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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Dai matrimoni nel bosco agli alberghi “Covid free”, ecco come l'Italia del turismo prova a ripartire

Da Foggia alle Alpi, passando per la Riviera: le storie di imprenditori e associazioni che puntano sull'estate (e i turisti di casa) per il rilancio

Dai matrimoni nel bosco agli alberghi “Covid free”. L’Italia del turismo prova a ripartire sfidando una crisi sanitaria che continua a trascinarsi. E puntando sui turisti di casa. Ecco come

I matrimoni all’aperto

Sposarsi nel bosco, sotto volta di alberi e con la luce naturale del sole. Un po’ più al sicuro dal Covid, un po’ meno confinati di nuovo in uno spazio chiuso. Ci crede molto Peppe Zullo, cuoco e contadino di Orsara di Puglia, provincia di Foggia. Villa Jamele è il suo spazio, in cui ha allestito lunghe tavolate di legno e un altare per il rito civile, tutto all’esterno. "Rende un senso di libertà e noto che la gente ha questo forte desiderio, ne ha bisogno” dice Zullo. “Al di là dell'aspetto economico, questa pandemia ha indubbiamente avuto ripercussioni a livello psicologico. C'è tanta voglia di libertà, di spazi all'aperto, di verde".

A Villa Jamele ci sono 100mila metri di verde, tra boschi, vigneti e orti, di cui 30mila metri di prato. Tra il 2020 e l’inizio del 2021 è saltato il 40% dei matrimoni. Qualcuno ha rimandato a data da destinarsi, qualcuno ha rinunciato, qualcuno non se lo può permettere. E con loro anche comunioni, feste di Laurea, compleanni e anniversari. Secondo Zullo le persone hanno voglia di sposarsi, riceve chiamate continue: “si dovrebbe ricominciare a maggio, speriamo che non rimandino tutto a settembre. Le persone però sono anche in attesa, del vaccino e di tempi migliori”. Anche per gli operatori del mondo del wedding la crisi è stata pesante: i costi di gestione delle strutture sono tanti, e le entrate si sono praticamente azzerate per mesi.

La Riviera sicura

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La Riviera romagnola è una delle mete più apprezzata per i turisti di tutto il mondo, specialmente per i tedeschi. Ogni anno le sue strutture si riempiono, e le spiagge accolgono famiglie e giovani e giovanissimi. L’impatto della pandemia è stato pesante sulle città rivierasche: dal termine della stagione estiva le strutture sono state sempre chiuse, perdendo il 100% del fatturato. Occasioni che permettevano entrate economiche extra-estive come il Natale, la Pasqua, le fiere e le esposizioni sono saltate.

Giosuè Salomone è un imprenditore turistico della Riviera, e anche uno degli ideatori del progetto Riviera Sicura: 150 strutture che si sono impegnate con una serie di misure anti Covid per far trascorrere ai turisti una vacanza sicura, senza timori e certificata. È il primo gruppo di imprese che in Europa si muove autonomamente in questo senso, per trasmettere sin da ora ai turisti l’idea che Rimini e i comuni del circondario sono una meta sicura: “è una stagione molto atipica” spiega Salomone “viviamo ancora con molta paura perché il problema non è terminato. Tutti vorremmo andare in vacanza ma tutti vorremmo anche essere rassicurati”. 

Per questo le misure, che in alcuni casi sono più stringenti di quelle nazionali. I numeri sono già alti: si parla di 5000 camere sicure, con 13000 posti letto e 1000 dipendenti. In molte delle 150 strutture, che sono in continuo aumento, sono disponibili test antigenici per i dipendenti ogni tre giorni e per i clienti che ne fanno richiesta. “Abbiamo già dimostrato nell’estate 2020 che Rimini è una città sicura” continua Salomone “l’anno scorso abbiamo avuto il sold out delle camere disponibili e non ci sono stati focolai di Covid”. L’aspettativa è che la prossima stagione sia simile a quella dell’anno scorso: gli imprenditori auspicavano un ritorno alla normalità, ma si sono ormai resi conto che è una speranza vana: “faremo del nostro meglio, lo stiamo già facendo” conclude Salomone “perché una stagione di successo è necessaria, perché noi viviamo di questo: la nostra economia e l’economia dell’indotto morirebbero”.

I sentieri di Lecco

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La provincia di Lecco, ai piedi delle Prealpi lombarde, è una zona ricca di storia e di cultura. Su quel ramo del Lago di Como di manzoniana memoria, ha un territorio difficile, montuosa al 70% e senza pianura. È fatta di tanti comuni piccoli, spesso arrampicati sulle montagne e isolati tra di loro. Civate, Ello, Olginate da un lato del Lago, Erve, Carenno e Vercurago dall’altro. Un territorio che aveva bisogno di un recupero ambientale, in chiave escursionistica ma anche produttiva ed economica. Se n’è fatto carico il GAL Quattro Parchi, grazie ai fondi europei del Programma di Sviluppo Rurale: dieci antiche strade di servizio verranno rimesse a nuovo, per collegare tra di loro e con il centro piccoli comuni isolati, ma anche per permettere il passaggio di mezzi di servizio e di escursionisti. 

Sono dieci le vie che verranno recuperate, di cui due già completate: a Erve la strada che porta alla panoramica Cappelletta del Corno, a Caronno una strada in uscita dal piccolo comune. Le altre, in via di completamento, sono a Civate, Colle Brianza, Ello, Olginate. Sono tutte strade rurali, alcune storiche e segnalate già in alcuni cartigli del 1804. Sono percorsi che uniscono vecchi nuclei semi-abitativi o a scopo agricolo e pastorale, spesso che ricalcano i sentieri esistenti prima che venissero tracciate delle strade.

“Recuperare delle antiche vie è solo un punto di partenza” spiega Piergiorgio Locatelli, presidente del GAL Quattro Parchi. “Ora che vecchi nuclei agricoli, cascine storiche e piccoli comuni sono agibili e collegati tra di loro partirà sicuramente anche il loro recupero, verranno ristrutturate e magari verrà data loro nuova vita”. Ci sono stati anche interventi idrogeologici, per evitare smottamenti o esondazioni dei torrenti. Sul sentiero di Erve c’era una roggia con un antico ponte ad arco in pietra, che è stato mantenuto e rinforzato senza però impattare sull’ecosistema: accanto è stato costruito un piccolo guado che permette ai mezzi provati e di soccorso di attraversare il fiume.

Niente colate di cemento sulle montagne del lecchese: sono tutti interventi sostenibili a livello ambientale. “È stato fattore di primaria importanza per noi” spiega Locatelli. “La nostra montagna deve rimanere il più possibile intonsa”. Niente cemento, niente asfalto: le antiche vie sono state fatte tutte con un fondo di battuto di terra, con staccionate e cartelli in legno. “Altrimenti non si chiamerebbe recupero” conclude Locatelli.
 

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