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Venerdì, 29 Marzo 2024
Fact check / Russia

Le sanzioni alla Russia stanno funzionando? Cosa dicono i dati di Usa e Ue

Salvini ha messo in dubbio l'efficacia delle misure anti-Cremlino. Ma uno studio di Yale e un'analisi della Commissione europea lo smentiscono

"Sulle sanzioni alla Russia bisogna guardare i numeri: l'avanzo commerciale della Russia è 70 miliardi di dollari, per la prima volta nella storia il sanzionato ci guadagna". Con queste parole, il leader della Lega Matteo Salvini ha riaperto il dibattito sull'efficacia delle misure punitive varate dai Paesi occidentali, in particolare Usa, Ue e Regno Unito, per colpire l'economia russa. I dubbi, a dirla tutta, non sono solo del capo del Carroccio, un tempo tra i più fieri supporter di Vladimir Putin: in questi mesi, anche media internazionali non tacciabili di vicinanza al Cremlino e stimati economisti hanno sollevato perplessità circa il rapporto costi-benefici di tali sanzioni. Tanto da spingere i fact-checker dell'Unione europea e degli Stati Uniti a difendere, dati alla mano, le misure prese. 

L'ultimo studio che confermerebbe le gravi ripercussioni per l'economia russa delle sanzioni occidentali porta la firma della prestigiosa Università di Yale. Ed è stato fatto circolare sui social dall'Ambasciata Usa in Italia poco dopo le dichiarazioni di Salvini: "I fatti contro la fiction proposta dalla disinformazione russa", si legge in un tweet dell'Ambasciata. Vediamo allora punto per punto cosa indica lo studio di Yale.

I nodi al pettine nel lungo termine

"Le sanzioni internazionali stanno avendo un potente effetto sull'economia russa - si legge sul sito del governo Usa, che cita lo studio di Yale - I fornitori di disinformazione del Cremlino spingono la narrativa secondo cui le sanzioni internazionali non hanno alcun effetto significativo sull'economia russa nonostante il fatto che anche il capo della banca centrale russa Elvira Nabiullina abbia ammesso che 'l'attività economica è in declino' e che 'la fine delle relazioni economiche avrà un impatto negativo a lungo termine'”.  

La Russia, scrive sempre Washington, "non ha la capacità di produrre versioni nazionali di prodotti che una volta aveva acquistato a livello internazionale. Per cercare di colmare questo divario, il presidente Putin ha persino tentato di legalizzare il furto di proprietà intellettuale da 'Paesi ostili"", come successo per esempio con il sequestro di aerei occidentali che ha permesso all'aviazione russa di avere ricambi per i suoi mezzi. "Molti dei cittadini russi più talentuosi hanno lasciato il Paese in cerca di una vita migliore - prosegue il governo - I ricercatori stimano che centinaia di migliaia di accademici, lavoratori tecnologici, giornalisti, artisti, imprenditori e altri membri della forza lavoro qualificata abbiano lasciato la Russia dall'ulteriore invasione dell'Ucraina da parte del Cremlino nel febbraio 2022. Anche se la Russia potesse ricostruire la sua economia senza materiali provenienti dai Paesi che l'hanno sanzionata, la Russia ora non ha la forza lavoro necessaria per promuovere una crescita economica solida e dinamica".

Le relazioni commerciali

I problemi per la Russia, secondo il governo Usa, riguardano anche le sue relazioni commerciali alternative a quelle con l'Occidente. "La Russia sta lottando per trovare nuovi fornitori e clienti per i beni che una volta aveva acquistato e venduto a livello globale. Dall'invasione russa dell'Ucraina nel febbraio 2022, le importazioni russe sono diminuite del 50%. Il Cremlino sta lottando per trovare nuove fonti per oggetti importanti che non è in grado di produrre". Cosa che sta evendo rieprcussioni anche sul campo di battaglia poiché "la Russia utilizza microchip prelevati da frigoriferi e lavatrici nelle sue apparecchiature militari".

E la Cina? "La Russia sta propagandando le sue relazioni commerciali con la Repubblica popolare cinese per compensare le carenze di importazioni ed esportazioni. In realtà, è una relazione ineguale poiché la Russia ha bisogno della (Cina, ndr) molto più di quanto la (Cina, ndr) abbia bisogno della Russia". A partire dal 2021, la Cina eè diventata la principale fonte di importazioni della Russia; tuttavia, la Russia si è classificata solo come l'undicesimo maggior importatore di merci della Cina. Dopo la guerra, "le esportazioni della Cona verso la Russia sono diminuite di quasi il 50% dall'inizio dell'anno all'aprile 2022".  

L'oro del gas

C'è poi la questione degli enormi profitti registrati dalla Russia con la vendita di gas e petrolio, un business che è alla base dell'avanzo commerciale record citato da Slavini. Lo studio di Yale ricorda come siano proprio i Paesi Ue a garantire questo business grazie ai loro acquisti, ma i problemi per Mosca arriveranno nel medio termine. Bruxelles ha già varato l'embargo sul petrolio. Se dovesse fare lo stesso con il gas, per Mosca non sarà facile "passare ad altri acquirenti" perché "esportare grandi quantità di gas naturale in Paesi al di fuori dell'Europa non è un'opzione a breve o addirittura a medio termine per la Russia". Oltre il 90 percento del gas russo viene trasportato tramite gasdotti e la stragrande maggioranza dei gasdotti russi si collega ai mercati e alle raffinerie in Europa. "La Russia avrebbe bisogno di costruire nuovi e costosi gasdotti o strutture marittime per aumentare significativamente le esportazioni di gas naturale in Asia", si legge ancora.

Il rublo

Altro elemento su cui vertono le perplessità circa l'effetto delle sanzioni occidentali è il rublo: "Funzionari russi affermano che il rublo è la valuta più forte dell'anno, senza menzionare che il suo valore relativamente alto è dovuto agli estremi controlli sui capitali che la Russia ha emanato". Il governo Usa ricorda che "il Cremlino ha vietato ai cittadini di inviare denaro all'estero, sospeso le vendite di dollari delle banche, richiesto agli esportatori di scambiare l'80% dei loro guadagni in rubli e costretto le imprese a pagare il debito estero in rubli. Queste misure hanno sostenuto il valore del rublo forzando gli acquisti della valuta e vietando le vendite. Queste restrizioni finanziarie draconiane danneggiano sia le imprese che i cittadini russi".  

La qualità della vita

Infine, la qualità della vita dei russi, che secondo il Cremlino è rimasta la stessa nonostante le sanzioni. Gli Usa sottolineano che "oltre 1.000 aziende internazionali in una vasta gamma di settori hanno lasciato la Russia nel 2022, con il risultato che i cittadini russi non hanno più accesso a beni e servizi di cui godevano una volta. Ad esempio, Apple ha lasciato la Russia e i suoi prodotti non saranno più disponibili una volta esaurite le scorte esistenti".  

Vari dati mostrano "come il terribile stato dell'economia russa abbia un impatto negativo sulla vita dei cittadini russi medi". L'inflazione nei settori dipendenti dalle importazioni, come elettrodomestici e servizi ospedalieri, è aumentata del 40-60% . Nel maggio 2022, le vendite di auto nuove sono diminuite dell'84%, indicando che i consumatori in Russia non hanno la fiducia nell'economia per effettuare acquisti importanti. I rapporti indicano che la produzione interna russa in molti settori è stata gravemente interrotta, con effetti reali sui cittadini russi. Ad esempio, "le aziende russe hanno smesso di produrre airbag per auto o sistemi di frenatura antibloccaggio a causa della carenza di componenti necessari, mettendo a rischio i consumatori russi", conclude il governo Usa.

La versione dell'Ue

Il fact-checking statunitense è in linea con quanto emerso poco tempo fa da un'analisi condotta dalla Commissione europea. Per Bruxelles, i 6 pacchetti di sanzioni varati dai suoi 27 Stati membri hanno provocato un danno all'economia russa e ai suoi oligarchi pari a circa 100 miliardi di euro. E determineranno un calo del Pil del 10,4% già nel 2022.

Stando a quanto hanno calcolta gli esperti della Commissione europea, in seguito alle restrizioni commerciali imposte a Mosca, le esportazioni verso l'Ue per il 2022 raggiungeranno un valore di 73 miliardi, meno della metà rispetto al volume del 2021. La "perdita" è di 85 miliardi, e gli esperti Ue ritengono improbabile che altri Paesi come la Cina possano compensare più di tanto tale calo nell'export. 

A questa somma, si aggiungono i beni congelati ai russi, in particolare ai cosiddetti oligarchi, che ammonterebbero a un valore di circa 13,8 miliardi di euro. Anche le riserve della banca centrale russa, che valgono miliardi, non sono più accessibili. Inoltre, bisogna anche "conteggiare" gli effetti sulla popolazione: i sondaggi mostrano che i russi stanno cominciando a patire i problemi con l'aumento dei prezzi e temono una nuova economia di scarsità. 

Finora, tali problemi sono stati affrontati con spirito nazionalistico, ossia come un sacrificio necessario per 'salvare la Patria'. Ma non è detto che il sentimento patriottico possa resistere a lungo senza portare a disagi sociali. Anche perché, si può fare a meno di beni di consumo occidentali, ma solo a patto che si trovino alternative: i problemi della catena di approvvigionamento e la mancanza di accesso a tecnologie straniere avanzate ostacoleranno sempre più "la produzione interna, gli investimenti e la crescita della produttività", scrive l'agenzia stampa tedesca Dpa citando lo studio della Commissione. 

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