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Giovedì, 28 Marzo 2024
Fake & Fact

Cosa c'è dietro gli elogi di von der Leyen all'Italia

Da oltre un anno, la presidente della Commissione non perde occasione per esprimere vicinanza e apprezzamento verso il nostro Paese. Ma tra Roma e Bruxelles non è tutto rose e fiori

Era il 28 marzo del 2020, si era nel pieno dei primi giorni confusi della pandemia, con l'Italia in ginocchio tra contagi, morti e lockdown. L'Europa non aveva ancora capito la portata storica dell'ondata di quella che sarebbe stato ribattezzata Covid-19. E Roma continuava a bussare alla porta di Bruxelles chiedendo un impegno comune da parte dell'Unione europea. Che però faticava a rispondere, e il malumore tra gli italiani verso l'Ue cresceva di giorno in giorno. Quel giorno, rilasciando un'intervista all'agenzia tedesca Dpa, la neo eletta presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, aggiunse legna al fuoco delle tensioni: "I coronabond sono solo uno slogan", disse riferendosi alla richiesta dell'allora governo Conte di una forma di aiuto comune da parte dell'Ue che non gravasse sui bilanci nazionali, o meglio sul nostro già dissestato debito pubblico. La parole di von der Leyen, arrivate dopo quelle della presidente della Bce Christine Lagarde ("Ridurre lo spread non è nostro compito", disse facendo infuriare persino Mattarella) e al blocco all'export di mascherine da Germania e Francia, portarono le tensioni tra Roma e Bruxelles al punto più alto. Ma in qualche modo rappresentarono anche il punto di svolta. Per l'Italia e per la gestione complessiva della crisi. 

Le scuse

Pochi giorni dopo, la presidente della Commissione prese carta e penna, e scrisse una lettera aperta al quotidiano Repubblica chiedendo scusa all'Italia e agli italiani. E da allora, Bruxelles cominciò a lavorare a quello che sarebbe stato il Recovery fund (o il Next Generation Eu che dir si voglia), che per la prima volta nella storia dell'Ue ha introdotto quei bond europei che Roma chiedeva fin dalle prime battute al posto dei controversi prestiti del Mes. Da quel momento, i toni di von der Leyen nei confronti del nostro Paese sono diventati sempre più di supporto, se non di elogio. "Mi ricordo bene l'inizio della pandemia e l'appello dell'Italia all'Europa. Gli italiani chiesero la solidarietà e il coordinamento dell'Europa. L'Italia aveva ragione. l'Europa doveva intervenire. E questo è quello che abbiamo fatto", disse nel maggio scorso nel corso di un intervento a Firenze.

Rose e fiori

Con l'arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi, poi, i rapporti, almeno nei discorsi ufficiali, sono diventati ancora più solidi. Come dimostrato dal recente intervento all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università cattolica del Sacro Cuore: "L’economia italiana sta crescendo più in fretta che in qualunque altro momento dall’inizio di questo secolo", merito della "solidarietà europea" e della "capacità dell’Italia di gestire efficacemente la pandemia", ha detto. Frasi che hanno guadagnato i titoli di apertura dei media nostrani, come era prevedibile. Ma leggendo per intero il discorso di von der Leyen si possono cogliere alcune sfumature, che forse aiutano a comprendere meglio che dietro gli elogi di von der Leyen non tutto è rose e fiori.

Innanzitutto, bisogna guardare a quanto sta accadendo sull'asse Roma-Bruxelles dalla prospettiva di palazzo Berlaymont, la sede della Commissione. Quando l'esecutivo di von der Leyen ha deciso di imprimere una svolta alle discussioni tra gli Stati membri sulle misure economiche da attuare per rispondere alla crisi, ha di fatto sposato la linea di Italia (e poi anche Francia e Spagna) mettendo all'angolo i frugali: l'Olanda, certo, ma anche la Germania. Il piano per la ripresa che ne è venuto fuori, considerata anche la sospensione al Patto di stabilità, contiene grandi concessioni ai Paesi più colpiti dalla pandemia, ma prevede anche una serie di target e impegni di riforma su cui i frugali, tanto nei governi nazionali quanto nella stessa Commissione Ue, hanno già acceso i riflettori.

Il nodo Pnrr

Sul Recovery fund von der Leyen si gioca un pezzo importante, forse il più grande, del successo della sua presidenza, che scadrà nel 2024. E per questo il suo destino è legato a doppio filo al successo del piano, in particolare del Pnrr italiano, che rappresenta quasi un terzo dell'intero esborso. Ecco perché gli elogi della leader Ue al nostro Paese non vanno letti come un assegno in bianco a Draghi. Ma sanno anche di avvertimento. All’Università cattolica del Sacro Cuore, non a caso, von der Leyen cita la "solidarietà europea" prima di tutto, e poi la gestione italiana della pandemia come fattori determinanti dei buoni risultati economici del Paese. Nessun riferimento al Pnrr. E un motivo c'è.

Dietro le quinte dei discorsi ufficiali, infatti, a Bruxelles cominciano a nutrire non poche preoccupazioni sull'andamento della spesa dei fondi del Recovery da parte dell'Italia. Dei 23 traguardi da raggiungere da qui a fine anno, stando al cronoprogramma presentato da Draghi alla stessa von der Leyen, la maggior parte è in uno stato di avanzamento non proprio ideale. La Spagna, invece, che per entità della spesa e per condizioni economiche è il Paese più vicino al nostro in questa partita, ha già fatto i compiti per il 2021, tanto che Bruxelles sta già provvedendo a sborsare una nuova tranche di finanziamenti.

Il Green deal

Ma i motivi di tensione tra Commissione e Italia non finiscono qui. L'altro filone su cui l'operato di von der Leyen è messo alla prova è chiaramente il Green deal: dalla strategia agroalimentare Farm to fork a quella Fit for 55 su energia e industrie inquinanti, l'Italia ha un ruolo centrale. E finora, dal nostro Paese, e dal nostro governo, sono arrivati più ostacoli che tappeti rossi. Prima il rinvio della plastic tax europea e del divieto ai prodotti di plastica monouso (a protezione della nostra industria). Poi, le bordate del ministro della Transizione Roberto Cingolani allo stop alle auto a benzina e diesel proposto da Bruxelles. Infine, le polemiche (tra l'altro preventive) da parte dei principali partiti di maggioranza (Lega e Forza Italia, innanzitutto, ma anche Pd) sulle nuove norme sull'efficienza energetica degli edifici.

È anche alla luce di queste "divergenze" che si può leggere uno dei passaggi centrali dell'intervento di von der Leyen alla Cattolica: “Abbiamo la possibilità, l’obbligo e la responsabilità di intervenire", ha premesso la presidente della Commissione parlando dell'emergenza climatica. "E voi sapete perfettamente che tipo di futuro dobbiamo costruire, se vogliamo invertire la tendenza attuale - ha proseguito - La nostra economia sarà circolare. L’energia che riscalderà e raffredderà le nostre case sarà prodotta da fonti rinnovabili. Le auto che guideremo saranno elettriche o alimentate a idrogeno pulito. Anzi, la maggior parte di noi non avrà nemmeno bisogno della macchina per andare al lavoro, perché tutti avranno accesso a soluzioni alternative più pulite”, ha spiegato. Parole che decontestualizzate possono sembrare poco significative. Ma che a Bruxelles sono state lette come un richiamo. Se non rivolto a Draghi, di sicuro a qualche esponente della sua maggioranza e del suo governo. 

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