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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Dalle banche in difficoltà all'intervento sui debiti pubblici: cosa prevede la riforma del Mes

I ministri dell'Eurogruppo, tra cui anche l'italiano Gualtieri, hanno dato l'ok al testo, bloccato un anno fa proprio dal nostro governo. Tra i punti più controversi, il nuovo meccanismo di sostegno ai Paesi in difficoltà

I ministri delle Finanze dell’eurozona hanno dato il via libera alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) e all’introduzione della rete di salvataggio, in inglese backstop, al Fondo unico di risoluzione delle crisi bancarie. Il veto italiano - posto circa un anno fa, quando a Roma si scatenò una forte polemica sulla riforma - si è trasformato col tempo in un ok provvisorio alla modifica del Trattato, anche per evitare ripercussioni negative nel rapporto tra Governo italiano e istituzioni Ue prima ancora che venga presentato il Recovery plan del Belpaese, che mira a ottenere la fetta più grossa di fondi Ue per la ripresa. Ma alcuni esponenti della maggioranza, assieme alle tante voci critiche dell’opposizione, promettono battaglia nei prossimi mesi, quando la riforma andrà ratificata dal Parlamento. 

Lo stallo

 “L'approvazione si è bloccata in mezzo alle lotte intestine in Italia, dove il Mes è diventato politicamente tossico, e all’insistenza da parte dei Paesi ‘falchi’ affinché le banche riducano sufficientemente i rischi sui loro bilanci”, sintetizza l’agenzia americana Bloomberg. Un accordo, secondo la testata statunitense “sarebbe un segnale importante che l'area valutaria può costruire reti di sicurezza per affrontare le crisi future”. Ma andiamo con ordine.

Il testo invariato

Il 4 dicembre 2019 l'Eurogruppo ha concordato in linea di principio gli elementi chiave sulla riforma del Mes. Da allora, ha chiarito un alto funzionario Ue negli ultimi giorni, il testo del Trattato modificato è rimasto invariato. Le modifiche proposte includono l'ulteriore sviluppo degli strumenti del Mes e il rafforzamento del suo ruolo assieme alla creazione di un sostegno comune per il Fondo di risoluzione unico sulle crisi bancarie.

Il salvataggio delle banche

Il Trattato Mes è stato modificato al fine di fornire una base giuridica ai nuovi compiti assegnati al Meccanismo intergovernativo con sede in Lussemburgo, da molti osservatori definito come il ‘fondo monetario internazionale europeo’. Assieme alla riforma verrà attivata, probabilmente a gennaio 2022, la rete di salvataggio al Fondo di risoluzione unico. Si tratta di una sorta di ‘cassa comune’ istituita dall’Ue per la risoluzione delle crisi degli istituti bancari in dissesto nell’eurozona. È finanziato dai contributi del settore bancario, non dal denaro dei contribuenti. Ma nel caso in cui il Fondo di risoluzione unico fosse esaurito, il Mes potrebbe fungere da sostegno e prestare i fondi necessari per finanziare la risoluzione delle banche europee.

La parte più controversa

La riforma prevede anche il meccanismo di sostegno a interi Paesi Ue in difficoltà, come già accaduto con la crisi del debito greco. “Questa riforma introduce novità relative alle fasi da seguire per il ‘salvataggio’”, ha spiegato Antonio Villafranca dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi). “Bisogna anzitutto procedere con la ristrutturazione del debito del Paese interessato tagliando il valore dei titoli del debito pubblico (cosiddetto ‘haircut’)”. Per capire come funzione tale procedura, vero nodo da sciogliere per i più critici del meccanismo, bisogna fare un passo indietro. “Chi ha acquistato il titolo di un Paese con conti pubblici traballanti - ricorda Villafranca -  lo ha fatto perché attratto dalla prospettiva di un maggior guadagno in termini di interessi rispetto a quanto offerto da Paesi con conti pubblici solidi” e quindi “con una prospettiva di lucro, ma assumendosene anche i rischi”.

La ristrutturazione dei debiti

Appare dunque una conseguenza logica che l’investitore “paghi le conseguenze di questo rischio con una decurtazione nel valore dei titoli che possiede”, in caso di difficoltà del Paese a ripagare il debito. “Il Mes interverrà, se necessario, solo dopo questa decurtazione”, spiega l’esperto dell'Ispi. “I Paesi del Nord spingevano perché la decurtazione (ristrutturazione del debito) avvenisse il prima possibile, per limitare al massimo l’attivazione del Mes (e quindi il rischio di mettere mano al loro portafogli)” ha ricordato Villafranca con riferimento alle lunghe trattative. Nell’ultimo testo del Trattato sul Mes “si prevede che prima dell’avvio della ristrutturazione del debito si proceda a una analisi della sostenibilità del debito, legata quindi alla futura capacità del Paese di ripagarlo. Una analisi che verrà fatta sia dalla Commissione che dal Mes”. Di qui le perplessità di chi teme una perdita di sovranità per l’Italia che, a seguito di un’eventuale analisi negativa, sarebbe costretta a ristrutturare il proprio debito.

La (s)fiducia nell'Ue e nel Mes

“La valutazione della sostenibilità del debito e della capacità di rimborso per lo Stato membro che richiede assistenza finanziaria, sarà effettuata su base trasparente e prevedibile”, rassicurano i rappresentanti del Mes in un vademecum sulla riforma. E ancora una volta si pone il problema della fiducia da parte della politica nazionale, e dunque dell’opinione pubblica, nei confronti di istituzioni europee e intergovernative, il cui funzionamento risulta opaco, se non incomprensibile, anche a chi cerca di informarsi con la mente libera da pregiudizi. 

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