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Giovedì, 28 Marzo 2024
L'intervista

Facebook e l'addio (impossibile) all'Europa: la partita sui nostri dati

"Non ci piegheremo alle pressioni dell'azienda di Zuckerberg" spiega Benifei, il relatore del nuovo regolamento sull'Intelligenza artificiale. Ecco come stanno davvero le cose

L'ipotesi, poi smentita, che Facebook e Instagram potessero chiudere in Europa ha causato un'ondata di preoccupazione visto che ormai i due social sono parte della vita di gran parte della popolazione italiana ed europea. Il rischio che una tale eventualità possa materializzarsi davvero “non esiste”, ma i giganti del web devono “adattarsi alle regole europee, perché non saranno certo le regole europee ad adattarsi alle loro richieste”. Lo afferma Brando Benifei, capodelegazione a Strasburgo del Pd e relatore per il Parlamento europeo del nuovo regolamento sull'Intelligenza artificiale, regolamento che toccherà anche il delicato tema della conservazione e condivisione dei dati detenuti dalle grandi aziende del settore.

La questione del trasferimento dei dati

“Anche in passato con l'approvazione del Gdpr”, il regolamento generale sulla protezione dei dati, alcune aziende protestarono, “ma poi si sono adeguate, non era pensabile che rinunciassero al mercato comunitario”, e quindi il rischio che Meta lasci il continente “non esiste”. La società di Mark Zuckerberg si lamenta per il fatto di non poter trasferire i dati raccolti in Europa negli Stati Uniti, perché manca una legislazione in materia. In realtà un accordo per permettere questo trasferimento tra Ue e Usa era stato trovato, il Privacy Shield, che però nel luglio 2020 è stato bocciato dalla Corte di giustizia dell'Ue, che ha sottolineato il fatto che negli Usa i dati non avrebbero potuto essere protetti allo stesso livello con cui sono protetti in Europa. “Serve un nuovo accordo che sia sicuro e che ancora non c'è, e questo accordo dovrà essere frutto di un lavoro che permetta anche dall'altra parte dell'Atlantico una tutela dei dati dei cittadini europei”, e quindi “la pretesa di trasferire già ora dati raccolti qui su un server americano fuori da ambito dei accordi non è accettabile”, sostiene Benifei.

Le trattative in corso

I social e le grandi piattaforme internet raccolgono ormai molti dei nostri dati, sia quelli personali che quelli relativi alle nostre abitudini e consumi. Questi dati vengono utilizzati per gli scopi più vari, ma anche condivisi con altre aziende. Ogni nazione ha legislazioni diverse su quello che si può e non si può fare con essi, e le regole sono più stringenti nel Vecchio continente. Per questo è vietato che vengano trasferiti negli Usa, dove però Facebook, come altre imprese IT, ha molti dei suoi server. “Le trattative sbloccare questa situazione con un nuovo accordo sono già in corso nel Consiglio Ue-Usa per il commercio e la tecnologia (Ttc), consesso dove si sta discutendo allineamenti normative commercio e nuova tecnologia, e lì si parla anche di intelligenza artificiale e del flusso transatlantico dei dati”, spiega l'eurodeputato.

La nuova direttiva sui servizi digitali

Il Parlamento poi proprio a dicembre ha approvato la sua versione del Dsa, la direttiva sui servizi digitali, che si ripropone di creare uno spazio digitale più sicuro per utenti e aziende digitali, reprimendo le immagini di abusi, contenuti terroristici e violenti, e dando agli utenti un maggior controllo su ciò che apparirà loro online e proteggendoli da contenuti dannosi e illegali, ma anche dalle notizie false. Un altro tema molto delicato. “Grazie alle rilevazioni della whistleblower di Menlo Park, Frances Haugen , sappiamo ora che Facebook non solo non ha fatto abbastanza contro la disinformazione online, ma che su di essa ha costruito modello di business, e rivelazioni come queste ci fanno capire che non basta una forma di pressione sulle aziende, serve una legislazione stringente”, ha dichiarato ancora il deputato.

Compromesso "ragionevole"

A suo avviso il compromesso raggiunto nella Dsa è “ragionevole e non punitivo” e porterà ad “aumentare la responsabilità delle piattaforma” nei confronti delle informazioni false e pericolose, ma evitando allo stesso tempo “un censura e un controllo troppo invasivo sui contenuti pubblicati dalle persone, salvaguardando il loro diritto alla libera espressione”. Un confine sottile che non sempre è facile da rispettare.

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