loro diritti”. 

La reazione Usa

D’altro canto, gli Usa si sono detti “profondamente delusi” per la decisione della Corte Ue che ha invalidato il cosiddetto scudo. “Stiamo studiando la decisione per comprenderne appieno l'impatto pratico”, ha dichiarato il segretario Usa al Commercio Wilbur Ross. “Resteremo in stretto contatto con la Commissione Ue” e "speriamo di limitare le conseguenze negative per le relazioni economiche transatlantiche pari a 7,1 trilioni di dollari che sono così vitali per i nostri rispettivi cittadini, aziende e Governi”, ha concluso il politico dell’amministrazione Trump.

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