rotate-mobile
Sabato, 2 Dicembre 2023
Gli scenari

Giorgia Meloni e Sanna Marin, le due donne che condizioneranno le elezioni europee 2024

Fra poco più di un anno il voto per definire i futuri assetti politici dell'Ue. Ursula von der Leyen cerca il bis, ma potrebbe dover fare i conti con le leader di Italia e Finlandia

Potrebbero essere due donne, anzi tre, a caratterizzare le prossime elezioni europee che fra poco più di un anno disegneranno (o ridisegneranno) gli equilibri politici nell'Ue. Dal voto dipenderà la futura maggioranza al Parlamento di Strasburgo, guidata oggi dal Partito popolare europeo (il Ppe, di centrodestra) con l'appoggio formale di socialdemocratici (S&D) e liberali (Renew), e con quello esterno dei verdi. La presidente in carica della Commissione europea, Ursula von der Leyen dovrebbe cercare di ottenere un secondo mandato, anche se non ha ancora svelato i suoi piani. Ma per farlo, la strada potrebbe passare anche, se non soprattutto, da altre due leader di spicco della politica continentale: Giorgia Meloni e Sanna Marin.

La premier progressista

La premier finlandese, stande alle voci che girano tra Helsinki e Bruxelles, potrebbe diventare una sorta di capolista delle forze di centrosinistra che fanno riferimento al gruppo S&D (e al Pse, il partito socialista europeo). Nota in tutto il continente, e per molti un simbolo della nuova sinistra di governo, Marin potrebbe essere il volto giusto per sollevare le sorti dei socialdemocratici, alle prese da tempo con un netto calo nei sondaggi e; più di recente, con lo scandalo del Qatargate, che ha visto un'altra donna del gruppo, l'ex vicepresidente del Parlamento, la greca Eva Kaili, finire in carcere con l'accusa di far parte di un giro di corruzione orchestrato da Pier Antonio Panzeri, altro ex deputato dei socialdemocratici. 

Secondo i sondaggi nazionali aggregati da Politico, se si andasse a votare domani, i vari partiti del gruppo S&D, di cui fa parte anche il Partito democratico, manterrebbero sì la seconda piazza su scala europea (dietro il Ppe), ma arriverebbero a ottenere 136 seggi, ben 12 in meno rispetto al risultato, non proprio entusiasmante, ottenuto alle ultime elezioni del 2019. Da qui l'idea, al vaglio della dirigenza socialdemocratica, di lanciare in vista dell'appuntamento del 2024 di assegnare alla giovane Marin il ruolo che ebbe l'olandese Frans Timmermans quattro anni fa, ossia candidarla alla presidenza della Commissione Ue. 

La partita di Meloni

La candidatura, al momento, ha più i contorni del marketing politico: nel 2019 nessuno dei candidati dei partiti europei alla presidenza dell'esecutivo di Bruxelles ebbe l'incarico, dato che non vi è alcun automatismo legale tra elezioni del Parlamento e la composizione della Commissione. Quest'ultima viene decisa prima dagli Stati membri, e poi approvata dall'Eurocamera. Inoltre, come già detto, i sondaggi danno al Ppe ancora un certo margine di vantaggio rispetto ai socialdemocratici. Ma lo scoglio maggiore per Marin (e forse anche per il bis di von der Leyen) porta il nome di Giorgia. Meloni. 

La premier italiana sta giocando (e non da ora) una partita quasi storica a livello europeo. Lo sta facendo non solo da inquilina di Palazzo Chigi, ma anche da presidente dell'Ecr, il partito dei conservatori europei fondato dai Tories britannici e oggi guidato dal PiS, il partito di maggioranza in Polonia. L'obiettivo di Meloni è rompere la decennale grande alleanza tra Ppe, centrosinistra e liberali che guida l'Ue, e fare dell'Ecr una forza di maggioranza. Per raggiungere questo scopo, occorre prima di tutto saldare i rapporti con i popolari, di cui fa parte Forza Italia e le cui chiavi in Europa sono saldamente nelle mani dei cristianodemocratici di Germania (Cdu e Csu). Proprio un tedesco, il presidente del Ppe Manfred Weber, avrebbe negli ultimi mesi intensificato i rapporti con Meloni. Ma lo ha fatto nel modo più discreto possibile, dato che nel suo partito in tanti vedono l'Ecr come fumo negli occhi. Altro fattore divisivo per i popolari è la vicinanza di Fratelli d'Italia e PiS polacco a Fidesz, il partito del leader ungherese Viktor Orban, cacciato da poco proprio dal Ppe. 

Convergenze parallele

Nonostante le resistenze interne, però, le trattative vanno avanti. Per i popolari si tratta di puntellare a destra anche la perdita di consensi generale che stanno patendo da tempo in ex grandi bacini di voti come la Francia e l'Italia: secondo i sondaggi, il Ppe avrebbe oggi 163 seggi, contro i 187 del 2019. Il calo nelle preferenze riguarda anche gli attuali alleati di maggioranza al Parlamento Ue: oltre ai già citati socialdemocratici, anche i liberali (di cui fanno parte il presidente francese Emmanuel Macron, Azione di Carlo Calenda e Italia viva di Matteo Renzi) sono in flessione. Lo stesso vale per i verdi, accreditati di 42 seggi contro i 68 del 2019. 

L'Ecr, invece, è in ascesa (74 seggi contro 62). E potrebbe fare da collante con l'altro pezzo della destra europea, quello che va da Orban al gruppo Id (Identità e democrazia), guidato dalla Lega di Matteo Salvini e dai francesi di Marine Le Pen. Stando sempre ai sondaggi raccolti da Politico, una coalizione formata da Ppe, liberali di Renew, Ecr e Id avrebbe i numeri per ottenere la maggioranza del Parlamento europeo (circa 390 seggi a fronte di una soglia minima di 353). Ma a oggi, l'idea di mettere insieme questi gruppi resta fantapolitica. Certo, c'è il "modello italiano" con FdI (Ecr), Lega (Id) e Forza Italia (Ppe) che guidano la terza economia dell'Ue strizzando l'occhio al Terzo polo (Renew) di Calenda e Renzi. Ma è difficile immaginare l'europeista Macron stringere un'alleanza europea con l'euroscettica Le Pen, tanto per citare un esempio.

A oggi, l'ipotesi più probabile, nonostante il calo dei sondaggi, è che le redini dell'Eurocamera restino nelle mani di popolari, socialdemocratici e liberali. Semmai, la questione è che la grande coalizione potrebbe essere decisamente più piccola, e dunque avrà bisogno di supporti esterni. Se il centrosinistra, magari grazie a una campagna elettorale di successo con Sanna Marin in primo piano, riuscirà a recuperare il terreno perduto e a contendere lo scettro ai popolari, l'appoggio potrebbe arrivare da verdi e forse anche da un pezzo della sinistra (in Spagna, per esempio, Podemos è forza di governo). L'altro scenario porta invece a Meloni e all'Ecr. Significativo in tal senso quanto successo durante la recente elezione del vicepresidente del Parlamento Ue: il Ppe avrebbe dovuto votare in modo compatto il candidato dei socialisti, Marc Angel. Ma almeno una trentina di voti dei popolari sono andati alla candidata di Id e Ecr, la leghista italiana Susanna Ceccardi. Non sono bastati per farla eleggere, ma il segnale, in prospettiva maggio 2024, è stato inviato.  

Sullo stesso argomento

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Giorgia Meloni e Sanna Marin, le due donne che condizioneranno le elezioni europee 2024

Today è in caricamento