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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il caso / Lituania

L'Ue denuncia la Cina al Wto per il caso Lituania. Ma la Germania è contraria allo scontro

Dopo oltre un mese, Bruxelles reagisce al divieto cinese di importare beni dal piccolo Paese baltico, colpevole di avere relazioni con il governo di Taiwan

Dopo oltre un mese di inutili tentativi di risolvere la contesa con il governo di Pechino, la Commissione europea ha intentato una causa in sede Wto contro la Cina. Il casus belli del procedimento davanti all’Organizzazione mondiale del commercio (Omc, ma meglio nota con l’acronimo inglese Wto) è lo stop all’arrivo delle merci lituane verso il Paese asiatico. A scatenare la furia del dragone era stata l’apertura a Vilnius (capitale della Lituania) di un ufficio di rappresentanza del governo di Taiwan, esecutivo non riconosciuto da Pechino che rivendica, anche militarmente, la sovranità sull’isola. L’Ue aveva inizialmente garantito la sua solidarietà al Paese baltico senza però prendere provvedimenti reali contro la Cina. Ma ieri è arrivata la svolta. 

“L'avvio di un procedimento presso il Wto non è una decisione che prendiamo alla leggera”, ha ammesso Valdis Dombrovskis, vice di Ursula von der Leyen nonché commissario europeo al Commercio. In effetti, dietro alla solidarietà di facciata mostrata da tutti i leader Ue, la politica di Bruxelles si è dimostrata restia allo scontro con Pechino. Una riluttanza che si spiega coi numeri: lo scambio Ue-Cina di beni e servizi vale in totale oltre 600 miliardi di euro l’anno, con una bilancia commerciale favorevole al dragone per oltre 150 miliardi. Secondo quanto riportato da Politico, il governo più sensibile agli umori di Pechino sarebbe quello di Berlino che avrebbe chiesto a “tutti coloro che parlano tedesco nella Commissione” di attenuare la pressione sulla Cina. 

“Tuttavia - ha spiegato ieri Dombrovskis - dopo il fallimento dei ripetuti tentativi di risolvere la questione a livello bilaterale, non vediamo altra soluzione”. Di qui l’inizio dello scontro meno cercato dall’Ue, ma al quale Bruxelles non è riuscita a sottrarsi. Anche se modesta in termini economici, la rappresaglia commerciale della Cina contro la Lituania risulta infatti un pericoloso precedente che in futuro potrebbe ripetersi contro le economie Ue più importanti per il solo fatto di essersi attirate le antipatie di Pechino. 

“Dal dicembre 2021, e senza informare le autorità dell'Ue né quelle lituane - ha ricordato la Commissione - la Cina ha iniziato a limitare pesantemente, o a bloccare di fatto, le importazioni e le esportazioni da e verso la Lituania o collegate alla Lituania. La Commissione ha ripetutamente sollevato la questione con le autorità cinesi”. Inviti rispediti al mittente che hanno convinto Bruxelles ad adire le vie legali.

Nelle ultime settimane l’esecutivo europeo ha provveduto a raccogliere “prove dei vari tipi di restrizioni” applicate dalla Cina alla Lituania. Tra queste vengono citate “il rifiuto di sdoganare le merci lituane, il rigetto delle domande di importazione provenienti dalla Lituania e la pressione esercitata sulle imprese dell'Ue che operano da altri Stati membri affinché ritirino le componenti lituane dalle loro catene di approvvigionamento quando esportano in Cina”. Tutti comportamenti che, a detta di Dombrovskis, “violano le norme del Wto e minacciano l'integrità del nostro mercato unico”. Ma parallelamente al procedimento in sede internazionale “stiamo portando avanti i nostri sforzi diplomatici per allentare la situazione”, ha concluso il vicepresidente della Commissione. In altre parole, Bruxelles conferma la volontà di chiudere al più presto la battaglia legale cominciata malvolentieri, che inizierà con una prima fase di sessanta giorni con la quale l'Ue chiederà formalmente alla Cina maggiori informazioni sulle sue misure al fine di giungere a una soluzione soddisfacente. L’eventuale fallimento di questa prima fase permetterà all’Ue di chiedere la costituzione di un panel che deciderà in merito alla questione.

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