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Venerdì, 19 Aprile 2024
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La Snam punta sull'idrogeno: "In Italia c'è chi fa innovazione, e noi li mettiamo in rete"

Intervista a Cosma Panzacchi, Executive Vice President Hydrogen dell'azienda, che spiega il progetto degli Innovation center e dice: "L'Italia ha una voce a livello globale nel settore"

Uno degli assi della ripresa sociale ed economica europea – e anche italiana – è la transizione ecologica verso forme energetiche più sostenibili. E l’Unione europea ha scommesso anche sull’idrogeno, una fonte di energia che ha delle forti potenzialità ma che hanno ancora bisogno di innovazione per essere sfruttate a pieno.

Ne esistono due versioni, una verde e prodotta da fonti rinnovabili, e una blu che comporta una dispersione di Co2 nell’ambiente: produrre la prima, quella pulita, costa cinque volte più che produrre quella che viene da idrocarburi. Una delle soluzioni potrebbe essere la produzione di idrogeno circolare, che si estrae dai rifiuti plastici: se ne ricaverebbero tra le 500 e le 600mila tonnellate annue in Italia, che salgono a due milioni in Europa.

Tra chi sta cercando nuove strade per lo sfruttamento di questa fonte c'è la Snam e, come spiega Cosma Panzacchi, Executive Vice President Hydrogen dell'azienda, lo fa provando a mettere in rete chi fa innovazione nel nostro Paese. “In Italia esistono moltissimi centri di ricerca o aziende che si occupano di idrogeno. Il problema è che manca un network per metterle in collaborazione: questo cerchiamo di fare con gli Innovation center. Il primo è stato inaugurato poche settimane fa a Modena, in collaborazione con l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. E l’intento è quello di creare un centro di eccellenza, che possa tenere insieme tutte le tecnologie e aprirsi all’estero per fare innovazione", spiega.

Le potenzialità del settore, dalle caldaie alle tubazioni, dalla mobilità al digitale. "Il digitale nel campo dell’idrogeno ad esempio è un campo molto innovativo e interessante, e per il momento poco coperto. Alcuni dei campi in cui si sta tentando di puntare sono elettrolizzatori, oggetti in cui si merrono acqua ed energia elettrica e da cui si estraggono ossigeno e idrogeno: i produttori di idrogeno verde. Ma oggi come oggi non sono stati disegnati per un uso sistematico, non sono automatici. Serve un upgrade di sistema, ed è quello che faremo a Milano", annuncia Panzacchi. Nella capitale lombarda sarà presto aperto un altro Innovation center, insieme al Politecnico e poi è prevista anche la creazione di un hub oltreoceano, in collaborazione con una prestigiosa università degli Stati Uniti.

Insomma se l’idrogeno ne è la chiave di volta, la transizione ecologia è oggi una tappa obbligata per le aziende che vogliono fare innovazione e rimanere sul mercato. “È uno dei settori in cui l’Italia in campo globale ha una voce”, conclude la vice presidente, che però avverte che si tratta anche di “un mondo che sta cambiando velocemente: oggi le aziende e le realtà che si occupano di energia sono completamente diverse da quello che erano cinque anni fa”, e proprio per questo per rimanere sul mercato e per creare ricchezza è quindi necessario evolversi, e per farlo la ricerca è la chiave.

E per trovate nuove menti che possano spingere l'innovazione Snam ha lanciato anche HyAccelerator, il primo acceleratore globale per startup focalizzato sull’idrogeno e gestito da un’azienda. Il programma è partito il mese scorso con l’apertura della prima call, dedicata a player attivi lungo l’intera catena del valore dell’idrogeno, dal trasporto allo stoccaggio fino agli usi finali. "L’obiettivo è dare impulso allo sviluppo del sistema puntando sulle tecnologie più promettenti e facilitandone l’ingresso sul mercato", e per farlo l'azienda con questa sua altra iniziativa punta a entrare in contatto "con le startup più innovative del settore dell’idrogeno a livello globale, rafforzando il proprio ruolo di abilitatore della filiera dell’idrogeno e della transizione energetica".

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Il Recovery fund e lo sviluppo del settore

Il PNRR ha messo sul tavolo quasi 70 miliardi per la transizione ecologica, tra fondi nazionali ed europei. Di questi, 3,19 miliardi sono previsti per “promuovere la produzione, la distribuzione e gli usi finali dell’idrogeno”. Si tratta del terzo paragrafo del capitolo dedicato a “energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile”: il settore che, secondo le previsioni del governo, avrà un impatto maggiore sul pil (0,4%) da qui al 2024/26. È anche tra gli ambiti più incisivi per l’occupazione giovanile (ma non per quella femminile, dove rimane nella media).

La strategia europea per l'idrogeno

A dicembre 2020 la Commissione europea ha dato il via libera alla nuova Strategia per l’idrogeno: per la priva volta l’Ue esclude oleodotti e gasdotti dai finanziamenti, ma si apre alle reti per il trasporto e lo stoccaggio dell’idrogeno. Gli obiettivi principali sono due: sostituire il carbone e rendere sostenibile la produzione di idrogeno.

 Il piano prevede sia di investire un nuove reti, ma anche di modernizzare quelle esistenti, per integrare l’idrogeno verde nelle strutture già in piedi. La Commissione poi intende migliorare i collegamenti con le zone isolate o di frontiera, e semplificare permessi e autorizzazioni per l’apertura di nuove reti a idrogeno. L’obiettivo all’orizzonte è la neutralità climatica entro il 2050, e la riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030.

La Strategia europea però ha ricevuto alcune critiche dalle associazioni ambientaliste, secondo cui oggi la maggior parte dell’idrogeno è prodotto rilasciando grandi quantità di anidride carbonica nell’ambiente. Bisognerebbe quindi prima riconvertire tutte le centrali verso la produzione di idrogeno completamente rinnovabile.

Nonostante queste critiche, l’Italia e l’Unione europea considerano l’idrogeno verde come la chiave di volta della transizione ecologica. In loro soccorso vengono anche i dati economici della produzione dell’uso di questo strumento. Secondo uno studio di Fuel Cells and Hydrogen Joint Undertaking (FCH JU), una partnership integrata di realtà pubbliche e private legate al mondo dell’idrogeno, questo potrebbe coprire il 24% del fabbisogno energetico europeo, generare 820 miliardi di entrate e creare 5,4 milioni di posti di lavoro da qui al 2050 in Europa. Secondo ENEA, 500mila di questi posti di lavoro sarebbero in Italia nei prossimi 30 anni. Scorrendo ancora il report di FCH JU si legge che l’uso dell’idrogeno potrebbe abbattere la produzione di Co2 di 560 milioni di tonnellate da qui al 2050, metà di quelle che servono per rientrare nell’obiettivo dei 2°.

Sono dati che ispirano fiducia, che in altri Paesi europei è ancora più evidente. La Germania ha investito nove miliardi sulla produzione di idrogeno, e si propone come leader mondiale. In Italia per qualche tempo si è puntato sull’idrogeno blu, quello cioè proveniente dal gas e produttore di Co2. Secondo l’Eni, però, basta stoccare la Co2 e non disperderla nell’ambiente. Un’idea che però non piace alla Commissione europea, che l’ha stoppata mentre era già in cammino verso l’Ilva di Taranto, per darle nuova vita.

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