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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Non vuoi i migranti dell'Italia? Allora paghi i rimpatri: la proposta Ue per convincere Orban e Kurz

La Commissione presenta il suo piano di riforma del regolamento di Dublino, che la presidente von der Leyen ha promesso di cancellare sotto la spinta dei Paesi del Sud. Ma le resistenze di Austria, Polonia e Ungheria hanno annacquato il punto centrale: la ricollocazione obbligatoria

L'unico obbligo che viene introdotto è quello di una generica solidarietà nei confronti dei Paesi di primo approdo dei migranti, come l'Italia. Ma spetterà a ogni Stato membro la decisione su come concretizzare questa solidarietà: o prendendosi carico di una parte dei richiedenti asilo, o occupandosi dei rimpatri, o "altre forme di supporto operativo". Come già premesso in un precedente articolo, il piano della Commissione europea per superare il regolamento di Dublino non prevederà meccanismi di ripartizione automatica dei migranti validi per tutti i Paesi Ue, come chiedeva il nostro governo, ma un "contributo flessibile". Un modo, questo, per superare le resistenze del gruppo di Stati, tra cui Austria, Polonia e Ungheria (ma anche Olanda), i quali non hanno alcuna intenzione di accogliere sul proprio territorio una quota fissa di coloro che sbarcano, per esempio, a Lampedusa o in Grecia. 

Il nuovo Patto

Il nuovo "Patto su migrazione e asilo" di Bruxelles, in altre parole, cerca di aggirare il principale ostacolo che ha fatto naufragare in questi anni qualsiasi tentativo di mettere d'accordo i Paesi Ue su una gestione comune degli arrivi. La proposta, dal punto di vista italiano, è meno ambiziosa di quella avanzata, per esempio, dal Parlamento europeo nella precedente legislatura, in cui si prevedeva una ripartizione automatica dei richiedenti asilo. E questo, dalle nostre parti, potrebbe generare un contraccolpo politico, dal momento che il Movimento 5 stelle, all'epoca, non votò la proposta del Parlamento, considerandola troppo morbida. Come valuteranno adesso il piano della Commissione von der Leyen.

A ogni modo, la presidente tedesca per il momento sembra più concentrata a trovare una soluzione pratica che possa mettere d'accordo soprattutto il fronte anti-migranti che attraversa trasversalmente l'Europa e che ha trovato in leader come Viktor Orban o Sebastian Kurz i punti di riferimento, almeno per ora. Il "contributo flessibile" mira proprio a questo: chi non vorrà farsi carico dell'accoglienza, dovrà occuparsi dei rimpatri di coloro che, pur avendo fatto richiesta d'asilo, non hanno i requisiti per ottenere il permesso di soggiorno.

Il nodo rimpatri

Detta così, sembra una soluzione praticabile. Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo la realtà e le lacune burocratiche: i migranti che arrivano irregolarmente, infatti, sanno che per prendere tempo devono fare richiesta d'asilo anche se sanno bene di non averne diritto. A quel punto, a causa delle lunghezza delle procedure burocratiche e dell'impossibilità di trattenerli nei centri d'accoglienza, la gran parte di loro si rende irreperibile. Fattore a cui si aggiungono anche le difficoltà sui rimpatri di coloro la cui domanda d'asilo è stata respinta: nel 2018, solo il 36% dei migranti irregolari nell'Ue che hanno ricevuto un ordine di espulsione sono stati effettivamente rimpatriati. Come risolvere questo problema?

La proposta della Commissione mira innanzitutto a ridurre i tempi burocratici. Il cosiddetto primo pilastro del nuovo Patto prevede "una procedura di frontiera integrata”, che “per la prima volta comprende uno screening pre-ingresso che copra l'identificazione di tutte le persone che attraversano le frontiere esterne dell'Ue senza autorizzazione o che sono state sbarcate dopo un'operazione di ricerca e salvataggio”, si legge in una nota di Bruxelles. Ciò comporterà “anche un controllo sanitario e di sicurezza, rilevamento delle impronte digitali e registrazione nella banca dati Eurodac”, già prevista dalle regole in vigore.

Snellire le procedure

Dopo lo screening, i migranti “potranno essere indirizzati nella giusta procedura, sia alla frontiera per determinate categorie”, sia “nell'ambito di una normale procedura di asilo” per coloro che chiedono lo status di rifugiato. Nell'ambito di questa procedura di frontiera, “verranno prese decisioni rapide in materia di asilo o rimpatrio”, promette la Commissione. “Tutte le altre procedure saranno migliorate e soggette a un monitoraggio più forte e al sostegno operativo delle agenzie dell’Ue”, che si serviranno anche di un’infrastruttura digitale per monitorare le domande.

Snelliti i tempi burocratici, almeno nelle intenzioni, si passa alla "solidarietà". Qui, come dicevamo, ci sono diverse possibilità: o lo Stato X (per esempio l'Ungheria) si fa carico di accogliere una quota di migranti di quelli sbarcati, per esempio, in Grecia. O provvede ai rimpatri di una quota di quelli che non hanno diritto all'asilo. Secondo quanto ha anticipato Politico, la Commissione prevede che il Paese che vuole occuparsi dei rimpatri, avrà otto mesi per attuarli. In caso contrario, dovrà accoglierli. 

La cooperazione con i Paesi extra-Ue

Questa clausola potrebbe irrigidire le posizioni di quei Paesi che non hanno 'leve diplomatiche' adeguate per favorire i rimpatri (dato che per attuarli, occorre un accordo con gli Stati di provenienza di questi migranti, come ha fatto di recente l'Italia con la Tunisia). Bruxelles, però, confida di poter fare da garante contro problemi di questo tipo: il terzo pilastro del Piano, infatti, è quello delle partnership coi Paesi extra-Ue. Questi “aiuteranno ad affrontare sfide condivise come il traffico di migranti”, ma anche “a sviluppare percorsi legali” di ingresso nei Paesi Ue e garantiranno “l'efficace attuazione degli accordi e delle disposizioni di rimpatrio”. L'Ue e suoi Stati membri “agiranno in unità utilizzando un'ampia gamma di strumenti per sostenere la cooperazione con i Paesi terzi in materia di rimpatri”. La Commissione mira anche a rafforzare il controllo delle frontiere esterne con il Corpo permanente della guardia di frontiera e costiera europea, il cui inizio delle attività è previsto per il primo gennaio 2021, scrive l'Agi.


 

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