È già iniziata la campagna elettorale: così Meloni porta la nuova Italia in Europa
Dalle alleanze al Green deal, passando per migranti e carovita: i sei temi che caratterizzeranno le prossime elezioni europee
Dal 6 al 9 giugno 2024 si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Un tempo snobbate da buona parte dei cittadini del continente (con qualche eccezione, come l'Italia), la loro rilevanza per l'opinione pubblica è cresciuta negli ultimi anni. E le ultime crisi, dalla pandemia di Covid-19 a quella energetica, passando per la guerra in Ucraina e la ricorrente questione migratoria, hanno messo ancora di più l'Ue al centro del dibattito nel continente. Se questo avrà un effetto sull'affluenza alle urne è tutto da vedere. Di sicuro, per i partiti nazionali, il voto europeo rappresenta un appuntamento che ha acquisito una particolare importanza per via delle sue ricadute sulla politica interna: gli equilibri a Strasburgo e a Bruxelles, le due sedi dell'Eurocamera, sono sempre più connessi con quelli nelle capitali. Ed è proprio questo aspetto che ha caratterizzato quella che potremmo definire la pre-campagna elettorale europea.
Nuovi equilibri
I protagonisti di questa fase sono stati senza dubbio Giorgia Meloni, il leader del Partito popolare europeo (Ppe) Manfred Weber, e, più di recente, il premier spagnolo Pedro Sanchez. Dopo la vittoria del centrodestra alle elezioni italiane e la nomina di Meloni a presidente del Consiglio, il tedesco Weber, che guida il principale partito di centrodestra nell'Ue, ha cominciato a rimettere in discussione l'attuale alleanza che governa il Parlamento, la cosiddetta "maggioranza Ursula", dal nome della presidente della Commissione europea von der Leyen eletta proprio sulla base di questa maggioranza: i suoi componenti principali sono il Ppe (centrodestra e primo azionista), i socialdemocratici del S&d (centrosinistra e seconda forza in Aula), e i liberali di Renew (che fanno riferimento al leader francese Emmanuel Macron). Sotto forma di quarta gamba (ma dall'esterno) ci sono i Verdi europei, il cui sostegno è stato mirato al Green deal (di cui parleremo dopo). Fuori da queste forze di governo, ci sono l'Ecr, il partito dei conservatori guidato dal Pis (il partito al potere in Polonia) e da Meloni, e l'Id, la formazione dei sovranisti dove siede la Lega.
Weber, anche per frenare la crisi di consensi del Ppe, ha da tempo lanciato dei ponti verso l'Ecr (in netta crescita nei sondagggi) puntando proprio su Meloni, decisamente più presentabile per i moderati europei del Pis (tanto più perché il Pis è in guerra con la delegazione polacca dei popolari). La sua strategia, mai esplicitata, sembra volta a creare un blocco di centrodestra con i conservatori che possa ridefinire gli equilibri del futuro Parlamento Ue (e della prossima Commissione). La cooperazione tra membri di Ppe e Ecr ha avuto successo alle urne in Italia, ma anche in Svezia e Finlandia. E potrebbe convincere i liberali. Inoltre, un blocco del genere potrebbe contrastare le avanzate dei sovranisti dell'Id in Francia (con Marine Le Pen) e in Germania (con l'Afd), facendo tirare un sospiro di sollievo a Macron e ai partiti storici tedeschi. Resta però il nodo dei progressisti: una maggioranza europea senza il gruppo S&d (di cui fa parte il Pd) è a oggi utopia. Più probabile che i socialdemocratici accettino loro malgrado uno spostamento a destra del blocco di potere. O almeno così sembrava fino alla vigilia delle elezioni anticipate in Spagna.
Il voto iberico avrebbe dovuto cementificare la nuova alleanza tra popolari (il Pp) e i conservatori (rappresentati da Vox). L'abbraccio tra moderati e nazionalisti di destra, da un lato, ha favorito i primi a discapito dei secondi. Dall'altro, non ha raggiunto la maggioranza. Il premier Sanchez, che sembrava ormai prossimo a cedere lo scettro, potrebbe restare adesso in sella. E a livello europeo ha lanciato un messaggio di speranza all'intero centrosinistra: l'avanzata delle destre si può fermare. Weber è avvertito.
Il Green deal
Quella delle alleanze europee non è solo una mera questione di equilibri di potere. Su di esse si gioca, tra le altre cose, il Green deal, la strategia che ha forgiato il mandato della Commissione guidata da von der Leyen (al netto della pandemia di Covid-19 e, in parte, della guerra in Ucraina). La campagna elettorale per le europee è partita proprio da questo macrotema: quale futuro per le politiche ambientali dell'Ue? A parte qualche rimasuglio di negazionismo (soprattutto a destra), tutte le principali forze politiche si guardano bene dal sottostimare gli effetti del cambiamento climatico, che resta una delle principali preoccupazioni degli europei stando ai sondaggi. La divergenza chiave è su come affrontarli. Per centrosinistra e Verdi bisogna proseguire con il programma lanciato da von der Leyen e portato avanti in particolare dal suo vice Frans Timmermans (socialista olandese), ossia il Fit for 55 ("Pronti per il 55"), il pacchetto di riforme per raggiungere appunto la riduzione del 55% delle emissioni di Co2 entro il 2030. Per il centrodestra (e una parte dei liberali) occorre invece pigiare sul tasto "pausa".
Perché l'ambientalismo sarà al centro delle europee
Le riforme del Fit for 55 sono già a buon punto: alcune misure chiave, come lo stop alle auto a benzina e diesel, sono passate, ma adesso devono essere applicate. Altre, come la revisione della direttiva sull'efficienza energetica degli edifici (la cosiddetta legge "case green"), si trovano nella fase finale dei negoziati tra Parlamento europeo e governi Ue. Altre ancora, come le proposte su agricoltura e allevamenti (che rientrano nel sottocapitolo della cosiddetta strategia Farm to fork), sono all'inizio dell'iter legislativo È facile prevedere che su questi provvedimenti si giocherà un pezzo importante di campagna elettorale. Del resto, toccano non solo il macrotema del cambiamento climatico, ma quelle che sono per il momento le principali preoccupazioni delle famiglie e delle imprese europee: l'inflazione e l'aumento dei prezzi energetici e dei beni alimentari.
Il carovita
Sotto il termine generale "carovita" rientrano diversi sottotemi che sono già evidenziati nell'agenda dei comunicatori politici. Come dicevamo, c'è innanzitutto il Green deal, in particolare le misure su auto, case e agricoltura, le quali sono accusate di mettere a rischio imprese e occupazione, e di spingere in alto i prezzi dei beni di largo consumo o che sono centrali per la vita quotidiana delle famiglie.
C'è poi il sottotema dell'aumento dei tassi di interesse da parte della Banca centrale europea. Il rialzo doveva placare l'inflazione, ma anche la governatrice Christine Lagarde ha dovuto ammettere che i prezzi continuano a salire. Di contro, i salari sono cresciuti meno dell'inflazione (con l'Italia che si è distinta in negativo),i profitti delle grandi imprese si sono gonfiati, e le banche hanno attuato progressivamente una stretta sui mutui. Gli alti tassi d'interesse sono poi un problema nel problema per chi ha un elevato debito pubblico, ragione per cui i partiti del governo Meloni hanno già messo nel mirino Lagarde e i suoi.
Se il rialzo dei tassi è legato all'inflazione, questa a sua volta è stata in qualche modo alimentata dalla guerra in Ucraina. Sebbene l'Unione europea abbia mostrato unità nel condannare Mosca e nel sostenere Kiev, una parte dell'elettorato è stanco del conflitto e in diverse parti del continente (in Italia come in Germania) il nesso tra aumento del carovita e guerra sta alimentando sentimenti anti-Ucraina. Un mal di pancia che potrebbe venire sfruttato da alcuni partiti considerati in passato filo-Putin.
L'Ucraina
Anche sull'Ucraina, come sul carovita, si dipanano diversi temi che saranno al centro del dibattito politico. Molto dipenderà da come si svilupperà il conflitto, ma è molto probabile che le discussioni europee verteranno sul futuro dei rapporti tra Kiev e l'Ue, e sui costi (e il business) della ricostruzione. La presidente della Commissione von der Leyen ha chiesto un aumento del bilancio europeo da qui al 2027: 75 miliardi di euro in più, di cui 50 per l'Ucraina. Sebbene si tratti di risorse che finiranno per lo più nelle tasche delle imprese europee che parteciperanno alla ricostruzione, è chiaro che un ammontare del genere alimenterà polemiche, divisioni e distinguo tra i vari partiti europei. Connesso c'è il tema dell'allargamento dell'Ue: l'ingresso dell'Ucraina nel blocco riguarda non solo i rapporti con Kiev, ma quelli con altri Paesi candidati all'accesso, in particolare di quelli che hanno già un piede dentro, come l'Albania, e che sono stati bloccati dalle divisioni interne ai governi europei.
Patto di stabilità e bilancio Ue
I temi trattati finora hanno tutti un filo rosso che li collega: i fondi Ue messi a disposizione per affrontare le diverse sfide. Nel proporre l'aumento del bilancio di Bruxelles, la presidente von der Leyen ha inserito strategicamente anche 15 miliardi per l'immigrazione. Il che è senza dubbio un segnale di vicinanza alle richieste dell'Italia e della premier Meloni di avere più fondi per spingere i Paesi del Nord Africa a bloccare le partenze dei migranti. Il problema è che Meloni è anche presidente dell'Ecr, partito che ha tra i suoi punti programmatici centrali il contenimento del bilancio Ue: "Fare di più e meglio, ma con meno soldi", è il motto dei conservatori. Un motto che piace anche a diversi partiti frugali, da destra a sinistra. I quali si oppongono anche a nuove iniziative, come il fondo di sovranità, richiesto da Roma per far fronte alle spese sul fronte energetico e del RePowerEU, il piano di Bruxelles per accelerare il passaggio dai fossili alle rinnovabili. Parlando di frugali, come non citare il Patto di stabilità: la sua riforma sarebbe dovuta andare in porto entro la fine del 2023, ma la posizioni tra i vari governi Ue sono per il momento inconciliabili. Ecco perché il tema delle nuove regole sui conti pubblici sarà tra quelli caldi della campagna elettorale.
Migranti
Per chiudere, il tema che più di tutti ha forgiato il dibattito europeo negli ultimi anni (messo in stand by solo dalla pandemia di Covid-19 e, per qualche mese, dalla guerra in Ucraina): l'immigrazione. Il nuovo Patto Ue sulle migrazioni che dovrebbe mandare in soffitta il vecchio regolamento di Dublino ha già raggiunto importanti passi in avanti, ma va finalizzato. Rispetto al passato, il governo di Roma e Bruxelles (ma anche buona parte dei governi di centrosinistra e di quelli di centrodestra) sono allineati sulle stesse posizioni, ossia a favore del Patto. Ma Polonia e Ungheria, guidate da forze alleate di Meloni, hanno già alzato le barricate. Dall'altra parte, ci sono le forze progressiste, che difendono l'operato delle ong del mare e che si battono per creare un meccanismo europeo di ricerca e soccorso per evitare nuove stragi di migranti nel Mediterraneo. Gli elementi perché il tema sia al centro anche di questa campagna elettorale ci sono tutti.