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Giovedì, 28 Marzo 2024
Fake & Fact

Accuse alla Guardia costiera libica: “Viola i diritti umani”. Uno dei suoi capi gestiva il traffico dei migranti con i soldi dell'Italia

Il ministro Salvini esulta per il “recupero” di 820 persone da parte delle navi delle autorità di Tripoli. Ma media, ong e persino l'Onu sollevano pesanti ombre sui metodi di soccorso e sulla legalità delle operazioni. Promosse con fondi Ue

La Guardia costiera libica è al centro delle polemiche. Nei giorni scorsi, l'Onu ha sanzionato sei trafficanti di esseri umani accusati di gestire la rotta dei migranti che dall'Africa, via Libia, porta all'Italia. Uno di questi, Abd al Rahman al Milad, era il capo della Guardia costiera di Zawiya, che viene finanziata anche con i fondi del nostro paese e dell'Unione europea. La stessa Guardia costiera che media internazionali e ong accusano di violenze e maltrattamenti proprio nelle operazioni di soccorso. E a cui oggi il responsabile degli Interni del governo Conte, Matteo Salvini, invia i suoi ringraziamenti, “da ministro e da papà”, per aver riportato in Libia 820 migranti salpati alla volta dell'Italia. 

Le accuse

La polemica è stata sollevata dai media britannici. Un articolo del Daily Mail ha riportato in auge le accuse mosse negli scorsi mesi ai metodi “poco umani” usati dalla Guardia costiera libica nei salvataggi. Un video della ong Sea Watch del dicembre scorso ha mostrato come alcuni ufficiali libici tratterebbero le persone soccorse: colpi di bastone ai migranti appena recuperati, minacce e persino un uomo lasciato cadere in acqua e abbandonato. Secondo le accuse della stessa ong, a causa di questi metodi, la Guardia costiera di Tripoli avrebbe causato la morte di decine di migranti. 

Le accuse della ong hanno trovato indiretta conferma in una indagine delle Nazioni Unite, che si è conclusa con una serie di sanzioni contro sei trafficanti di esseri umani. Uno di questi,  Abd al Rahman al Milad, faceva il doppio gioco: da un lato guidava le operazioni di soccorso, dall'altro era il terminale di una rete di trafficanti che comprendeva anche due presunti criminali che avrebbero preso parte, sostiene il Guardian, alle trattative tra il governo italiano e la Libia per fermare le partenze dei migranti. 

La replica di Tripoli

Alle accuse ha risposto il portavoce della Marina militare libica, Ayoub Qassim, secondo cui i media avrebbero “fabbricato intenzionalmente” delle fake news. “Le immagini sui migranti picchiati – dice Qassim – riguardano Abd al Rahman al Milad, che è una guardia costiera e sarà punito dalla giustizia libica, come richiesto dal mandato di un procuratore generale. È stato anche sospeso dalla Guardia costiera libica fino alla fine delle indagini”. 

I fondi di Italia e Ue

Quello dell'addestramento della Guardia costiera libica è stato uno dei punti cruciali del piano dell'ex ministro Marco Minniti per fermare gli arrivi dalla rotta del Mediterraneo centrale. Un piano avvallato anche dalla Commissione europea, che ha destinato a tale “programma di formazione” 44,2 milioni di euro provenienti dal Fondo fiduciario per l'Africa e dal Fondo per la sicurezza interna dell'Ue. L'Italia vi ha aggiunto altri 2,2 milioni di euro (oltre a quelli della sua quota per il Fondo fiduciario).  

Ong come Amesty International e Concord hanno criticato duramente questo programma, sostenendo che, invece di formare la Guardia costiera, starebbe foraggiando gli stessi criminali responsabili del traffico di esseri umani. “Per dimostrare il loro impegno nel contrastare il fenomeno della migrazione irregolare e attrarre i fondi comunitari”, denuncia Concord, gli attori nazionali e locali libici “hanno sostituito parzialmente l’industria del contrabbando e della tratta con l’industria della detenzione, sfruttando e abusando dei migranti”. Del resto, il reddito generato nelle città costiere libiche dal contrabbando di esseri umani è stimato tra i 275 e 325 milioni di euro all'anno, una somma di denaro che non viene bilanciata certo dai 46 milioni messi sul piatto dall'Ue e dall'Italia. In sostanza, questo denaro finisce per favorire il doppio gioco di presunti trafficanti come  Abd al Rahman al Milad. 

La petizione

Ma le polemiche sull'operato della Guardia costiera libica non finiscono qui: una petizione firmata, tra gli altri, dall’ex presidente della Camera e deputata di Leu, Laura Bodrini, e dall’ex sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, ricorda che “sono in corso indagini da parte del Tribunale penale internazionale” e che “il Tribunale di Ragusa nel caso Open Arms, ha precisato che le responsabilità di ricerca e soccorso non possono essere delegate a paesi che non sono in grado di offrire porti sicuri, come appunto la Libia. Le operazioni di soccorso – sottolinea la petizione – “si devono concludere in un porto sicuro nel più breve tempo possibile, sempre in rispetto della Convenzione Sar”.

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