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Martedì, 16 Aprile 2024
Lavoro

I giovani italiani tra i più pessimisti d’Europa: 1 su 10 ha perso il posto con la pandemia

Prima del Covid, l’Italia era la prima nell’Ue per numero di ventenni senza lavoro e non impegnati in programmi di studio o formazione. Ma le cifre sono destinate a salire

Meno di un giovane italiano su due si dice ottimista riguardo al proprio futuro. È quanto emerge da un rapporto di Eurofound, la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, nel quale si evidenzia l’impatto negativo del Covid-19 nella vita professionale, e dunque nelle condizioni sociali, degli italiani dai 18 ai 29 anni. Il 10 per cento dei lavoratori under 30 del Belpaese ha infatti preso il posto durante la crisi pandemica. 

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La perdita del posto di lavoro, unita agli altri fattori di preoccupazione causati dalle ondate di contagio, ha fatto crollare il tasso di fiducia degli under 30 italiani, oggi tra i più pessimisti d’Europa. Meno ottimisti di loro sono solo i coetanei spagnoli, polacchi, ciprioti e greci. I dati si riferiscono alla primavera del 2021 e sono in netto peggioramento rispetto all’estate del 2020. Un evidente effetto del prolungarsi della crisi economica innescata dalla pandemia, dalla quale oggi l’Ue si sta riprendendo grazie ai vaccini, anche se i fattori di incertezza collegati al Covid e alle sue varianti sono sempre presenti. 

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Uno dei principali motivi di preoccupazione per i giovani italiani è il lavoro. L’Italia non ha mai brillato per il tasso di occupazione tra gli under 30, ma con la pandemia la situazione si è aggravata. Quel 10 per cento dei giovani che avevano un lavoro prima che arrivasse il Covid e che ha perso il posto durante la crisi pandemica è dunque andato a ‘rinforzare’ l’esercito dei ‘neet’, ovvero delle persone che non studiano, non lavorano e non stanno seguendo corsi di formazione. Nel 2020, come evidenziato dalla mappa, l’Italia godeva già del triste primato in Europa per il numero di giovani in questa situazione, con una percentuale di ‘neet’ pari al 23 per cento a fronte di una media Ue del 13,6 per cento. Cifre destinate ad aumentare. 

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