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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Carne da laboratorio

Carne sintetica: così Meloni ha detto "no" a milioni di euro di investimenti

L'Italia ha chiuso la porta allo sviluppo della carne sintetica, ma la ricerca nel mondo prosegue e attrae sempre più investimenti

Con il suo decreto sulla cosiddetta (dai detrattori) carne sintetica, il governo italiano ha chiuso la porta non tanto alla commercializzazione di questo tipo di alimenti (per la quale i tempi previsti sono lunghi), quanto al crescente business mondiale sulla ricerca nel settore della coltivazione di proteine. Da qualche tempo a questa parte, infatti, le attenzione dei grandi fondi di investimento e anche di alcuni giganti della carne, a partire dai leader mondiali Tyson Foods (Usa) e Jbs (Brasile), si sta concentrando sui laboratori dove vengono sperimentate le diverse tecniche per produrre hamburger e polpette a partire da un campione di cellule animali. Un giro d'affari che nel 2021 ha toccato la cifra record di 1,3 miliardi di dollari. E che potrebbe diventare 10 volte più grande da qui al 2030.

Dalla carne al pesce sintetico

La carne coltivata in laboratorio viene prodotta utilizzando cellule staminali raccolte da un animale vivo, senza necessità di macellazione. Le cellule raccolte vengono introdotte in un terreno di coltura contenente i materiali di crescita necessari e poste in un bioreattore, producendo infine un prodotto finale dall'aspetto e dal sapore simile alla carne tradizionale. Questo tipo di tecnica potrebbe essere applicata anche alle specie ittiche: ci sono già aziende che stanno sperimentando la coltivazione in laboratorio di frutti di mare.

Un impulso ad allargare i cordoni delle borse della finanza globale e delle multinazionali del settore è arrivato dalla decisione della Fda, l'agenzia per la sicurezza alimentare degli Usa, di dare lo scorso novembre il via libera alla coltivazione delle cellule dei polli per la creazione di un prodotto alimentare da commercializzare nel prossimo futuro. "Il mondo sta vivendo una rivoluzione alimentare e la Fda è impegnata a sostenere l'innovazione nell'approvvigionamento alimentare", ha dichiarato Robert Califf, commissario dell'agenzia. 

Chi sta investendo

Per il momento, la carne coltivata resta nei laboratori Usa: per la commercializzazione c'è ancora da attendere. Ma intanto, uno sguardo può essere lanciato a Singapore, il primo Paese al mondo ad approvare, nel 2020, la vendita commerciale delle alternative proteiche alla carne. I cittadini asiatici possono trovare nei supermercati "bocconcini di pollo" e "petto di pollo" prodotti da Good Meat, una sussidiaria dell'azienda statunitense Eat Just. Oggi, 9 aziende operano a Singapore in questo settore emergente.

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Il numero più grande di compagnie attive nella coltivazione della carne si trova negli Stati Uniti, con 26 aziende censite dal think tank Good food nel 2021. Al secondo posto Israele con 14, seguita dal Regno Unito con 12. Nell'Unione europea, se ne contano in totale 16, di cui una in Italia. Anche sul fronte degli investimenti raccolti gli Usa guidano la classifica mondiale: nel 2021 qui sono arrivati quasi 700 milioni di dollari di capitali messi a disposizione per la ricerca e sviluppo. C'è poi Israele con 475 milioni. Al terzo posto, ma distaccata non di poco, c'è l'Olanda, con 57 milioni.

L'Olanda e il problema del gusto

L'Olanda è senza dubbio la capofila della ricerca nel settore della carne coltivata in Europa: il governo sta sostenendo la ricerca e nel 2022 ha stanziato 60 milioni di euro per favorire la crescita dei suoi laboratori. Inoltre, il parlamento ha approvato una legge che consente la degustazione dei prodotti, un passo ritenuto necessario per capire l'impatto della carne coltivata sui consumatori. Le bandiere sventolate dai suoi promotori sono prima di tutto quelle dell'eticità (non è necessario uccidere o far soffrire animali) e della sostenibilità ambientale (rispetto all'impatto degli allevamenti intensivi, per esempio). Ma un conto è l'acquisto consapevole, un altro il gusto.

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Una delle difficoltà maggiori che questo settore incontra per imporsi sulle tavole dei consumatori riguarda proprio il gusto, che non riesce a "imitare" quello che dei cibi a base animale, che è uno degli elementi prioritari per l'acquisto. Una fetta importante di questo mercato, secondo gli esperti, non sono (solo) i vegani/vegetariani, ma i flexitariani che pur non rinunciando del tutto alla carne sono disponibili ad acquistare alimenti di altra origine purché il sapore si accosti a quello di latte, bistecche e salsicce "vere". 

I fondi Ue: milioni per la ricerca

Su questa criticità stanno lavorando i ricercatori del progetto "Microbioma per il sapore e la consistenza nel cambiamento organolettico della dieta". Si tratta di un progetto finanziato dall'Unione europea con 9 milioni di euro per la ricerca, tra le altre cose, di ingredienti a base di fermentazione per migliorare il sapore dei prodotti alternativi alla carne. Questo non è l'unico progetto finanziato da Bruxelles nel settore della carne coltivata. Altri 7 milioni di euro sono stati stanziati per "lo studio di diversi scenari sulla potenziale accettazione da parte dei consumatori di carne e frutti di mare coltivati, la conduzione di analisi del ciclo di vita della sostenibilità di ciascuno scenario e l'esame delle potenziali sfide e opportunità per gli agricoltori e gli acquacoltori". E poi ancora 9 milioni di euro per la ricerca su come ridurre i costi di produzione associati a questo tipo di prodotti, che a oggi sono troppo elevati per poter competere con l'industria della carne tradizionale.

Infine, c'è il consorzio di ricerca Giant Leaps, anch'esso finanziato dall'Ue con 10,3 milioni di euro: l'obiettivo è di "sostituire il consumo di proteine animali tradizionali nelle diete europee in modo che il 50% dell'apporto alimentare totale di proteine derivi da fonti proteiche alternative - come piante, microalghe, insetti e proteine monocellulari - entro il 2030". Giant Leaps vede la partecipazione di un vasto consorzio di ricerca (34 enti in totale) cui hanno aderito, oltre a 13 Paesi Ue, anche organizzazione di Stati Uniti, Canada, Svizzera e Regno Unito. Per l'Italia, sta contribuendo l'Università Federico II di Napoli.

La "rinuncia" dell'Italia

Già, perché seppur piccolo, anche l'Italia ha finora avuto un ruolo nella ricerca europea. Nel Trentino, c'è Bruno Cell, una startup nata nel 2019 "dalla collaborazione tra accademici e un investitore privato proveniente dall’industria alimentare", si legge nel sito. "Il nostro obiettivo è fare in modo che la cultured meat (carne coltivata, ndr) divenga una risorsa economicamente sostenibile, tagliando gli alti costi della proliferazione cellulare", si legge ancora. Un obiettivo che, però, oggi si scontra con lo stop del governo italiano.

Carne e alimenti sintetici saranno vietati: la nuova crociata del governo 

Per Alice Ravenscroft, del Good food institute Europe, con questa legge si perde "il potenziale economico di questo settore nascente in Italia", poiché impedisce "agli scienziati italiani di intraprendere un lavoro cruciale" e si vieta "del tutto l'esistenza di startup italiane di carne coltivata. L'Italia sarebbe lasciata indietro mentre il resto d'Europa e il mondo progrediscono verso un sistema alimentare più sostenibile e sicuro", continua Ravenscroft. "Il governo dovrebbe lasciare che gli italiani decidano da soli cosa vogliono mangiare, invece di soffocare la libertà dei consumatori", conclude.

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