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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il caso / Belgio

Lavoratore maltrattato dal capo si suicida: azienda condannata per omicidio colposo

L'uomo aveva denunciato i soprusi che subiva ma l'impresa non lo aveva ascoltato, fino al gesto estremo

Si era suicidato dopo anni di condizioni di lavoro difficili e di maltrattamenti da parte del suo capo. Ora l'impresa per cui lavorava è stata condannata per omicidio colposo. Bruxelles-Propreté, l'agenzia di pulizia pubblica regionale della capitale del Belgio, è stata giudicata responsabile del gesto estremo del suo dipendente e il tribunale penale l'ha condannata a una multa sospesa di 36mila euro. Si tratta quindi di una vittoria solamente simbolica per la famiglia del lavoratore, ma che comunque segna un punto di svolta nel Paese.

"È una delle prime volte che un datore di lavoro viene condannato per omicidio colposo; per una persona che si è suicidata fuori dal luogo di lavoro. A causa del deterioramento delle condizioni di lavoro e perché il datore di lavoro non ha preso provvedimenti per rispondere alle richieste di aiuto del lavoratore", ha dichiarato a Rtl Info, Antoine Chomé, avvocato della famiglia della vittima. Il tribunale ha riscontrato l'esistenza di un nesso causale tra il suicidio di Didier F., avvenuto nel 2016, e le molestie di cui era stato oggetto per diversi anni da parte del suo superiore, Michel L. L'agenzia è stata quindi giudicata colpevole di omicidio colposo, ma anche di astensione colposa per non aver agito sapendo che il suo dipendente era esposto a un grave pericolo e per non aver adottato misure per porre fine alle molestie che questo dipendente e altri lavoratori subivano per mano del loro capo.

Il caso potrebbe diventare un precedente. "È un segnale di avvertimento che una situazione di violenza o di molestie sul posto di lavoro richiede una reazione da parte del datore di lavoro. Se non lo fa, potrebbe essere condannato per omicidio colposo, aggressione e percosse non intenzionali o mancata assistenza a una persona in pericolo", ha aggiunto Antoine Chomé. Come riporta Rtl, il tribunale ha usato un linguaggio forte, stabilendo che questo superiore è stato incoraggiato nel suo comportamento violento e molesto "dalla compiacenza della sua stessa gerarchia". Per il giudice, la direzione di Bruxelles-Propreté "ha trascurato il benessere sul lavoro dei suoi dipendenti", e "non è stato fatto nulla per ascoltarli e aiutarli in modo concreto".

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