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Giovedì, 28 Marzo 2024
Lavoro Spagna

Anche in Spagna sono scomparsi i camerieri (e altri addetti al turismo)

Salari bassi e condizioni "terribili". E la legge contro il precariato non basta

Tutto il mondo è paese, dice l'adagio. E da qualche tempo a questa parte c'è un fenomeno che attraversa in particolare l'Occidente: la carenza di personale. Secondo un rapporto dell'Ela, l'autorità europea del lavoro, i posti vacanti segnalati dai vari Stati membri nel 2021 sono stati oltre 1 milione. Ma le statistiche parlano di carenze in settori come la sanità, il manifatturiero o l'agricoltura. Mentre quando si parla di ristorazione e turismo sembra quasi che vi sia un surplus di candidature. Eppure, non solo in Italia, ma anche in Spagna da settimane gli operatori di questi comparti lanciano messaggi di allarme perché non riescono a trovare personale. Un problema che divente sempre più impellente visto che la stagione turistica è alle porte.

Come nel nostro Paese, anche in terra iberica gli imprenditori lamentano "una presunta mancanza di vocazione nel settore", scrive El Pais. Il quotidiano spagnolo però ha voluto fare un giro tra le mete più amate dai turisti di tutto il mondo. Scoprendo che le lamentele dei datori "spesso nascondono un lato B che i lavoratori denunciano: orari interminabili, turni notturni non pagati, tagli salariali per non contribuzione di tutte le ore lavorate e precarietà generalizzata. E nel caso della Catalogna, inoltre, un contratto collettivo scaduto nel 2019".

Le storie raccolta da El Pais ricordano da vicino quelle che stanno emergendo da noi in queste settimane. C'è Albert (nome di fantasia) che da 35 anni lavora in un bar-tavola calda nel cuore della Costa Brava: dice di essere pagato più dei suoi coetanei ventenni, ossia 1.200 euro mensili, a cui si aggiunge un "nero" di 500. Lavora sei mesi all'anno, in teoria 40 ore settimanali, ma falsifica i due giorni di riposo consecutivi. “Il primo mese e mezzo abbiamo un giorno libero, ma da San Juan (24 giugno, ndr) a metà settembre non abbiamo nemmeno un giorno di vacanza. Pagano un po' di più, ma con la mia età non ne vale più la pena. Sono sforzi tremendi. I mesi estivi mi uccidono, finisco devastato, non posso resistere fino a ottobre”, si sfoga. 

Secondo Albert, “se i datori di lavoro non cambiano modo di trattare il personale, andrà sempre peggio”. Dello stesso avviso è Monica, che da 10 anni lavora allo stesso bar per 1.300 euro al mese. Ricorda come, anni fa, prima di Pasqua, "arrivavano fascicoli grandi di curriculum. Ora, neanche uno". “In qualsiasi lavoro pagano i turni di notte, nelle fabbriche, nei supermercati. Ma non nell'industria alberghiera", lamenta. 

La recente riforma del lavoro approvata dal governo di centrosinistra di Pedro Sanchez mira a contrastare la precarietà, rendendo più costose le assunzioni a tempo determinato, e favorendo la stipula di contratti a tempo indeterminato anche per chi viene impiegato stagionalmente, e che può impiegare il resto dei mesi dell'anno anche in formazione. Questo potrà avere effetti positivi sulla stabilità dei lavoratori e sulle pensioni, che verranno calcolate sull'anzianità di lavoro e non solo sui periodi in cui si è stati effettivamente occupati. Ma non è chiaro come questo possa incidere sui salari. 

Inoltre, un conto è la legge scritta, un'altra quella applicata. Il caso della Catalogna è emblematico: la prossima settimana le parti sociali cercheranno di rinnovare il contratto collettivo del settore horeca scaduto nel 2019. Ma i sindacati hanno poco fiducia che anche strappando un buon accordo, questo alla fine venga applicato. "Speriamo che non vogliano recuperare ciò che pensano di aver perso a causa della pandemia rivalendosi sul personale", dice Antonio Ferro, sindacalista di Girona. Secondo Ferro, grazie a una serie di "imbrogli", molti alberghi, ma soprattutto bar e ristoranti, dove generalmente non c'è rappresentanza sindacale, siano riusciti a far accettare ai camerieri "condizioni peggiori di quelle a cui hanno diritto per legge". I Iavoratori hanno paura a denunciarlo, motivo per cui, sottolineano i sindacati, "l'Ispettorato del lavoro dovrebbe agire".

Che questo fenomeno sia diffuso lo ammettono anche gli stessi imprenditori. Irene Elias, direttrice di un albergo in Catalogna, assicura di seguire l'accordo tra le parti sociali "alla lettera". "Non ci mancano i lavoratori, le persone vogliono venire perché sanno che riposi e ore lavorate sono quelle stabilite", dice Elias. "L'ideale sarebbe che tutti giocassero con le stesse carte e fossero leali, in questo modo non esisterebbe concorrenza sleale", afferma. Perché la corsa al ribasso su diritti e salari è un danno per tutti, anche per le stesse imprese. La fuga di personale qualificato potrà anche essere tamponata con stagionali senza esperienza, ma alla lunga il "gravissimo problema di mancanza di formazione" pesa sul settore. Ecco perché serve trovare un "equilibrio" tra le esigenze di datori e lavoratori, conclude Elias.

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