rotate-mobile
Giovedì, 28 Marzo 2024
Fake & Fact

Ema, ecco perché il ricorso dell'Italia rischia di fare acqua da tutte le parti

Amsterdam non ha una sede pronta per ospitare l'Agenzia del farmaco. E l'Italia, da Milano al Parlamento europeo, annuncia battaglia legale. Ma il rischio di scivoloni, giuridici e politici, è più che concreto  

Le polemiche sulle liste elettorali hanno lasciato per qualche ora il centro del dibattito politico. E si sono concentrate su Bruxelles, o meglio su Amsterdam, la città che a dicembre ha soffiato a Milano l'ambita sede dell'Ema, l'Agenzia Ue del farmaco, che nel marzo 2019, a seguito della Brexit, lascerà Londra. La questione è nota: la capitale olandese non ha una sede pronta per ospitare gli uffici dell'agenzia entro la data del trasloco e sta vagliando soluzioni alternative in attesa che i lavori del nuovo edificio siano completati. Per l'Italia, riassumendo le posizioni dell'intero arco costituzionale, i Paesi Bassi avrebbero barato e per questo il governo, la Regione Lombardia e il Comune di Milano hanno deciso di presentare dei ricorsi. Il problema è capire con quali chance.

L'accordo politico

Già, perché per il momento, la scelta di Amsterdam è frutto di un accordo politico tra i 27 Stati membri (tutti meno il Regno Unito in uscita): sono stati i paesi Ue a decidere come procedere all'assegnazione della nuova sede, sono stati loro a votare e sono stati sempre loro a porre il sorteggio come ultima fase della procedura qualora si fosse arrivati (come è successo) a una situazione di stallo. Secondo Paolo Borghi, docente di Diritto dell'Unione europea all'Università di Ferrara, un'eventuale ricorso italiano alla Corte di giustizia Ue, “sarebbe tecnicamente possibile, dal momento che si tratta di un atto del Consiglio dell'Unione europea”. Il Trattato sul funzionamento dell'Ue, infatti, prevede la possibilità per uno Stato membro di fare ricorso contro un atto di questa istituzione. E siccome, argomenta sempre Borghi in una intervista all'AdnKronos, l'assegnazione ad Amsterdam sarebbe un atto assunto dal Consiglio “su basi sbagliate", ossia sul fatto che la capitale olandese avesse una sede pronta per ospitare l'Ema, allora questo darebbe le basi giuridiche per tentare il ricorso. E' la strada che ha intrapreso il governo. Ma la Corte Ue accetterà il ricorso? E se lo accetterà, quali sono le speranze che dia ragione all'Italia?

Il dossier Amsterdam

In realtà, nella sua candidatura, Amsterdam aveva precisato che la costruzione della nuova sede dell'Ema, il Vivaldi Building, non sarebbe stata pronta entro il marzo 2019, ma entro settembre. E che dunque avrebbe provveduto, in fase transitoria, a ospitare gli uffici in un altro centro. Quindi l'Olanda non sembra aver mentito. Semmai, l'ha fatta troppo facile per due ragioni: uno, perché a quanto si apprende da fonti del governo olandese, il Vivaldi Building non sarà pronto prima del novembre 2019; due, perché finora non si è riusciti a trovare una sede provvisoria adeguata, come ha sottolineato il direttore dell'Ema, l'italiano Guido Rasi. Ma come sostengono fonti Ue citate dall'Agi, "sarebbe difficile dimostrare oggi che tra un anno e mezzo gli olandesi non saranno pronti"

L'atto "fantasma"

Ma il probema principale di un ricorso come quello presentato dal governo è il fatto che, a quanto sostengono al Parlamento europeo, alla base della scelta di Amsterdam non c'è nessun atto giuridico. “Abbiamo scoperto – dice l'eurodeputato Giovanni La Via - che l'intera procedura non è stata fondata sui Trattati, ma sul contenuto di una dichiarazione congiunta sulle agenzie decentralizzate, che è un atto giuridicamente non vincolante per le istituzioni coinvolte, mai citato dalla Commissione negli atti ufficiali”. In sostanza, come dicevamo all'inizio, il tutto è frutto di un accordo politico. Manca l'atto. E senza atto su cosa fare ricorso?

Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, ha proposto di fare ricorso contro un'altra istituzione Ue, la Commissione europea. Che pero', oggi, ha spiegato che il suo ruolo in questa vicenda è solo quello di “consulenza”, ossia di proporre un regolamento per il trasloco dell'Ema ad Amsterdam che dovrà essere adottato dal Parlamento europeo.

La battaglia sul regolamento

Il regolamento è stato redatto dagli uffici della Commissione sulla base della “scelta politica” del Consiglio e inviato al Parlamento. Ed è qui che adesso i deputati italiani annunciano battaglia: "Intendo proporre una dichiarazione politica, che rimetta in discussione l'accordo interistituzionale, che ha dato luogo ad una grave incapacità decisionale del Consiglio”, ha detto sempre La Via, che è relatore sul regolamento.

Il Parlamento Ue puo' quindi rimettere in discussione la decisione del Consiglio? Tecnicamente si', ma in pratica sarà durissima. Innanzitutto, perché bisogna trovare una maggioranza di deputati disposti a farlo e, stando alle voci che girano a Bruxelles, il maggiore gruppo politico dell'Eurocamera, ossia il Ppe, non vuole aprire una battaglia istituzionale con il Consiglio. 

A ogni modo, una volta approvato dal Parlamento Ue, il regolamento tornerà al Consiglio, che lo dovrà varare in via definitiva. Anche qui, l'Italia potrebbe provare a mettersi di mezzo. C'è chi valuta che a quel punto, essendoci un atto legislativo, ossia il regolamento, finalmente si potrebbe avere una carta contro cui fare ricorso alla Corte Ue. Ma negli ambienti del Consiglio, in molti storcono il naso dinanzi a questa ipotesi. 

Un ricorso "politico"?

La via giuridica, come la si guardi, è più che scivolosa. Difficilmente i giudici europei accoglierebbero un ricorso sulla base del fatto che Amsterdam non abbia la sede definitiva pronta. Tanto più se si pensa che nel dossier di candidatura questo ritardo era stato menzionato.  Semmai, un ricorso avrebbe un “senso” politico, come spiega il professore Borghi: “Il ricorso andrebbe fatto comunque per una ragione politica: anche se ci sono dei dubbi sul fatto che la Corte lo accolga, il ricorso è politicamente un atto pesante". Tale da rendere praticabile la strada di un accordo o di una conciliazione, perché “nulla vieta al Consiglio di rivedere la decisione presa”. E' la speranza di Milano. Una speranza che forse è alimentata più dalla campagna elettorale in corso che da un reale convincimento. E che potrebbe spegnersi presto, magari all'indomani del 4 marzo. 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Ema, ecco perché il ricorso dell'Italia rischia di fare acqua da tutte le parti

Today è in caricamento