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Venerdì, 19 Aprile 2024
Lavoro

Perché la sinistra scandinava è contro il salario minimo europeo

Danimarca e Svezia si oppongono alla proposta del Parlamento Ue, che dovrebbe essere votata in questi giorni. E che mira ad aumentare gli stipendi in Paesi come l'Italia

I socialdemocratici europei si battono per una direttiva sul salario minimo, ma la sinistra e i sindacati scandinavi si oppongono. Per loro, una legislazione di questo tipo minerebbe il loro sistema di contrattazione, nel quale gli stipendi vengono negoziati tra sindacati e datori di lavoro, senza nessun intervento dello Stato.

Durante una votazione tenutasi lo scorso giovedì a Bruxelles, la commissione Occupazione e affari sociali del Parlamento, con i voti anche di Pd e M5s, ha approvato la direttiva sul salario minimo. Ma la strada è ancora lunga, e in salita. Il testo passerà nei prossimi giorni al vaglio della Plenaria e a quel punto inizieranno i negoziati con i governi sul testo finale, e le discussioni con i rappresentanti degli Stati membri non saranno affatto facili, vista l'opposizione al provvedimento che si è più volte manifestata in Consiglio in particolar modo da parte della sinistra danese e svedese.

La loro paura è che questa direttiva possa portare a un abbassamento dei salari, che sono molto più alti rispetto alla media Ue. Secondo Eurostat i lavoratori danesi hanno uno stipendio medio lordo orario di 27,2 euro e quelli svedesi di 18,2 euro. Inoltre, i datori di lavoro danesi pagano il più alto costo del lavoro in Europa (la retribuzione al netto delle imposte e i contributi sociali), 45 euro all'ora. Nei Paesi scandinavi i dipendenti che non sono membri del sindacato sono spesso coperti dai contratti collettivi . Si teme che un salario minimo legale potrebbe portare i datori di lavoro a contestare tali accordi sulla base del fatto che una soglia salariale ragionevole è nei libri di legge e non ha bisogno di essere migliorata.

Svezia e Danimarca sostengono dunque che l'intervento di Bruxelles potrebbe portare a stipendi più bassi tra la loro forza lavoro. La battaglia dei due Paesi è iniziata lo scorso anno, quando il Parlamento aveva intavolato le discussioni sul salario minimo. In quell'occasione Il ministro dell'occupazione danese, Peter Hummelgaard, aveva detto al Guardian di essere favorevole a salari più alti per quelli meno pagati in Europa, ma che "i mezzi per raggiungere questo obiettivo devono rispettare le tradizioni nazionali e i modelli ben funzionanti".

Dopo la vittoria del sì lo scorso giovedì la legislatrice danese Marianne Vind ha riportato il suo sgomento a Euractiv: "Abbiamo paura che il nostro modello nei paesi nordici scomparirà", ha detto. Mentre Heidi Ronne della Confederazione danese dei sindacati, che li rappresenta nel Comitato economico e sociale europeo ha detto mostrato la sua frustrazione spiegando che "c'è sempre stato un po' di scetticismo verso l'UE a sinistra e nei sindacati in Danimarca. Ma siamo sempre stati fiduciosi e abbiamo potuto dire alla gente che non ci sarebbe stata alcuna ingerenza dell'UE nel nostro mercato del lavoro. Non è più così". Secondo Johan Danielsson dei socialdemocratici svedesi la direttiva è "incompatibile con i sistemi nordici di fissazione dei salari".

Agnes Jongerius, la correlatrice del rapporto e deputata dei Socialisti e Democratici (S&D) spiega che in realtà la legislazione non metterebbe in pericolo il modello scandinavo in quanto che ci sono molteplici salvaguardie affinché questo rimanga illeso. "Non c'è nulla in questa direttiva che ponga un obbligo alla Svezia e alla Danimarca di introdurre un salario minimo legale", ha detto. Ma i politici danesi e svedesi non sono convinti di queste garanzie. Temono che il testo permetta a una futura Commissione UE o alla Corte di giustizia UE di imporre obblighi alla Danimarca e alla Svezia sulla base di questa direttiva. E la loro opposizione potrebbe essere un freno all'approvazione del testo finale a Strasburgo.

Tuttavia vi è una finestra di opportunità che permetterebbe, dato che il testo gode di un'ampia maggioranza, di utilizzare il rapporto come base per i negoziati con i ministri degli Stati membri, senza ulteriore approvazione da parte del Parlamento europeo. Il Consiglio dei ministri dell'UE dovrebbe consolidare la posizione degli stati membri all'inizio di dicembre. Ciò significa che i negoziati tra il Parlamento e il Consiglio possono iniziare sotto la presidenza francese del Consiglio nella prima metà del 2022. "Sappiamo che i francesi vogliono davvero fare affari su questa direttiva. Quindi, c'è una finestra di opportunità per far passare la direttiva prima delle elezioni presidenziali francesi nell'aprile 2022", ha spiegato Jongerius. I membri danesi e svedesi del Parlamento europeo, tuttavia, hanno raccolto abbastanza firme per forzare un voto nella plenaria del Parlamento europeo per decidere se aprire la relazione agli emendamenti o no. Se il Parlamento vota a favore dell'apertura del rapporto agli emendamenti, i sostenitori della versione attuale temono che la direttiva sarà impantanata in una marea di proposte di emendamento, portando a un ritardo di diversi mesi, perdendo così la "finestra di opportunità" sotto la presidenza francese.

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