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Sabato, 20 Aprile 2024
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Perché Air France può essere ricapitalizzata e Alitalia no, secondo l'Ue

In molti parlano di disparità di trattamento da parte di Bruxelles tra la nostra compagnia di bandiera e quella francese (o la tedesca Lufthansa). Ma le regole sono chiare. E trovano d'accordo lo stesso premier Mario Draghi

In questi giorni, sull'asse Roma-Bruxelles, è tornato in auge il caso Alitalia. E con esso la vecchia polemica sulla presunta disparità di trattamento che la Commissione europea avrebbe riservato alle compagnie di bandiera di Francia e Germania, AirFrance e Lufhtansa, che hanno ricevuto il disco verde dell'Antitrust Ue per ricapitalizzarsi, rispettivamente con 4 e 6 miliardi di euro di aiuti di Stato. Ad Alitalia, invece, questa opportunità non verrà concessa. E il motivo può essere riassunto in una definizione molto in voga tra gli esperti di economia di tutto il mondo, compreso il premier Mario Draghi: Alitalia è un'impresa zombie.

Alitalia "zombie"

Cosa vuol dire "impresa zombie"? Un'azienda è tale quando, in condizioni economiche normali, sarebbe destinata a fallire, ma invece viene mantenuta in vita grazie a generosi aiuti pubblici. Ora, la pandemia di Covid-19 e la crisi che ne è derivata hanno reso "anormali" le condizioni economiche in Europa. E per questo, la Commissione Ue ha allentato i paletti sugli aiuti di Stato. Ma non tutti. Ed è proprio uno di questi paletti a compromettere le sorti di Alitalia: in base al quadro di norme temporaneo, un'impresa non può essere ricapitalizzata con fondi pubblici se la sua situazione finanziaria era già in perdita prima della pandemia.

"Nessuna discriminazione"

A ricordarlo è stata la portavoce dell'Antritrust Ue, l'italiana Arianna Podestà: "Siamo in contatto con le autorità italiane sulla questione di Alitalia - ha detto Podestà, rispondendo a una domanda dei giornalisti - In generale, rispetto al paragone tra Alitalia e Air France, lo scopo principale del quadro temporaneo sugli aiuti è fornire sostegno a società che sarebbero sostenibili" se non ci fosse la pandemia, cioè compagnie che sono "entrate in crisi a causa della pandemia di Covid-19". Pertanto, prosegue, "le compagnie che erano già in difficoltà il 31 dicembre 2019, non sono eligibili per gli aiuti, a norma del quadro temporaneo, comprese le misure di ricapitalizzazione".

In crisi prima della pandemia

"Alitalia - ha continuato la portavoce - ha prodotto perdite in modo persistente ed era una società in difficoltà già alla fine del 2019, quindi prima della pandemia di Covid-19 (l'ultimo bilancio in utile risale al 2002, fa notare l'AdnKronos, ndr). È pertanto esclusa dalla possibilità di ricevere aiuti in base al quadro temporaneo" per la sua ricapitalizzazione. Cosa che è invece stata concessa di recente ad Air France, che, spiega sempre la portavoce, "non era in difficoltà alla fine del 2019 e per questo ha potuto essere ricapitalizzata, in linea con le condizioni del quadro temporaneo".

Le compensazioni

Nonostante questo, Alitalia ha ricevuto durante la pandemia 297,15 milioni di euro di aiuti di Stato, ha ricordato la Commissione, sotto forma di compensazioni per le perdite legate direttamente alla crisi Covid. Sussidi che, a differenza della ricapitalizzazione, sono concessi dal quadro temporaneo di aiuti di Stato varato da Bruxelles. Grazie a questo quadro, l'Italia ha potuto elargire sussidi pubblici alle aziende tricolore per circa 450 miliardi. Una somma maggiore di quella messa sul piatto dalla Francia (ma decisamente inferiore agli oltre 1.500 miliardi staziati da Berlino).

I fondi per la ripresa

Adesso, però, le carte in tavola potrebbero cambiare, e non solo per Alitalia. Come EuropaToday ha spiegato in un articolo dello scorso febbraio, i ministri delle Finanze dell'Ue e la Commissione stanno discutendo su come gestire al meglio i fondi per la ripresa. E tra le proposte in campo, c'è quella di varare una stretta sulle aziende zombie: alle imprese considerate economicamente sostenibili (e dunque solvibili, anche se a causa della pandemia si sono indebitate) si potrà continuare a fornire sostegno pubblico, mentre per le imprese "non sostenibili" bisognerà pensare a un'uscita dal mercato in modo ordinato.

La posizione di Draghi

Il problema è che le aziende insostenibili rischiano di creare un cataclisma occupazionale. Secondo la Camera arbitrale di Milano, le insolvenze nel 2020 sono calate del 46% rispetto all'anno precedente. Per Natixis, una banca francese, questo dato nasconde uno scenario catastrofico: almeno un decimo delle imprese italiane sarebbe entrato nella pandemia già da "zombie". E non andrebbe meglio in Germania, Francia e Spagna, dove la quota di imprese già in crisi prima della pandemia sarebbe più alta. Qual è di preciso la posizione del governo italiano in merito a una eventuale stretta negli aiuti statali non è ancora chiarissimo. Sappiamo però cosa ne pensa Draghi: ce lo ha detto proprio lui firmando lo scorso dicembre (dunque prima di diventare premier) un report del Gruppo dei 30 (il think tank di cui è leader). Un report in cui si invitava proprio a tagliare gli alimenti alle aziende "zombie" per favorire una ripresa più solida dell'economia.

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