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Martedì, 23 Aprile 2024
Lavoro

I Paesi Ue hanno speso solo il 12% degli aiuti promessi alle imprese. E l'Italia meno della Spagna

Stando ai dati della Commissione aggiornati a giugno, Berlino copre il 52% delle risorse messe a disposizione da tutti i Paesi membri per aiutare le rispettive economie. Ma guardando i fondi realmente stanziati, la classifica cambia: Parigi la più generosa, Roma al quarto posto

Degli di aiuti di Stato varati dai diveri Paesi Ue, più della metà sono stati emessi da un solo governo, quello tedesco della cancelliera Angela Merkel. Francia e Italia seguono a debita distanza, più o meno con una quota del 15% a testa. Al quarto posto la Spagna. E' quanto ha reso noto la Commissione europea sulla base delle notifiche pervenute a Bruxelles sui provvedimenti presi dalle capitali per affrontare la crisi del Covid-19. In totale, l'Ue ha autorizzato aiuti di Stato per circa 3mila miliardi. Ma solo un decimo di questi sono stati spesi effettivamente.

La spesa reale

Secondo quanto scrive El Pais, il 52,7% degli aiuti di Stato approvati dalla Commissione proviene da Berlino, il 15,2% dall'Italia, il 14,1% dalla Francia e solo il 5% dalla Spagna. Tuttavia, la Commissione ha chiesto ai Paesi quanto denaro avessero erogato di tale importo fino a giugno. E qui si scopre che a fronte della potenza di fuoco potenziale, è la Francia quella che immesso più risorse nel sistema, almeno fino a giugno, con 144 miliardi di aiuti. Seguono la Germania, con 96 miliardi, la Spagna, con 69 miliardi e l'Italia, con 27,6 miliardi.

Gli aiuti potenziali

Uno studio aggiornato a ottobre, quello della Cgia di Mestre sulla base di un report del think tank Bruegel, compara invece gli aiuti potenziali stanziati dai Paesi al netto delle garanzie statali a sostegno dei prestiti bancari alle imprese. Da questo studio emerge che, senza tenere conto delle garanzie statali a sostegno della liquidità, ma guardando solo alla spesa aggiuntiva stanziata, la distanza tra Berlino e Roma è di 194 miliardi.

Per fronteggiare la crisi, dalla primavera scorsa la Germania ha stanziato (cosa diverso dallo spendere) 284 miliardi di euro a sostegno, in particolar modo, di lavoratori, imprese, scuola, trasporti, sanità. Includendo anche le misure introdotte questa settimana con il "decreto Ristori", dall'inizio della pandemia il governo Conte ha stanziato quasi 90 miliardi contro i 110  della Francia e i 46 miliardi della Spagna. Neppure mettendo insieme Roma, Parigi e Madrid si riesce a raggiungere la potenza di fuoco potenziale di Berlino.

Il rischio Ue a due velocità

Una situazione che secondo diversi analisti potrebbe condurre a un vantaggio competitivo della Germania nei confronti degli altri big dell'economia Ue all'indomani della crisi, ossia quando Bruxelles metterà fine alla sospensione degli aiuti di Stato decisa come misura straordinaria durante il primo lockdown. Ma se invece della forza potenziale, si guarda alla spesa reale, le cose per il momento cambiano. "I dati preliminari indicano che le differenze reali tra gli aiuti spesi dai Paesi più grandi potrebbero non essere così grandi come inizialmente annunciato", ha detto la respondabile dell'Antritrust Ue, Margarethe Vestager.

I piani di aiuti dei big europei

Comparando le spese sostenute dai diversi Paesi europei per gli aiuti alle Pmi la Cgia evidenzia che in Germania, con riferimento alle misure erogate alle aziende, spiccano i 100 miliardi di euro destinati all'acquisto di partecipazioni di società colpite dalla crisi e i 18 miliardi di euro destinati alle ditte individuali e alle microimprese. Significativi sono stati anche i 25 miliardi che sono stati spesi per "riavviare" le aziende che hanno subito un calo dei ricavi di oltre il 60 per cento rispetto al 2019. Queste realtà produttive hanno ricevuto una compensazione fino al 70 per cento dei costi fissi sostenuti. 

In Francia sono stati stanziati 8 miliardi di euro di sussidi per le piccole imprese con un fatturato inferiore a 1 milione di euro che hanno perso almeno il 50 per cento dei ricavi nello scorso mese di marzo; 3 miliardi di euro per l'annullamento di tasse e contributi previdenziali per aziende e lavoratori autonomi in difficoltà; una stima di 9,3 miliardi di euro per sostenere l'industria del turismo e altri 8 miliardi di euro per sostenere il settore automobilistico.

In Italia, infine, le principali misure introdotte per le imprese hanno riguardato i contributi a fondo perduto a favore dei soggetti che hanno subito riduzioni del fatturato (7,3 miliardi di euro con i provvedimenti iniziali), la cancellazione dell'Irap (saldo 2019 e prima rata acconto 2020 per un totale di quasi 4 miliardi di euro), i provvedimenti di rilancio del turismo/cultura (1 miliardo di euro); agevolazioni fiscali per sanificazioni/canoni-locazioni immobili strumentali per 1,7 miliardi di euro e altri 1,7 miliardi di euro previsti per il tax credit vacanze. A queste principali misure la Cgia segnala anche le indennità una tantum erogate ai lavoratori autonomi e le ultime risorse previste dal ''decreto Ristori''.

L'Ufficio studi della Cgia sottolinea che l'indicatore preso come riferimento è quello delle ''misure a impulso fiscale immediato", ossia la spesa pubblica aggiuntiva (come spese sanitarie, misure di sostegno ai lavoratori dipendenti, sovvenzioni alle Pmi, investimenti pubblici) sostenuta da ciascun Paese per contrastare gli effetti negativi causati dal Covid. Questo indicatore, quindi, aggiunge ancora la Cgia, include anche la riduzione delle entrate (come la cancellazione di alcune tasse e contributi previdenziali); in buona sostanza ci riferiamo a quei provvedimenti che hanno contribuito al deterioramento del saldo di bilancio senza alcuna compensazione diretta successiva. Pertanto non sono inclusi i differimenti delle scadenze fiscali né i sostegni alla liquidità introdotti da molti Paesi attraverso l'emissione di garanzie pubbliche. 

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