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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Viaggi a Pasqua? Sarebbero stati possibili in buona parte d'Italia e d'Europa se avessimo seguito l'Ue

A fine gennaio, la Commissione propose una serie di linee guida e una mappa comune che, se adottate, oggi avrebbero favorito gli spostamenti su metà del Belpaese. E il turismo dall'estero. Ma le proteste delle regioni del Nord-Est bloccarono la proposta. Con tanto di beffa per il Veneto

La beffa delle beffe l'ha patita senza dubbio il governatore Luca Zaia, tra i primi ad alzare le barricate contro le zone rosso scuro dell'Ue: se non si fosse opposto, la Pasqua per il settore turistico del Veneto sarebbe stata tutt'altra cosa, con Venezia e le altre mete che avrebbero potuto accogliere visitatori da Germania, Francia e Spagna, oltre che da buona parte dell'Italia. Ma purtroppo, e ancora una volta anche sotto la spinta delle politica italiana, i governi (centrali e regionali) dell'Unione europea hanno voltato le spalle alle proposte della Commissione per avere un minimo di coordinamento negli spostamenti tra i Paesi, anche per i turisti. Era già successo la scorsa estate. Poi, alla vigilia di questo inverno. E infine si è ripetuto per questo primo scorcio di Primavera, Pasqua compresa. 

La proposta Ue

Bruxelles, infatti, aveva (ri)proposto a fine gennaio una raccomandazione il cui fulcro era una mappa unica delle regioni europee divise per colori in base ai diversi livelli di rischio Covid-19. Questa mappa, almeno nelle intenzioni della Commissione, sarebbe dovuta essere una sorta di guida comune per tutti gli Stati membri dell'Ue (ma anche di Norvegia, Islanda e Liechtenstein): i Paesi avrebbero dovuto evitare chiusure unilaterali dei confini nazionali, e consentire gli spostamenti (anche turistici) tra le regioni meno a rischio. I limiti più rigidi, invece, sarebbero dovuti scattare per i viaggi non essenziali dalle regioni con le situazioni epidemiologiche più critiche verso il resto dell'Ue: solo per questa tipologia di spostamenti, i governi avrebbero dovuto attuare l'obbligo di quarantena.  

Era, in soldoni, la proposta già varata a ottobre. Solo che in base ai criteri adottati nella prima raccomandazione, i governi si accorsero che buona parte delle loro regioni sarebbe stata segnalata come area di massimo rischio. E pertanto non se ne fece nulla. A farne le spese, come è noto, furono soprattuto le pisce sciistiche. Proprio sulla scorta delle proteste del turismo invernale, la Commissione decise allora di rivedere la sua proposta, elaborando una mappa meno "punitiva": se nella proposta originaria c'erano tre colori in base ad altrettanti livelli di rischio (verde, arancione e rosso), nella nuova raccomandazione veniva introdotto un nuovo colore-livello, il rosso scuro, da assegnare alle regioni con la situazione epidemiologica peggiore (quelle, ossia, da colpire con le restrizioni maggiori per i viaggi non essenziali). A curare la mappa, gli esperti dell'Ecdc, l'agenzia Ue per il controllo delle malattie, il cui board è composto da esperti nominati dai 27 Paesi membri. Sembrava tutto molto logico ed equo, ma la proposta di Bruxelles è rimasta ancora una volta lettera morta. Perché?

La mappa a colori

Vediamo innanzitutto come è redatta la mappa (che come dicevamo sarebbe dovuta valere anche per i Paesi non Ue ma aderenti allo Spazio economico europeo). La cartina è su base regionale e si basa su una serie di criteri: 

Ogni regione è contrassegnata con un colore:

  • verde se il tasso dei casi registrati (su 100mila persone) negli ultimi 14 giorni è inferiore a 25 e il tasso di positività dei test è inferiore al 4%
  • arancione se il tasso dei casi registrati negli ultimi 14 giorni è inferiore a 50, ma il tasso di positività dei test è pari o superiore al 4%, oppure se il tasso dei casi registrati negli ultimi 14 giorni è compreso tra 25 e 150 e il tasso di positività dei test è inferiore al 4%
  • rosso se il tasso dei casi registrati negli ultimi 14 giorni è tra i 50 e i 150 (sempre ogni 100mila persone) e il tasso di positività dei test è pari o superiore al 4%, oppure se il tasso dei casi registrati negli ultimi 14 giorni è superiore a 150 ma inferiore a 500.
  • rosso scuro se il tasso dei casi registrati negli ultimi 14 giorni è pari o superiore a 500 (ogni 100mila abitanti)
  • grigio se non sono disponibili informazioni sufficienti o se il tasso di test effettuati è inferiore a 300 ogni 100mila abitanti

In base alle nuove raccomandazioni di Bruxelles, il limite agli spostamenti non essenziali (da attuare non con il divieto assoluto di viaggio, ma con l'obbligo di sottoporsi alla quarantena dopo il ritorno da una zona a massimo rischio) sarebbe dovuto scattare per le regioni di colore rosso scuro (e non, come nella precedente proposta, per quelle di colore rosso). 

Le proteste italiane

In base a questi criteri, la prima mappa dell'Ecdc assegnò il colore rosso scuro a diverse regioni europee, tra cui Veneto, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e la Provincia di Bolzano. Le quali, come da attese, protestarono vivamente. Secondo il governatore Zaia il problema era che "non si possono mettere a confronto regioni che fanno tanti tamponi, e altre che non ne fanno". La stessa linea seguita dal governatore del Friuli, il leghista Massimiliano Fedriga, e dal presidente della Provincia di Bolzano, Arno Kompatscher. In realtà, queste accuse si basavano su informazioni non corrette, dato che il tasso dei test effettuati è tra i parametri considerati dall'Ecdc per redigere la mappa. Non da ora, ma da ottobre scorso. E dato anche che se una regione fa pochi test, viene contrassegnata con il colore grigio, e quindi non può accedere ai "privilegi" delle zone considerati non ad alto rischio. 

Altra accusa mossa riguardava il criterio chiave per assegnare il colore rosso scuro, ossia i 500 nuovi casi ogni 100mila abitanti registrato negli ultimi 14 giorni. Un livello più alto rispetto a quello di ottobre (dove bastavano 150 casi per far scattare la massima allerta) ma considerato da alcuni ancora troppo punitivo. Eppure, i Paesi europei che hanno superato questo limite hanno di solito adottato un lockdown rigido. In Italia, l'incidenza attuale è di poco meno di 250 casi ogni 100mila abitanti ed è in lieve calo stando alle ultime rilevazioni. "L’incidenza, comunque, resta elevata - scrive il ministero della Salute - e ancora lontana da livelli (50 per 100.000) che permetterebbero il completo ripristino sull’intero territorio nazionale dell’identificazione dei casi e tracciamento dei loro contatti".

I viaggi non essenziali

In altre parole, l'Ue proponeva un atteggiamento meno rigido sugli spostamenti rispetto a quello che stanno adottando l'Italia e altri Stati. Ma non solo: come dicevamo all'inizio, per il Veneto la polemica lanciata tra gennaio e febbraio sa adesso di beffa. L'Ecdc, nonostante il fallimentod della proposta della Commissione, ha continuato a elaborare la mappa. L'ultima versione avrebbe consentito una certa libertà di movimento per decine di milioni di cittadini europei, italiani compresi. 

Il Veneto, per esempio, è contrassegnato con il colore rosso, al pari di altre regioni come Lazio, Toscana, Sicilia, Liguria, Umbria, Molise, Abruzzo e Calabria. La Sardegna è in arancione. Per tutte queste regioni, il piano Ue avrebbe consentito non solo gli spostamenti tra i loro territori, ma anche da e verso buona parte dell'Europa, consentendo di intercettare per Pasqua flussi turistici da Germania, quasi tutta la Francia e Spagna, tanto per citarne alcuni. Il tutto grazie al mancato obbligo di sottoporsi alla quarantena (ma non al test) una volta tornati a casa. Peccato, però, che ormai sia troppo tardi.

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