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Giovedì, 25 Aprile 2024
Abitazioni a impatto zero

Come l'Europa vuole farci ristrutturare casa (ma senza fretta)

Un anno fa l'allarme sulla stretta di Bruxelles sulle abitazioni con più alti consumi energetici. Ma la proposta è stata già annacquata (con lo zampino dell'Italia)

Si chiama "Direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia" e già prima della sua presentazione ha scatenato polemiche, soprattutto ai nostri lidi. Si tratta del pacchetto di norme (per la precisione, una revisione di quelle già in vigore da tempo) con cui l'Unione europea vuole stimolare la ristrutturazione degli edifici esistenti e la creazione di nuovi per ridurre i consumi energetici (e le bollette) del parco immobiliare dei 27 Stati membri. Abbattendo le emissioni di Co2. Il testo è stato presentato dalla Commissione europea il 15 dicembre del 2021 e ha iniziato il suo lungo iter. In questo percorso, che è ancora lontano dal concludersi, la proposta iniziale dell'esecutivo Ue, che comportava target specifici sul miglioramento delle classi enegertiche non solo per gli edifici pubblici, ma anche per quelli privati, è stata già ampiamente annacquata dai governi, guidati da Italia e Polonia. Ecco qual è lo stato dell'arte e chi potrebbe per primo dover mettere mano al portafogli per ristrutturare il proprio immobile. 

Cosa succede alle case 

A fine 2021, sui media italiani alcune indiscrezioni avevano allarmato i proprietari di case private: l'Europa stava preparando una legge per vietare la vendita o la messa in affitto delle abitazioni con la classe energetica G, la più bassa nell'attuale scala di prestazioni, a partire dal 2030. Considerato che un edificio su tre nel nostro Paese ha questo tipo di certificato, ciò avrebbe significato una maxi corsa alle ristrutturazioni. Peccato che questo divieto, forse avanzato da qualche funzionario o esperto, non è mai stato formalizzato da nessuna proposta legislativa. Semmai, la Commissione ha fissato una serie di target minimi da raggiungere nei singoli Stati membri. Tra questi, l'obiettivo di rinnovare almeno il 15% del patrimonio edilizio che presenta una classe G portandolo almeno al grado F: tale target, sempre secondo la proposta originaria, andrà raggiunto entro il primo gennaio 2027 per gli edifici non residenziali ed entro il primo gennaio del 2030 per gli edifici residenziali. Come raggiungere questi obiettivi? Bruxelles non ha indicato sanzioni, ma ha lasciato ai Paesi il compito di trovare la modalità migliorare per stimolare le ristrutturazioni (magari con agevolazioni come il superbonus italiano).

Questa la proposta originaria, che adesso è nelle mani di Parlamento e Consiglio, ossia l'organo che riunisce gli Stati membri. L'iter, come dicevamo, è lungo e irto di ostacoli, e da qui a quando la direttiva finale sarà in vigore il testo potrebbe essere stravolto. Proprio il Consiglio ha già annacquato abbondantemente le parti più apprezzate dagli ecologisti (e dai costruttori): a ottobre, sotto la spinta di gruppo di Paesi ribattezzata "coalizione della flessibilità" e guidato da Italia e Polonia, il Consiglio ha presentato la sua posizione, eliminando il target per gli edifici residenziali: niente più obbligo di rinnovare almeno il 15% delle case con classe G entro il 2030, dunque.

L'intervento dei "flessibili"

Al suo posto, gli Stati hanno concordato che ognuno di loro fisserà una "traiettoria nazionale in linea con la progressiva ristrutturazione del loro parco immobiliare per renderlo a emissioni zero entro il 2050", ossia fra oltre un quarto di secolo. Per non sembrare eccessivamente poco ambiziosi, i governi hanno messo nero su bianco l'impegno a fare in modo che entro il 2033 la media dei consumi di energia primaria dei singoli parchi immobiliari nazionali equivalga alla classe energetica D. Non si guarderà alle percentuali di case rinnovate, dunque, ma al consumo complessivo delle abitazioni. Ma non finisce qui: gli Stati potranno togliere dal computo del consumo complessivo una serie di case: quelle monofamiliari (le villette, per intenderci) e quelle usate meno di quattro mesi l'anno (la casa per le vacanze al mare o in montagna, per esempio).

È chiaro che rispetto il testo emendato dal Consiglio è molto meno ambizioso da un punto di vista ecologico di quello originario. Certo, la strada è ancora lunga: bisognerà attendere i negoziati tra Stati membri, Parlamento e la stessa Commissione per vedere come l'Ue deciderà, in definitiva, di stimolare il miglioramenteo delle prestazioni energetiche delle case private. Ma visto il "peso" che hanno i governi nelle scelte finali dell'Ue, l'indicazione è che la direttiva dovrebbe essere lontana dal prevedere una corsa massiccia alle ristrutturazioni, in barba all'allarme lanciato poco più di un anno fa sui media nostrani (e da alcuni ripreso anche di recente). 

Gli altri punti 

Al netto dei punti riguardanti le case private, la proposta iniziale di riforma ha mantenuto finora degli elementi che sembrano trovare d'accordo tutti. Il primo riguarda gli edifici di nuova costruzione: dal 2028 tutti i nuovi edifici di proprietà di enti pubblici dovranno essere a emissioni zero, un obbligo che scatterà nel 2030 anche per gli edifici privati. Per gli edifici non residenziali, secondo quanto prevede il Consiglio, ogni Paese dovrà fare una prima selezione del 15% di quelli con le prestazioni peggiori per portarli alla classe energetica superiore entro il 2030. Lo stesso procedimento andrà poi applicato a una seconda soglia del 25% da rendere più efficiente entro il 2034. Da questo computo potrebbero venire esclusi gli edifici di culto, edifici storici e alcune tipologie di fabbricati. Una proposta più o meno in linea con quella originaria della Commissione, e che quindi potrebbe essere mantenuta.

Altro aspetto su cui sembra esserci intesa è lo stop agli incentivi per l'acquisto di nuove caldaie a gas a partire dal 2027, proposta in linea con un'altra normativa europea, quella che introduce a partire dal 2029 una tassa ambientale a carico delle imprese che forniscono gas alle case. Per quanto riguarda i pannelli solari, sempre secondo il testo concordato dai governi, entro la fine del 2026 dovranno essere presenti su tutti i nuovi edifici pubblici e non residenziali con una superficie coperta utile superiore a 250 metri quadrati. Entro fine 2027, lo stesso obbligo scatterà per tutti gli edifici pubblici e non residenziali esistenti sottoposti a ristrutturazioni importanti o profonde con una superficie coperta utile superiore a 400 metri quadrati. Dal 2030, l'obbligo riguarderà anche tutti i nuovi edifici residenziali

Gli Stati membri hanno infine concordato prescrizioni finalizzate a mettere a disposizione infrastrutture per la mobilità sostenibile, tra cui punti di ricarica per automobili e biciclette elettriche all'interno o in prossimità degli edifici, cablaggio per infrastrutture future e parcheggi per biciclette.

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