Bruxelles denuncia l'Italia sui balneari: "Rinnovo concessioni viola leggi Ue"
La Commissione europea apre una procedura d'infrazione dopo il rinnovo delle concessioni agli stabilimenti decretata nel 2018 dall'allora governo gialloverde: "Scoraggia gli investimenti in un settore fondamentale per l'economia italiana e già duramente colpito dalla pandemia"
Si apre un nuovo fronte di scontro tra Roma e Bruxelles sul tema dei balneari. La Commissione europea ha infatti deciso di inviare "una lettera di costituzione in mora all'Italia in merito al rilascio di autorizzazioni relative all'uso del demanio marittimo per il turismo balneare e i servizi ricreativi". Si tratta del primo atto di una procedura d'infrazione che potrebbe portare a pesanti sanzioni al nostro Paese e che nasce dopo che nel 2018 l'allora governo M5s-Lega dietro il via al rinnovo delle concessioni balneari fino al 2033. E in barba a una sentenza della Corte di giustizia europea del 2016 che aveva già accertato l'incompatibilità tra tali concessioni e il diritto dell'Unione, ossia la famosa direttiva Bolkestein.
Secondo Bruxelles, la misura italiana crea "incertezza giuridica per i servizi turistici balneari, scoraggia gli investimenti in un settore fondamentale per l'economia e già duramente colpito dalla pandemia di coronavirus, causando nel contempo una perdita di reddito potenzialmente significativa per le autorità locali italiane".
Le ragioni di Bruxelles
"Gli Stati membri - scrive la Commissione - sono tenuti a garantire che le autorizzazioni, il cui numero è limitato per via della scarsità delle risorse naturali (ad esempio le spiagge), siano rilasciate per un periodo limitato e mediante una procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi". L'obiettivo, premette ancora Bruxelles, "è fornire a tutti i prestatori di servizi interessati - attuali e futuri - la possibilità di competere per l'accesso a tali risorse limitate, di promuovere l'innovazione e la concorrenza leale e offrire vantaggi ai consumatori e alle imprese, proteggendo nel contempo i cittadini dal rischio di monopolizzazione di tali risorse". Tale obiettivo, secondo la Commissione, viene meno in Italia.
"In una sentenza del 14 luglio 2016 - ricorda Bruxelles - emessa a seguito di un rinvio pregiudiziale del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia (cause riunite C-458/14 e C-67/15), la Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito che la normativa pertinente e la pratica esistente a quel tempo in Italia di prorogare automaticamente le autorizzazioni vigenti delle concessioni balneari erano incompatibili con il diritto dell'Unione. L'Italia non ha attuato la sentenza della Corte. Inoltre l'Italia da allora ha prorogato ulteriormente le autorizzazioni vigenti fino alla fine del 2033 e ha vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l'assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute, violando il diritto dell'Unione", attacca la Commissione.
La procedura e i rischi
Per questa ragione, Bruxelles si attendeva dall'Italia un adeguamento alla sentenza della Corte. Ma non è andata così: da qui, la decisione di aprire la procedura d'infrazione. I tempi della procedura, qualora l'Italia non dovesse adeguarsi ritirando le concessioni, sono lunghi. Ma qualora si arrivasse alla Corte di giustizia, la sentenza di condanna e le relative sanzioni nei confronti del nostro Paese sarebbero assicurate.