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Venerdì, 19 Aprile 2024
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"Tassa su import di beni 'inquinanti' e stop a quelli prodotti col lavoro forzato", la nuova strategia Ue sul commercio

Bruxelles presenta la sua strategia per le future relazioni commerciali con il resto del globo, in particolare con Usa e Cina. Al centro la riforma del Wto

Una tassa sui beni importati da Paesi terzi che colpisca quelli prodotti con standard di sostenibilità ambientale inferiori a quelli Ue. Un blocco totale per quelli prodotti con il lavoro forzato. E più in generale una riforma dell'Organizzazione mondiale del commercio, che da un lato favorisca "una globalizzazione più sostenibile ed equa", ma che dall'altro permetta di regolare i rapporti con gli Usa, in particolare. Ma anche con la Cina. Onde evitare il ricorso a strumenti alternativi. Perché la nuova strategia di Bruxelles per il commercio internazionale vuole sì mantenere il multilateralismo, ma lo vuole fare con una "autonomia strategica". Per dirla con le parole della stessa Commissione, che ha presentato il piano negli scorsi giorni, l'Ue vuole aumentare la sua capacità "di perseguire i propri interessi e far valere i propri diritti, anche autonomamente, ove necessario". Un trumpiano Europe First, ma più smorzato (non a caso l'Ecr di Giorgia Meloni ha appaludito al nuovo piano).

La posta in palio

Quella sul commercio internazionale è diventata nel tempo una delle politiche più importanti e delicate dell'Ue. Come spiega Bruxelles, l'Ue "vanta una solida rete di accordi commerciali (46 accordi con 78 partner) e un notevole avanzo commerciale", ossia esporta molto più di quello che importa. In tutta l'Unione "35 milioni di posti di lavoro dipendono dal commercio. Molti di essi sono posti di lavoro di alta qualità: i vantaggi competitivi derivanti dal commercio mondiale hanno portato a un aumento dei salari del 12%", ricorda Bruxelles, secondo cui "è possibile sfruttare ulteriormente questa solida base" a patto che si guardi "oltre i nostri confini, dato che nel prossimo decennio l'85% della crescita globale avrà luogo al di fuori dell'Europa".

La Cina e i diritti umani

Tra il dire e il fare, però, ci sono di mezzo almeno due potenze: gli Usa e la Cina. Con Pechino, l'Ue ha trovato da poco un accordo sugli investimenti con molte luci (per le imprese europee), ma anche diverse ombre. Da un lato, c'è la questione dei diritti umani, emersa con forza in seguito alle denunce di ong e inchieste giornalistiche sull'utilizzo del lavoro forzato come forma di "riabilitazione" degli uiguri, la minoranza turcofona in Cina. Un problema che, tra i partner commerciali Ue, non riguarda solo Pechino. Dall'altro, c'è il problema di aprire le porte del mercato europeo a Paesi con industrie ad alto impatto ambientale, favorendone il business, mentre all'interno dei confini Ue si innalzano (o si vorrebbero innalzare) gli standard di sostenibilità da rispettare. 

E' una vecchia questione che l'Ue, nella sua strategia, si impegna di affrontare con rinnovato vigore. E che il vice presidente esecutivo della Commissione europea Valdis Dombrovskis, responsabile per gli Affari economici e il Commercio internazionale, ha spiegato di voler affrontare con due iniziative 'spot': la Carbon Tax alle frontiere e lo stop ai beni prodotti in violazione dei diritti umani, a partire dal lavoro forzato. 

Diritti umani

"Stiamo preparando una proposta legislativa che imporrà alle imprese dell'Unione europea un obbligo di 'due diligence' (verifica e rendicontazione, ndr) per garantire che non utilizzino beni o servizi prodotti con sostanziali violazioni della tutela dell'ambiente o dei diritti umani, incluse le convenzioni contro il lavoro forzato", ha detto Dombrovskis.  "Stiamo anche conducendo una valutazione di impatto sulla possibilità di proibire l'immissione sul mercato Ue di beni prodotti con il lavoro forzato, che verrebbero quindi bloccati alle frontiere", ha aggiunto il vicepresidente esecutivo della Commissione.

Anche nel recente Accordo complessivo sugli investimenti con la Cina, ha ricordato Dombrovskis, "c'è un capitolo sulla sostenibilità", e c'è la condizione del rispetto delle convenzioni dell'Ilo (Organizzazione Internazionale del lavoro, ndr) contro il lavoro forzato, come negli altri accordi di libero scambio di nuova generazione che l'Unione Europea ha concluso, "sebbene in questo caso si tratti di un accordo più limitato" rispetto a quelli di libero scambio. "E' comunque la prima volta - ha sottolineato - che la Cina prende questo tipo di impegni con un partner internazionale".

La Carbon tax

Dombrovskis ha confermato poi che l'Esecutivo comunitario proporrà a metà anno una Carbon Tax alle frontiere, denominata "Carbon Border Adjustment Mechanism", per compensare nel mercato unico le condizioni di concorrenza sleale di cui si avvantaggiano i prodotti provenienti da paesi terzi che non rispettano norme contro il cambiamento climatico equivalenti a quelle in vigore nell'Ue.

"Sul Meccanismo di aggiustamento alle frontiere per le emissioni di carbonio - ha riferito Dombrovskis -, stiamo conducendo degli studi di fattibilità con diverse opzioni, e abbiamo in programma di introdurre una iniziativa legislativa a metà anno", che dovrebbe essere basata sul cosiddetto "notional emission trading system", ovvero su una equivalenza fittizia con il sistema della "borsa delle emissioni" europea (Ets). "Dovremo assicurare - ha continuato vicepresidente esecutivo - che il Meccanismo sia compatibile con le regole della Wto e con i nostri obblighi internazionali, e di questo dovremmo discutere con i nostri partner. Abbiamo già avuto un primo scambio con la nuova Amministrazione americana, e io stesso ne ho già parlato con Janet Jellen", neo segretario di Stato al Tesoro Usa. "Abbiamo discusso di come cooperare con gli Stati Uniti per predisporre questo meccanismo, e di come renderlo compatibile con le regole Wto".

La riforma del Wto

Il riferimento agli Stati Uniti e al Wto (o Omc) è chiaramente legato alla riforma dell'Organizzazione mondiale del commercio, finita al centro delle diatribe tra Bruxelles e Washington, con il corollario di dazi tra le due sponde dell'Atlantico. La riforma che ha in mente l'Ue prevede alcuni punti: nuove regole incentrate sullo sviluppo sostenibile, rafforzare quelle esistenti contro le ricadute negative causate dall'intervento statale nelle economie dei suoi membri; agevolare la negoziazione di nuovi accordi su questioni importanti per i grandi sottogruppi di membri dell'Omc; trovare una soluzione duratura all'attuale stallo riguardante il sistema vincolante di risoluzione delle controversie dell'Omc; rendere più efficace il monitoraggio da parte dell'Omc delle politiche commerciali dei suoi membri. 

I dubbi degli ambientalisti

Nonostante i ripetuti richiami alla sostenibilità ambientale e la Carbon Tax, le ong ecologiste hanno accolto con qualche polemica la nuova strategia commrciale: "Accogliamo con favore il fatto che la Commissione abbia finalmente trovato il giusto obiettivo riconoscendo la necessità di fare della mitigazione del clima un obiettivo chiave della politica commerciale dell'Ue - dice Can Europe, network che raccoglie tra le principali ong del settore - Tuttavia, nella proposta mancano diversi aspetti". Per esempio, "la proposta non riconosce che gli accordi commerciali possono contraddire gli obiettivi climatici aumentando le emissioni di gas serra, accelerando la deforestazione o liberalizzando il commercio di merci inquinanti. Inoltre, non è possibile bloccare accordi di questo tipo, come l'accordo Ue-Mercosur", ossia il patto tra Bruxelles e i Paesi del Sud America Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay.

Can Europe critica anche la mancanza di misure concrete per far rispettare gli impegni sui "sistemi alimentari sostenibili" e il fatto che non vengano messi in discussione meccanismi come l'Investor-State Dispute Settlement (ISDS), che consente agli investitori di sfidare i governi che intraprendono azioni per il clima.

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