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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Viaggio nella trincea dei vaccini: "Fare presto il nostro imperativo, ma no a fughe in avanti"

Il racconto della corsa contro il tempo per immunizzare gli anziani nelle parole di Simona Giroldi, direttrice sociosanitaria dell’Ospedale Niguarda di Milano. Mentre l'Unione europea è già al lavoro sul rischio varianti

Dopo dodici mesi di dolore, la speranza arriva a piccole dosi. A Milano, così come nel resto d’Italia, giovedì scorso è iniziata la campagna vaccinale per gli ultraottantenni. Il destino ha voluto che i primi vaccini venissero somministrati agli anziani proprio nelle stesse ore in cui ricorreva il primo anniversario dei contagi a Codogno, quando l’Italia - e con essa tutta l’Europa - si scoprì all’improvviso vulnerabile alla minaccia pandemica. In pochi giorni, i giornali di tutto il mondo si riempirono di immagini di una Milano spettrale, dalla Piazza Duomo deserta alle vie dello shopping con le saracinesche abbassate. Oggi, con quasi 3,5 milioni di dosi somministrate in tutto il Belpaese, comincia a intravedersi per davvero la tanto evocata luce in fondo al tunnel. Ma il tunnel è in salita.

“Partiamo domani mattina nella nostra struttura territoriale di 1.100 metri quadri”, ha annunciato alla vigilia del Vaccine-Day per gli anziani la direttrice socio-sanitaria dell’Ospedale Niguarda di Milano, Simona Giroldi. Intervistata da Giampaolo Mannu di Milano Today. Giraldi ha snocciolato i numeri e la tabella di marcia delle prossime settimane: “Verranno vaccinati circa 308 pazienti al giorno dal lunedì alla domenica compresa”. “Iniziamo la mattina dalle 8 fino alle 13,30 e abbiamo attivato sette ambulatori medici e sette ambulatori infermieristici per la somministrazione del farmaco” che, va sempre ricordato, deve essere inoculato due volte prima che raggiunga la piena efficacia. “Lavoreremo in questa maniera i primi 21 giorni e poi dal 22esimo giorno manterremo sempre il medesimo orario per i 308 pazienti della mattina a cui somministrare la prima dose” mentre “nel pomeriggio, dalle 13,30 alle 19, partiremo con la somministrazione della seconda dose sui pazienti dei primi 21 giorni”.

La vaccinazione degli ultra 80enni

“I nostri nonni, anche se non lavorano, e quindi può sembrare che non prendano attivamente parte alla vita sociale, in realtà sono la terza gamba fondamentale di ogni famiglia”, ha ricordato la direttrice. Il virus è stato, nell'ultimo anno, il convitato di pietra del forte rapporto tra anziani, giovani figli e nipotini. Un legame spezzato dal distanziamento sociale e solo parzialmente mantenuto grazie alle nuove tecnologie.  “Poterli vaccinare e ritornare a una vita un po’ più normale è un gran beneficio per loro e per tutti”, ha aggiunto Giroldi con il pensiero rivolto ai tanti ultraottantenni che da mesi aspettano con pazienza chiusi in casa. E oltre al valore simbolico delle prime vaccinazioni agli anziani a un anno esatto dai primi casi scoperti nel lodigiano, l’immunizzazione delle categorie più a rischio andrà soprattutto ad alleggerire la pressione sul sistema sanitario lombardo, letteralmente travolto dalla prima ondata di Covid e ritrovatosi di nuovo in serie difficoltà anche durante la recrudescenza della pandemia.

Se la Lombardia fosse uno Stato indipendente, sarebbe in cima alla triste classifica mondiale per vittime accertate di Covid-19 in proporzione al numero di abitanti. A guidare il drammatico ranking oggi è il Belgio, che su una popolazione di 11,4 milioni di persone ha subito 21.821 vittime accertate di coronavirus. La Regione Lombardia, che conta oltre un milione di abitanti in meno rispetto al Belgio, ha registrato 27.971 decessi (dati aggiornati al 19 febbraio). A dispetto del famoso slogan “Andrà tutto bene!” scritto a caratteri cubitali su striscioni e lenzuoli bianchi appesi alle finestre degli italiani chiusi in casa, in Lombardia è successo esattamente il contrario. E anche la primula, il fiore simbolo della campagna vaccinale italiana, ha fatto fatica a sbocciare.

Tra ritardi e il rischio di fughe in avanti

“Un paio di settimane fa c’è stata la riduzione dell’arrivo di dosi Pfizer - ha ricordato la direttrice - ma ora stanno riperdendo ad arrivare e, anche se non siamo ancora a regime completo, nel giro di dieci giorni dovremmo ritornare alle consegne previste”. Il tema dei ritardi nelle consegne e le tensioni tra alcune case farmaceutiche e le istituzioni di Bruxelles ha spinto alcune amministrazioni locali a pensare di fare affidamento a negoziati bilaterali. L’Ufficio anti-frode europeo, l’Olaf, si è però visto costretto a intervenire per segnalare tentativi di “truffe a danno delle autorità nazionali che cercano di accelerare il ritmo della vaccinazione per mantenere i loro cittadini al sicuro”. Un rischio da mettere in conto quando si parla di un bene così prezioso. “Se poi ognuno si muove in autonomia diventa difficile gestire in maniera organica e omogenea il tutto”, ha fatto notare Giroldi. “Il rischio è che ci sia qualche fuga in avanti non correttamente gestita”, è la conclusione della responsabile della campagna vaccinale nell’ospedale milanese. 

La ricerca sulle varianti

Intanto l’Europa guarda già alla nuova minaccia che potrebbe mandare all’aria l’intera strategia di uscita dalla pandemia. Le varianti del Covid-19 sono infatti arrivate anche nella regione italiana più colpita dal virus, costringendo gli enti locali a improvvisare zone rosse e duri lockdown. Per far fronte al rischio che dalle mutazioni possa nascere una nuova forma di coronavirus resistente al vaccino, la Commissione europea ha chiesto ai sistemi sanitari nazionali di sequenziare il genoma di almeno il 5% dei test positivi. Ciò permetterebbe non solo di identificare la variante che ha colpito il paziente, ma anche di monitorare la sua diffusione sul territorio e valutarne l’impatto sulla trasmissibilità del virus. L’Ue ha messo subito sul piatto 75 milioni di euro per investire in questo tipo di analisi, che si vanno ad aggiungere a 150 milioni di euro nell'ambito di Orizzonte Europa già destinati a progetti di ricerca sulle varianti.

SCHEDA/Il virus che muta: ecco il piano Ue anti-varianti

Tra le decisioni adottate negli ultimi giorni c’è anche il lancio di HERA, la nuova Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie, che, per il momento, nascerà come “HERA Incubator” per lavorare da subito nella preparazione alla bio-difesa contro le varianti del Covid-19 coinvolgendo ricercatori, aziende biotecnologiche, produttori e autorità pubbliche per rilevare nuove varianti, fornire incentivi per sviluppare vaccini nuovi e adattati, velocizzare il processo di approvazione delle dosi e garantire il potenziamento delle capacità di produzione. Gli esperti mettono già in conto la potenziale necessità di adattare i vaccini sviluppati nell'ultimo anno alle nuove varianti. Per questo l’Ue intende procedere “sulla base del modello di vaccino antinfluenzale annuale”, con “un'approvazione accelerata per i vaccini Covid-19 adattati”, si legge in una nota che delinea la nuova strategia anti-varianti.

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