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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cibo e salute

Come sarà l'etichetta europea per il cibo (che ci dirà come mangiare sano)

Attesa a novembre la proposta dell'Ue. Non coinciderà con il discusso Nutriscore (temuto dal made in Italy), ma potrebbe essere molto simile

Non sarà il Nutriscore, visto come il male assoluto dalle aziende agroalimentari italiani. Ma molto probabilmente ci assomiglierà. Parliamo della nuova etichetta informativa dell'Unione europea che presto potremmo trovare sulle confezioni di cibi nei supermercati e nei piccoli negozi per orientarci nella scelta dei prodotti più sani.

Dopo anni di discussioni e accesi scontri tra governi, istituzioni Ue, esperti, ambientalisti e imprenditori, e dopo una serie di consultazioni pubbliche, la prima proposta della Commissione Ue per l'introduzione di un'etichetta nutrizionale unica dovrebbe arrivare entro fine novembre. Sembrava quasi fatta per il Nutriscore, l'etichettatura a semaforo adottata in Francia nel 2007 e già diffusa su base volontaria in vari Paesi europei. Oltre al sostegno di governi di peso e di diverse multinazionali del food, tale sistema aveva ottenuto anche l'approvazione da consumatori e scienziati europei, consultati da Bruxelles. I quali, al contrario, avevano bocciato la controproposta italiana (la cosiddetta 'etichetta a batteria'). 

Dalle ultime notizie trapelate, invece, l'Unione europea sembra intenzionata a formulare un sistema tutto suo. "Entro il prossimo mese di novembre la Commissione Ue presenterà la propria proposta di sistema di etichettatura fronte pacco per i prodotti alimentari. E questa proposta non sarà il Nutriscore. Bruxelles sta valutando schemi valutativi alternativi", ha dichiarato Claire Bury, funzionaria della Direzione generale per la Salute della Commissione.

L'etichetta delle polemiche

Di questa affermazione potrebbero gioirne i tanti produttori italiani, francesi ed ispanici, specializzati in salumi, formaggi ed altri prodotti tipici, puniti dal sistema francese con i colori arancione e rosso. Negli ultimi anni il Nutriscore è stato al centro di numerose polemiche perché accusato appunto di penalizzare molti alimenti tradizionali, di avvantaggiare quelli delle multinazionali e di fatto affossare alcuni dei comparti più importanti per le esportazioni di diversi Paesi, incluso il made in Italy. La ragione sostanziale dell'opposizione è che il semaforo è elaborato a partire da una porzione fissa (100 grammi) e non tenendo conto del suo reale consumo quotidiano: così l'olio di oliva extra vergine, per esempio, risulta un alimento insalubre, più di una Coca light.  

Per questo, il governo Draghi si è opposto ferocemente a questa etichetta. L'ormai ex ministro Stefano Patuanelli, dopo le dichiarazioni della funzionaria della Commissione, si è affrettato a cantar vittoria. “Quando ho iniziato il mio mandato la partita sul Nutriscore sembrava chiusa. Adesso le cose sono profondamente cambiate e la partita sembra ora chiusa sì, ma per il Nutriscore", ha dichiarato a margine del suo ultimo Consiglio AgriFish in Lussemburgo.

Distanti ma vicini

In verità lo scenario profilato dalla Commissione non sembra prendere distanze così nette dal Nutriscore. L'intento pare piuttosto quello di voler placare gli animi, assumere una posizione più neutra nel dibattito e formulare una proposta capace di incorporare le qualità dell'etichetta a semaforo, ma anche di migliorarla onde evitare le sue distorsioni. In una nota da Bruxelles si è precisato: "Il messaggio che si voleva trasmettere è che la nuova proposta non sarà schiacciata sul Nutriscore ma terrà conto di elementi nuovi come i pareri forniti dall’Autorità europea sulla sicurezza alimentare (Efsa) secondo cui il sistema Nutriscore non assicura una corretta e soprattutto completa informazione ai consumatori". Le criticità e i possibili miglioramenti emersi in questi mesi dovrebbero quindi essere assorbiti dalla nuova proposta, senza quindi adottare tout-court il Nutriscore così come attualmente concepito.

Posizione, colori e chiarezza

Sono vari gli elementi che la nuova etichetta europea potrebbe recuperare dal Nutriscore. In primo luogo il suo posizionamento sul frontespizio delle confezioni, in modo tale da essere immediatamente visibile sul prodotto. Potrebbe inoltre resistere il sistema a semaforo, con abbinamenti di colori e lettere, grazie alla sua facilità di lettura e alla chiarezza percepita dai consumatori, come confermato da un sondaggio commissionato dall'Efsa. Nessuna speranza invece per il sistema a batteria italiano, il Nutrinform, reputato troppo complesso e privo di indicazioni di facile lettura. Oltre agli aspetti di forma, dovrebbe restare in piedi l'ispirazione che ha guidato gli scienziati francesi in origine: la dieta Mediterranea. Valorizzate quindi frutta, verdura, pesce, oli vegetali. In generale sono penalizzati invece alimenti ricchi di grassi, sale e zuccheri, in modo coerente agli studi scientifici in materia.

Dosi distorte

Va sottolineato come sia positiva la valutazione da parte di larga parte del mondo scientifico nei confronti dell'etichetta a semaforo. Varie però le proposte emerse finora e finalizzate a migliorare i criteri di valutazione dei cibi. A funzionare male sarebbe l'algoritmo che attribuisce l'abbinamento lettera/colore, il quale avviene sulla base di 100 grammi di prodotto. Una quantità “sballata” rispetto alle porzioni medie di molti alimenti. La distorsione più criticata dall'Italia riguarda ad esempio l'olio extra-vergine d'oliva, "punito" in molti casi con una severa lettera D, quando invece viene considerato dai nutrizionisti il miglior grasso vegetale da utilizzare in cucina nonché caposaldo della dieta Mediterranea. A questo proposito fonti della Commissione hanno già precisato: «La dose presa in esame dal sistema Nutriscore forse è un altro suo limite oggettivo. È probabile che nella proposta dell’esecutivo Ue si terrà conto di dosi consigliate per ogni specifico prodotto».

Cottura e abbinamenti ignorati

Un fattore poco discusso riguarda invece i condimenti e gli abbinamenti. Le patatine surgelate, ad esempio, vengono premiate da un verde chiaro, perché l'algoritmo le considera un semplice carboidrato, senza valutare il suo “destino” in cucina. Cosa accade quando quel prodotto viene poi eventualmente fritto? E con quale tipo di olio? E con quale metodo di frittura? Altro aspetto controverso riguarda i prodotti trasformati e i cibi pronti. Se è vero che in quel caso l'alimento è spesso “completo”, anche in termini di condimento e cottura, andrebbero considerati gli effetti negativi che la scienza attribuisce, sia in termini di salute che di ambiente, a tutti i cibi frutto di grande lavorazione industriale, come avviene per gli insaccati, le zuppe pronte o anche i burger vegani. L'etichetta in definitiva può aiutare il consumatore ad orientarsi, ma non basta se non è abbinata ad una corretta educazione alimentare e all'opportuna varietà di una dieta equilibrata. Non basata su sacrifici ma su consapevolezze.

Negoziati serrati

La proposta della Commissione è attesa per novembre. Quello però sarà il primo passo di un negoziato tra gli Stati, per terminare il quale servirà raggiungere una maggioranza qualificata. Il voto finale potrebbe avvenire nel corso del semestre di presidenza svedese o in quello successivo guidato dalla Spagna, entrambi i Paesi sono al momento posizionati per un'etichettatura diversa dal Nutriscore. Madrid, in origine favorevole all'etichetta a semaforo, ha dovuto riposizionarsi a seguito delle dure critiche provenienti dai produttori di olio d' oliva e dei prosciutti iberici. Entrambi gli alimenti venivano penalizzati esattamente come da noi. Il settore dell'agrifood italiano dovrà rinunciare quasi sicuramente al suo sistema a batteria, poco funzionale. Difendere a oltranza i produttori di salumi e formaggi può costare caro in termini di credibilità se non si offrono contributi scientifici seri e non si ammette la necessità di spingere di più frutta e verdura, che pure sono un fiore all'occhiello della produzione italiana e dell'export. Più che le battaglie urlate e le pretese campanilistiche, l'Italia potrebbe collaborare più attivamente agli studi dell'Efsa, che ha sede peraltro a Parma, per dare credito alle sue istanze. Da quelle parti la partita è apertissima.

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