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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Doppia dose e rischio quarantena per viaggiare in Europa: il green pass Ue non segue quello italiano

La fumata bianca (ma provvisoria) a Bruxelles sul certificato Covid non metterà tutti i Paesi europei sullo stesso piano, come chiedeva la Commissione. I governi vogliono essere liberi di decidere le loro regole

Potrebbero servire due dosi e, per chi non è vaccinato, potrebbe non bastare un tampone con esito negativo per evitare il rischio di dover fare la quarantena all'arrivo (o al rientro). Se il certificato digitale Covid dell'Ue nasceva per allineare tutti gli Stati membri alle stesse regole per i viaggi, dando certezze a operatori turistici e vacanzieri, il risultato dell'accordo provvisorio raggiunto nella serata di giovedì ribadisce ancora una volta che dinanzi alla crisi pandemica ciascun governo vuole tenere le mani libere e mantenere le proprie prerogative nazionali. La circolazione delle persone sarà "libera" all'interno dell'Unione, ma le restrizioni (com'è giusto che sia, visto che la pandemia è ancora in corso) restano. E da un Paese all'altro le regole sul pass potrebbero differire.  

La differenza con il pass italiano

Il nuovo certificato Ue - che non si chiamerà più "green" e sarà disponibile sia in formato digitale che cartaceo - attesterà se una persona è stata vaccinata contro il coronavirus o ha un risultato recente di test negativo o è guarita dall'infezione. In pratica, si tratta di tre certificati distinti, ma pensati con un unico obiettivo: garantire il diritto alla libera circolazione all’interno dell’Europa. In altre parole, la libertà di tornare a viaggiare. 

Guardando al green pass italiano, la prima differenza che salta all'occhio rispetto al certificato europeo è il fatto che per essere riconosciuti come "vaccinati" potrebbe non bastare ricevere solo la prima dose dei vaccini Pfizer, Moderna e AstraZeneca, ossia di quelli che per completare l'immunizzazione richiedono due iniezioni. Il pass tricolore, come è ormai noto, consente libertà di movimento senza obbligo di tamponi già dopo la prima dose, anche sulla scorta di alcuni studi che segnalano l'elevata efficacia già della prima iniezione. Quello Ue, invece, lascia questa scelta ai singoli Stati: in altre parole, se uno dosa basterà per girare in Italia con pass in mano, lo stesso potrebbe no verificarsi fuori dai confini nazionali. 

Altra differenza tra il pass italiano e quello Ue è che se l'Italia ha annunciato che i turisti stranieri (vaccinati, immunizzati o con tampone negativo) potranno raggiungere le nostre mete delle vacanze senza dover sottoporsi a quarantena, lo stesso non è assicurato nel resto d'Europa. Il certificato digitale Covid dell'Ue, infatti, lasca la porta aperta agli Stati di utilizzare questa restrizione, che di fatto comporterebbe limitazioni al turismo: se, per esempio, un tedesco va in Italia per le ferie e al suo ritorno sa che dovrà restare in quarantena per una settimana, potrebbe decidere di passare le vacanze nel suo Paese.

Il nodo quarantene

Questo aspetto era uno dei nodi principali dei negoziati a Bruxelles tra Commissione, Parlamento e Stati membri. Alla fine, il compromesso è in una formula che salva capre e cavoli: i Paesi Ue non dovranno imporre ulteriori restrizioni di viaggio, come la quarantena, l'autoisolamento o i tamponi, “a meno che non siano necessarie e proporzionate per salvaguardare la salute pubblica” in risposta alla pandemia. Le eventuali restrizioni andranno prese tenendo conto anche delle prove scientifiche disponibili, “compresi i dati epidemiologici pubblicati dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc)”. Tali misure dovrebbero essere notificate agli altri Stati membri e alla Commissione al più tardi 48 ore prima. Torna in campo, insomma, la cartina epidemiologica dell'Ecdc contestata dall'Italia in passato. 

Test gratuiti, ma non per i turisti

Altro nodo dei negoziati di Bruxelles era la richiesta del Parlamento europeo di rendere gratuiti i testi di chi viaggi per non discriminare tra vaccinati e non vaccinati. A opporsi alla gratuità dei test, proposta che piaceva molto al settore turistico, sono stati alcuni Paesi tra cui la 'frugale' Olanda. Alla fine, il compromesso prevede l'impegno della Commissione europea di "almeno 100 milioni di euro" nell'ambito dello Strumento di sostegno di emergenza per l'acquisto di test (o tamponi) per renderli accessibili a una parte dei viaggiatori europei. Essendo un budget limitato, la priorità sarà data a chi viaggia per questioni di lavoro, come i transfrontalieri e gli stagionali. Difficile, a meno di iniziative dei singoli Stati, che Bruxelles riuscirà a rendere gratuiti o meno costosi i test per i turisti.

I vaccini ammessi

Un altro aspetto da chiarire sul pass Ue riguardava i vaccini riconosciuti. L'Ungheria, per esempio, che ha somministrato il vaccino russo Sputnik a un pezzo della sua popolazione, chiedeva che non ci si limitasse a quelli riconosciuti dall'Ue. Il compromesso prevede che i certificati Covid varranno sicuramente per quelli rilasciati a chi ha ricevuto (in forma completa) i vaccini autorizzati dall'Agenzia europea per i medicinali: Pfizer-BioNTech, Moderna, AstraZeneca e Johnson & Johnson. Spetterà ai singoli Paesi decidere se accettare anche i certificati delle vaccinazioni effettuate con gli altri vaccini utilizzati in base alle procedure di autorizzazione di emergenza nazionali o con quelli elencati dall'Organizzazione mondiale della sanità per l'utilizzo di emergenza.

Parlamento soddisfatto a metà

“Non abbiamo ottenuto tutto quello che volevamo, ma abbiamo servito i cittadini europei migliorando il testo”, ha detto a Europa Today il deputato spagnolo Juan Fernando Lopez Aguilar, relatore per l’Eurocamera del certificato digitale Ue al termini dei negoziati.  Grazie al certificato digitale Ue sul Covid “l’estate del 2021 non sarà una catastrofe come quella del 2020, particolarmente per quei Paesi che dipendono fortemente dalla connettività e dal turismo, che è una delle espressioni della libera circolazione in Europa. “La facciamo finita - ha aggiunto Lopez - con la situazione attuale: discrezionalità che conduce all’arbitrarietà degli Stati”.

La proposta originaria della Commissione europea di un certificato che permettesse di armonizzare le 27 discipline (e restrizioni) differenti tra loro rischiava di restare arenato nei cosiddetti triloghi, le riunioni inter-istituzionali tra Parlamento e Consiglio Ue dove gli europarlamentari e i rappresentanti dei Governi nazionali cercano di trovare una ‘quadra’ tra le diverse sensibilità: voglia di unire l’Europa da una parte e necessità di proteggere gli interessi nazionali dall’altra. "A un certo punto dei negoziati, ho avuto l'impressione che gli Stati membri si preoccupassero più della loro sovranità che dei diritti dei loro cittadini", è stato il caustico commento dell'eurodeputato olandese Jeroen Lenaers.

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