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Sabato, 20 Aprile 2024
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Ilva, l'Ue all'Italia: “Recuperi dall'azienda 84 milioni, quei prestiti sono aiuti di Stato”

L'indagine dell'Antritrust europea su due prestiti concessi dal governo nel 2015. Secondo Bruxelles, si è trattato di misure “concesse a condizioni più favorevoli rispetto alle condizioni di mercato”. E non sono servite alle opere di ambientalizzazione

Due prestiti troppo generosi, per usare un eufemismo, che sono “sono stati utilizzati per finanziare il fabbisogno di liquidità dell'Ilva relativo alle sue attività commerciali e non per sopperire ai costi della bonifica ambientale”. E' per questa ragione che la Commissione europea, al termine di una indagine approfondita, ha ordinato all'Italia di recuperare 84 milioni di euro dall'acciaieria di Taranto. Si tratta di circa un decimo degli 800 milioni stanziati nel 2015 dal governo e che, per l'Antitrust Ue, rappresentano degli aiuti di Stato.

La decisione di Bruxelles, va detto subito, è slegata dall'altra indagine antitrust in corso, quella sulla vendita dello stabilimento alla cordata guidata da ArcelorMittal. E, come ha precisato la commissaria alla Concorrenza, Margarethe Vestager, non interferisce con l'attuazione delle misure ambientali "essenziali per porre rimedio all'inquinamento del sito Ilva di Taranto". L'indagine, ha aggiunto Vestager, “ha rivelato che due misure di sostegno pubblico hanno conferito all'Ilva un vantaggio indebito, grazie al quale ha potuto finanziare le proprie operazioni correnti".

Gli aiuti di Stato

L'Ilva è stata posta in amministrazione straordinaria nel marzo 2015, mentre Bruxelles ha aperto l'indagine dopo quattro denunce dai concorrenti ricevute tra il 2014 e il 2015. L'Italia ha concesso cinque misure di sostegno al gruppo siderurgico, ma solo due sono state considerate aiuti di Stato: una garanzia statale su un prestito di 400 milioni di euro e un prestito pubblico di 300 milioni di euro. "Entrambe le misure – scrive Bruxelles - sono state concesse a condizioni più favorevoli rispetto alle condizioni di mercato". Queste “condizioni favorevoli”, secondo l'Ue, ammontano a 84 milioni, ossia la cifra che adesso l'Ilva deve restituire al governo. Inoltre, per quanto riguarda il futuro, le condizioni di concessione del prestito e della garanzia dovranno essere adeguate alle condizioni di mercato. Non sono invece aiuti di Stato illegittimi gli oltre 1,1 miliardi di euro che i proprietari dell'Ilva hanno trasferito alla società nel giugno 2017 e che sono destinati a porre rimedio alle gravi carenze ambientali che caratterizzano le attività dello stabilimento di Taranto. 

Il piano ambientale e la vendita

La decisione dell'antitrust Ue, anche se non legata alla vendita dello stabilimento, arriva comunque in un momento delicato, anche a seguito delle tensioni tra il ministro Calenda da un lato, e la Regione Puglia e il comune di Taranto dall'altro, con quest'ultimi che hanno impugnato il decreto del governo che ha di fatto posticipato i lavori di ambientalizzazione dell'impianto. Bruxelles non si è ancora espressa su queste vicende, ma è chiaro che segue con attenzione sia la vendita, sia il piano ambientale, oggetto di due separate indagini. 

"La migliore garanzia di sostenibilità futura della produzione siderurgica dell'area di Taranto consiste nella cessione degli attivi dell'Ilva a condizioni di mercato e l'impresa non può dipendere dal sostegno artificiale dello Stato", si è limitata a dire oggi la commissaria Vestager. Prima di aggiungere: "Quando la Commissione ha aperto l'indagine, abbiamo esplicitamente dichiarato che l'esame della compatibilità con le norme in materia di aiuti di Stato non avrebbe intralciato o rallentato gli interventi urgenti di bonifica ambientale nell'area di Taranto”. Anche perché, ha avvertito la commissaria, "per proteggere la salute degli abitanti di Taranto, tali interventi essenziali di risanamento ambientale dovrebbero procedere senza ritardi". Per Vestager, il futuro dell'Ilva “è sostenibile. Come ha evidenziato la procedura di vendita gestita dal governo italiano, vi sono diversi potenziali offerenti disposti a investire nel futuro dell'Ilva e ad adeguare lo stabilimento alle norme ambientali vigenti”. Un commento che, forse, è anche un messaggio.

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