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Martedì, 23 Aprile 2024
Lavoro

Oltre 25 miliardi di aiuti pubblici, ma niente rimborsi ai passeggeri: Corte dei conti punta il dito su compagnie aeree e Stati Ue

Il caso italiano: più supporti ai tour operator che ad Alitalia (e a danno dei passeggeri)

Compagnie aeree e tour operator hanno ricevuto generosi aiuti pubblici durante la pandemia, pari a 31,8 miliardi di euro. Ma quando si è trattato di rimborsare i biglietti dei passeggeri, molti hanno violato le normative europee, limitandosi a offrire dei buoni viaggio. Il tutto senza che gli Stati facessero valere le leggi a tutela dei consumatori. Anzi, in alcuni casi, sono stati proprio i governi a essere complici di ciò, come nel caso dell'Italia. E' quanto emerge da una relazione della Corte dei conti europea sul trasporto aereo durante la pandemia di Covid-19.  

Secondo una relazione della Corte dei conti europea, i diritti dei passeggeri aerei non sono stati tutelati nell’UE durante la pandemia. Le compagnie aeree sono tenute per legge a rimborsare i passeggeri in caso di cancellazione del volo. Molte di loro hanno invece imposto l’accettazione di buoni di viaggio, il che costituisce una pratica illecita. La Corte segnala, inoltre, che le compagnie aeree e gli operatori di pacchetti turistici hanno ricevuto aiuti di Stato per miliardi di euro, senza che tale sostegno fosse però subordinato al rimborso dei passeggeri.

Il trasporto aereo dell’Ue, scrive la Corte, "è stato gravemente colpito dalla pandemia". Le restrizioni di viaggio "(spesso imposte senza un coordinamento fra Stati membri) hanno comportato la chiusura di 7mila rotte aeree nella rete aeroportuale europea: tra marzo 2020 e marzo 2021 i voli cancellati hanno interessato nell’Ue decine di milioni di passeggeri". In casi come questo, ricorda la Corte, "la legislazione Ue conferisce ai passeggeri il diritto al rimborso dei biglietti per i voli cancellati oppure a un servizio alternativo di trasporto per i viaggi annullati". Il buono viaggio, insomma, può essere ritenuto una compensazione, ma solo se il passeggero ha rinunciato per propria scelta al diritto al rimborso della somma versata. Cosa che non è avvenuta in molti casi: le società "hanno invece imposto l’accettazione di buoni di viaggio, il che costituisce una pratica illecita", scrive la Corte.

Certo, è vero che la crisi ha colpito con forza il settore dei viaggi. Ma è anche vero che gli Stati membri dell'Ue "sono subito intervenuti, concedendo un volume inedito di aiuti di Stato per consentire loro la continuità operativa e per salvarli da un potenziale fallimento". Dall’analisi della Corte è emerso che tali aiuti sono stati pari a 31,8 miliardi, di cui 25,7 per le compagnie aeree e 6,1 per i tour operator. Gli aiuti maggiori li hanno concessi Germania e Francia, con quasi 8 miliardi a testa. L'Italia si è fermata a circa 1 miliardo, ma con una peculiarità: è il Paese che ha speso la maggioranza di questo tipo di aiuti per i tour operator rispetto alla compagnia di bandiera, la ormai prossima alla chiusura Alitalia. 

Il volume degli aiuti di Stato, secondo Annemie Turtelboom, membro della Corte dei conti europea responsabile della relazione, dimostrerebbe che “si è fatto tutto il possibile per sostenere le compagnie aeree e gli operatori di pacchetti turistici, ma fin troppo poco per tutelare i diritti di milioni di persone nell’Unione”. Secondo la Corte, molti passeggeri ci hanno rimesso di tasca propria nei primi mesi della crisi e, talvolta, addirittura con il consenso degli Stati membri: 17 di questi (fra cui Italia, Francia, Paesi Bassi e Belgio) hanno adottato misure straordinarie per esimere le compagnie aeree e gli operatori di pacchetti turistici dall’obbligo a cui sono solitamente soggetti di rimborsare i passeggeri. In violazione del diritto dell’Ue, molti passeggeri sono stati costretti ad accettare buoni di viaggio, senza peraltro essere sempre protetti in caso di insolvenza della compagnia, e la prospettiva di rimborso è stata ritardata.

Le compagnie hanno iniziato a rimborsare i passeggeri da metà 2020. Nella maggior parte dei casi, però, ci sono voluti ben più dei sette giorni (per chi ha acquistato solo il biglietto aereo) o dei 14 giorni (per i titolari di pacchetti con volo e alloggio compresi) previsti dalla normativa. La battaglia si è fatta ancora più dura per i passeggeri che non avevano acquistato i biglietti direttamente dalle compagnie aeree: spesso sono stati rimbalzati avanti e indietro dagli intermediari (come le agenzie di viaggio) alle compagnie aeree per ricevere, nel migliore dei casi, un rimborso parziale o molto tardivo e, nel peggiore, per non riceverlo affatto.

Nel frattempo, la Commissione europea ha approvato misure pubbliche a sostegno delle compagnie aeree e degli operatori di pacchetti turistici gravemente colpiti dalla crisi della Covid-19 in tutta l’UE. E tutto questo in tempi record: sono state adottate 54 decisioni in materia di aiuti di Stato entro 13 giorni dalla notifica, di cui 23 entro una settimana. Air France e Klm hanno ricevuto insieme più di 11 miliardi di euro, Lufthansa più di 6 miliardi, e Tui, Tap e Sas più di 1 miliardo ciascuna, per citare solo alcuni esempi.

Gli Stati membri, però, non hanno subordinato esplicitamente al rimborso dei passeggeri l’erogazione degli aiuti alle compagnie, anche se la Commissione, per quanto consentito dalle sue limitate facoltà nel settore dei diritti dei passeggeri, aveva specificato che potevano farlo. In ultima analisi, gli Stati membri hanno lasciato il rimborso dei passeggeri del trasporto aereo interamente nelle mani delle compagnie, che hanno seguito le loro priorità nell’uso degli aiuti di Stato. "Di conseguenza, i passeggeri aerei sono stati trattati in modo veramente ineguale all’interno dell’Ue", conclude la Corte.

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