rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Lavoro

Brexit, l'export del Regno Unito in Ue crolla del 41%. Londra dà la colpa (anche) al Covid

I primi dati ufficiali segnalano un calo storico per il commercio delle imprese britanniche e una netta contrazione del Pil, seppur meno profonda di quanto previsto dal governo. Downing street professa ottimismo. Ma tra gli economisti c'è chi pensa che il peggio debba ancora arrivare

Le cassandre britanniche, alla fine, non erano poi tali. Almeno stando ai primi dati: a gennaio, il primo mese post-Brexit, le imprese del Regno Unito hanno subito un crollo record delle loro esportazioni verso l'Unione europea: un calo del 40,7% rispetto allo stesso mese del 2020. I trasportatori inglesi avevano stimato un calo ben più ampio, e il governo si era affrettato a smentirli. Ma è innegabile che la Brexit per il momento stia colpendo più il commercio britannico verso l'Ue, che viceversa: le importazioni dai Paesi del mercato unico, infatti, sono sì diminuite, ma in misura ridotta, ossia un calo del 28,8%.

Brexit e Covid

Il problema, secondo gli osservatori, è legato prima di tutto agli intoppi iniziali innescati dal nuovo sistema di regole e controlli, il cui assestamento andrà verificato a medio termine. Del resto, i settori più colpiti dal crollo sono quelli legati al food e al trasporto di animali vivi, che hanno visto una contrazione del 68%. Secondo il governo, però, il calo dell'export va legato anche al Covid, o meglio alle varie restrizioni alle attività commerciali in giro per l'Europa che avrebbero comportato una riduzione da parte degli ordini. L'ufficio di statistica nazionale, l'Ons, ha dato un colpo al cerchio e uno alla botte: ha avvertito che la crisi pandemica rende difficile capire il reale impatto della Brexit, ma ha ammesso anche che "prove esterne suggeriscono che il crollo di gennaio potrebbe essere attribuibile alla perturbazione causata dalla fine del periodo di transizione".

Le imprese preoccupate

Il richiamo al Covid è un modo per rispondere alle critiche di chi non ha gradito il pugno duro di Londra con Bruxelles nell'accordo sulle future relazioni commerciali. Un pugno che poteva essere ancora più duro se il governo avesse dato seguito al suo piano di apportare ulteriori controlli sulle importazioni post-Brexit. Per ora, l'inasprimento dei controlli alle frontiere è stato rinviato di 6 mesi. E Londra continua a ribadire che quelli visti sinora sono solo "problemi iniziali" che si risolveranno nei prossimi mesi. Ma tra le imprese serpeggia il malcontento verso la gestione del post-Brexit. 

Secondo Suren Thiru, capo economista presso le Camere di commercio britanniche, "le difficoltà pratiche affrontate dalle imprese sul campo vanno ben oltre i semplici problemi iniziali e con una interruzione persistente dei flussi commerciali Regno Unito-Ue, è probabile che il commercio freni la crescita economica del Regno Unito nel primo trimestre del 2021". Per Samuel Tombs, capo economista britannico presso la società di consulenza Pantheon Macroeconomics, il peggio non è alle spalle, ma anzi potrebbe arrivare più avanti: "La nostra opinione - dice al Guardian - rimane che la Brexit vada vista come una lenta puntura, piuttosto che uno scoppio improvviso, con i costi che si accumulano gradualmente sotto forma di investimenti e immigrazione inferiori a quanto sarebbe stato altrimenti".

La sfida a distanza

Per il momento, però, gli effetti combinati di Brexit e Covid sull'economia sembrano più ridotti del previsto: il Pil di gennaio, infatti, ha fatto registrare un meno 2,9%, migliore della previsioni di un meno 4,9. Bruxelles è convinta comunque che la ripresa britannica sarà più lenta di quella dei Paesi Ue nel loro complesso. Anche su questi dati si gioca la partita d'immagine a distanza tra il Regno Unito e l'Ue. 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Brexit, l'export del Regno Unito in Ue crolla del 41%. Londra dà la colpa (anche) al Covid

Today è in caricamento