La Francia vuole dare al fisco il potere di frugare nei social media dei cittadini
Gli organi di controllo lanciano l'allarme: "Si rischia di minare i diritti e le libertà delle persone interessate"
Dovranno stare attenti anche a cosa postano sui social media i cittadini francesi che non sono in regola con il fisco. Il parlamento di Parigi sta discutendo un progetto di legge che intende autorizzare il sistema informatico dell'ufficio delle imposte a raccoglierebbe informazioni sugli stili di vita dei cittadini del Paese dagli account dei social network come Facebook, Instagram e Twitter, monitorando anche i loro acquisti su siti come eBay.
Controllare gli stili di vita
In questo modo lo Stato potrebbe controllare se c'è coerenza tra quanto una persona dichiara di guadagnare e lo stile di vita che effettivamente sostiene. “Se ti sei scattato delle foto con un'auto di lusso che non ti puoi permettere, forse è perché tuo cugino o la tua ragazza te l'hanno prestata, ma forse no”, aveva spiegato lo scorso novembre il ministro dei Conti pubblici, Gérald Darmanin, nel presentare l'iniziativa.
A rischio le libertà
Il provvedimento, che dovrebbe avere una durata di tre anni, non è piaciuto però alla Commissione nazionale per l'informatica e le libertà (Cnil), un organo di controllo del Paese, che con un parere scritto ha messo in guardia il governo affermando che seppur "la lotta contro la frode fiscale è un obiettivo costituzionale", l'esecutivo deve essere "molto cauto" riguardo a questa scelta che potrebbe "minare i diritti e le libertà delle persone interessate". La raccolta massiccia di dati sui social network "riflette un significativo cambiamento” nelle prerogative dell'amministrazione fiscale e persino "una forma di inversione dei suoi metodi di lavoro" in quanto si passerebbe da " una logica di elaborazione mirata dei dati" in caso di "sospetti" a una “raccolta generale di dati relativi a tutte le persone che rendono accessibili i contenuti”.
Proporzionalità
In questo senso il Cnil chiede di assicurare "garanzie fondamentali" per i cittadini, e di rispettare il principio di "stretta proporzionalità" che deve esistere tra i dati raccolti e l'obiettivo perseguito. Infine la commissione si è detta preoccupata che questa pratica possa “cambiare in modo significativo il comportamento degli utenti di Internet che potrebbero non essere più in grado di esprimersi liberamente” sulle reti sociali.