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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Ue verso l’accordo con Londra: i dossier più scottanti dalla pesca al mercato unico

Il 23 giugno prossimo sarà il quinto anniversario di quel voto storico che decretò la fine dell’appartenenza del Regno Unito al progetto europeo. In pochi avrebbero pronosticato negoziati così incerti fino all'ultimo

I rumor che si rincorrono da questo pomeriggio sulla conclusione imminente di un accordo commerciale tra il Regno Unito e l’Unione europea arrivano da Londra, dove il Governo di Boris Johnson - già alle prese con un avvio di terza ondata pandemica nel periodo natalizio - vorrebbe chiudere al più presto la trattativa per scongiurare il caos commerciale e non solo. Dall’Ue arrivano invece messaggi di prudenza. Più diplomatici fanno notare che, per il momento, non è in programma nessuna riunione tra gli ambasciatori dei 27 Stati membri, i primi legittimati a dire sì o no all’eventuale accordo concluso da Michel Barnier, capo-negoziatore Ue per la trattativa che va avanti dal 2016. Il 23 giugno prossimo sarà il quinto anniversario di quel voto storico che decretò la fine dell’appartenenza del Regno Unito al progetto europeo. In pochi avrebbero pronosticato che dopo un lustro di negoziati l’incertezza sul futuro delle relazioni tra le due sponde della Manica sarebbe stata ancora tanta.

La battaglia negoziale sulla pesca

Il principale ostacolo all’accordo negli ultimi giorni di trattativa riguardava le attività di pesca. Chi sottostimava il dossier sullo sfruttamento ittico delle immense e preziose acque territoriali britanniche - magari guardando al tutto sommato modesto valore delle esportazioni di pesce, molluschi e crostacei dal Regno Unito agli altri Stati Ue - si è dovuto ricredere. Come fa notare la Bbc, oggi oltre il 60% delle tonnellate di pesce catturato nelle acque britanniche va a finire in pescherecci stranieri. Di qui la pretesa britannica di riappropriarsi della vasta zona economica esclusiva, chiedendo una quota di guadagno anche sui pesci catturati in acque del Regno Unito da pescherecci stranieri. A una prima richiesta del premier Johnson di restituire l’80% del valore del pesce britannico finito nelle reti dei Paesi Ue, Bruxelles ha risposto picche. Più avanti si è scesi fino a una proposta britannica del 30%, ma che andava a escludere i pesci pelagici, oggetto di trattativa ad hoc. L’Ue, stando alle ultime indiscrezioni, prometteva di non andare oltre il 25%. 

L'accesso al mercato unico

Più che economica, la questione della sovranità su acque e fondali è diventata di principio. Stabilire le quote di pesca all’interno di un mercato unico che non chiude le acque ai pescatori di altri Paesi è la contropartita per poter esportare nell’Ue a dazio zero. La strada del negoziato si fa molto stretta proprio per questo motivo: Londra vuole il controllo sulle sue acque senza perdere accesso al mercato unico. I dazi doganali manderebbero infatti in malora le esportazioni che assorbono la gran parte del valore del settore ittico britannico, con oltre tre quarti del pesce venduto all’interno dell’Ue. Non è ancora dato a sapere chi dei due contendenti l’abbia spuntata meglio, ma tanti osservatori fanno notare che il vero equilibrio economico sulle relazioni future tra Londra e Bruxelles si giocherà su altri settori, a partire dalle esportazioni energetiche, dal grande comparto dei servizi e dalle attività finanziarie.

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