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Giovedì, 28 Marzo 2024
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"Servono programmi di studio più omogenei in Europa"

Paolo Mauro, 17 anni da Cosenza, racconta la sua esperienza alla Conferenza sul futuro dell'Europa

Più impegno per la scuola e l'istruzione: è questa la proposta che Paolo Mauro ha potuto sviluppare nei tre giorni che ha passato a Strasburgo, alla Conferenza sul Futuro dell'Europa. Paolo ha 17 anni e viene da Cosenza: “mi sono sempre chiesto se l’Ue è davvero un’unione o è un’élite - dice - Vengo da una regione difficile, la Calabria, e so sulla mia pelle che i territori da soli non possono andare da nessuna parte. Credo che sia importante l’unità all’interno dell’Ue perché non si amplifichi la differenza tra paesi di serie A e di serie B, che secondo me esiste già. L’obiettivo dell’Unione europea deve essere presentarsi come comunità al mondo, non semplicemente stare insieme e isolarsi dal resto”.

Qual è il tema che pensi sia più importante nel dibattito europeo?

L’istruzione, perché c’entra con il mio presente di studente e con il futuro da insegnante di fisica che vedo per me. Bisogna lavorare su un alto livello di istruzione fin da quando i bambini sono piccoli: non ci sono più grandi ostacoli che impediscano di raggiungere questo obiettivo, non ci sono guerre né miseria.

Come può aiutare l’Europa? O cosa dovrebbe fare?

Ci sto ancora pensando, un grande passo e l’ho proposto potrebbe essere l’uguaglianza nei programmi di studio, ovviamente rispettando le dovute differenze culturali. È  necessario, secondo me, avere degli obiettivi minimi sull’istruzione che siano comuni a tutti gli europei. L’Europa deve rendere i suoi insegnanti una comunità, e ascoltarli per definire questi obiettivi minimi. Così si insegna anche la tolleranza.

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Come si vive l’Europa dalla sua estrema periferia, la Calabria?

Prima di tutto dovresti chiedermi se la si vive. A scuola non se ne parla ed è un problema serio, perché molti ragazzi della mia età sentono parlare di partiti che dicono di uscire dall’Unione europea, si chiedono perché qualcuno ha questa opinione e non trovano altre opinioni o non sanno ribattere alle argomentazioni. Io so che è impossibile uscire dall’Europa, e dopo questi tre giorni di dialoghi ho anche gli strumenti per discutere con chi invece pensa che staremmo meglio da soli. Ho approfondito, so quanto è importante discutere anche con Paesi con cui non abbiamo nulla in comune. Sono un pozzo di domande ma sto trovando risposte.

Come sono andati i giorni a Strasburgo?

Ho trovato risposte a tante delle mie domande. Qui si è creata una comunità molto variegata, salgo in ascensore e mi trovo a discutere con qualcuno che non parla la mia lingua. Ho parlato del problema della plastica in mare con un signore danese che era seduto di fianco a me in plenaria. Ci sono tanti punti di vista diversi. Visioni diverse. Abbiamo prima buttato giù le nostre idee sull’Europa, le abbiamo raccolte e approfondite pensando al 2050, abbiamo individuato dei macroargomenti, solidarietà, trasporti, climate change, istruzione.

Cosa porti a casa da questi tre giorni?

Volevo già studiare all’estero, scappare da dove abito. Questi tre giorni hanno sicuramente acuito questa necessità. Non per forza in Europa, anche nel resto del mondo, ma grazie all’Europa è più facile affacciarsi al mondo.

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