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Giovedì, 28 Marzo 2024
Difesa

Perché l'Europa non riesce a fornire armi all'Ucraina

Stock ai limiti, scarso coordinamento tra i governi sugli appalti, produzione interna lenta e dipendente dall'estero: esperti e industria bellica Ue lanciano l'allarme

I soldi ci sono, e pure tanti: stando agli impegni presi dallo scoppio della guerra in Ucraina, nel mercato delle armi europeo sono stati messi circa 230 miliardi di euro di fondi pubblici. Eppure l'Ucraina continua a lamentare di non ricevere dai Paesi Ue abbastanza attrezzature ed equipaggiamenti per rispondere alla potenza di fuoco della Russia. C'è qualcosa che non quadra nella catena di trasmissione che dai magazzini degli eserciti del blocco arriva sui campi di battaglia ucraini. Cosa di preciso? La risposta, secondo gli stessi big del settore, è che l'industria bellica europea non è preparata per reggere i ritmi di produzione di armi in tempo di guerra. 

La catena di trasmissione

Il problema, dice in altre parole David Chour, direttore finanziario di Csg, il più grande produttore di armi della Repubblica ceca, è che l'Europa "è abituata a produrre armi complesse in serie molto piccole per un lungo periodo di tempo, il che si adatta alla situazione in tempo di pace", ma adesso "l'ecosistema della sicurezza è cambiato". E bisogna cambiare passo. Gli Stati Uniti hanno reso chiaro che già nel breve termine il loro impegno militare potrebbe essere concentrato in modo massiccio nel Pacifico, e che minacce come quella russa vanno affrontate dai Paesi Ue con le loro forze. 

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Il messaggio di Washington agli alleati europei della Nato è da anni quello di aumentare la quota di investimenti nella Difesa al 2% del Pil (lo diceva Barack Obama, e lo hanno ripetuto Donald Trump e Joe Biden). Ma solo la Polonia e i Paesi più vicini al fronte russo hanno programmato per tempo le loro spese in modo da raggiungere (e in alcuni casi superare) questa soglia. L'Italia, secondo le ultime stime Nato, nel 2022 si fermerà all'1,5% del Pil, decisamente in crescita rispetto al recente passato, ma non abbastanza per rispettare gli impegni presi con l'Alleanza atlantica. Ancora peggio la Germania, che nonostante i 100 miliardi programmati all'indomani del nuovo conflitto in Ucraina, quest'anno arriverà intorno all'1,4%.

A preoccupare, però, non è più tanto la quota di investimenti, quanto la lentezza con cui gli apparati di difesa degli Stati membri stanno procedendo a rinnovare i loro equipaggiamenti. E 'liberare' così stock di armi verso l'Ucraina senza restarne pericolosamente a corto in patria. Il grido d'allarme è stato lanciato dai produttori europei, ed è arrivato fin dentro le stanze del quartier generale della Nato a Bruxelles, dove in questi giorni si sono riuniti i responsabili della Difesa dei Paesi alleati. Il segretario generale Jens Stoltenberg ha dichiarato che l’Alleanza ha avviato un dialogo con il settore bellico e gli alleati su come incrementare la produzione e ricostituire le scorte di armi.

Mancanza di coordinamento

Secondo gli esperti, uno dei principali limiti è la mancanza di coordinamento quando si tratta di procedere con gli appalti. Un caso eclatante è stata la recente decisione della Polonia di acquistare carri armati dalla Corea del Sud per sostituire quelli spediti in Ucraina: Varsavia ha investito oltre 14 miliardi e ha detto che la scelta di rivolgersi a Seul è stata dettata in parte dalla lentezza di risposta da parte della Germania sull'invio dei tank tedeschi in terra polacca. Nicolas Chamussy, direttore esecutivo della franco-tedesca Nexter ha invitato i leader Ue a evitare di dividersi seguendo ciascuno i propri interessi nazionali: "Questa sfida (la guerra in Ucraina, ndr) deve essere affrontata a livello europeo”, ha detto a Euractiv.

Per superare lo stallo, che va avanti da tempo, l'Ue ha promosso azioni come la Pesco, che mira a integrare i produttori europei intorno a progetti congiunti. Un esempio è il consorzio Mbda, composto da Airbus, BAE Systems e dall'italiana Leonardo, e che sta lavorando alla costruzione di un sistema antimissili paneuropeo. L'importanza di questo tipo di scudo è diventata sempre più evidente, e l'ultima pioggia di missili sull'Ucraina, unita ai rapporti dell'intelligence che temono possibili 'sconfinamenti' dei cruise di Mosca in territorio Ue, hanno reso urgente il completamento del progetto. “La conseguenza immediata per noi (dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia) è che ci viene chiesto di fare di più, di lavorare più velocemente, di consegnare a un ritmo più elevato e ci viene chiesto di fare tutto questo ora”, ha detto Eric Bérenger, capo di Mbda. La Germania, dal canto suo, ha deciso di affidarsi a Israele per ricevere uno scudo del genere 'chiavi in mano' e in tempi rapidi.  

La dipendenza dall'estero (e dalla Cina)

Al netto della gestione degli appalti congiunti, c'è comunque un limite di fondo della stessa industria europea: la dipendenza dall'estero per l'approvviggionamento di componenti essenziali per produrre sistemi d'arma complessi. L'esempio più evidente è quello della Cina: l'Ifo Institute, un think tank economico con sede a Monaco, ha sottolineato come "quasi la metà della produzione tedesca si basi su input chiave dalla Cina", scrive Politico. L'Europa rappresenta solo il 10% del mercato globale dei microchip: Bruxelles ha imposto un'accelerata sull'aumento della capacità di produzione interna all'Ue di questi componenti. Ma i leader del settore hanno avvertito che i fondi stanziati finora sono tristemente inadeguati. 

      

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