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Martedì, 23 Aprile 2024
EuropaTalk

"Grazie a social e Fedez ho parlato alle gente dei disabili, ora al Parlamento Ue per promuovere il diritto alla mobilità"

Intervista a Cris Brave, influencer, attivista e assistente parlamentare a Bruxelles: "Ecco cosa chiedo all'Europa"

Dai social a San Siro con Fedez, e da qui al Parlamento europeo per contribuire a riformare le politiche Ue per i disabili, in particolare quelle che dovrebbero garantire un diritto ancora negato, il diritto alla mobilità. È l’incredibile viaggio di Cristiano Rossi, alias Cris Brave, influencer, artista e attivista per i diritti delle persone con disabilità. Classe 1997 e affetto da tetraparesi spastica, Cris ha usato i social per portare all'attenzione dell'opinione pubblica le istanze dei diversamente abili. Lo ha fatto con successo, usando l'ironia e sfuggendo a narrative pietiste. E adesso vuole tradurre la sua campagna di sensibilizzazione in atti concreti: prima con una collaborazione a distanza, ora con un posto da tirocinante nell'ufficio dell'eurodeputata 5 stelle Chiara Germma, Cris vuole contribuire a rendere l’Europa più inclusiva e accessibile per tutti. "La burocrazia è il primo ostacolo da abbattere, perché il tempo è il regalo più prezioso che nella vita ci è stato dato e le istituzioni non possono arrogarsi il diritto di rubarcelo", ci dice in un'intervista realizzata a Bruxelles in occasione della Giornata mondiale della disabilità.

Cris, quale è stato il tuo percorso, come sei arrivato fino al Parlamento europeo?
Ho incominciato il mio percorso sui social, volevo che le mie parole arrivassero a tutti, a me non piace parlare solo ai disabili, a me piace parlare a tutti, perché per me siamo tutti persone con le nostre difficoltà, e una difficoltà non vale di più di un’altra. Ho iniziato facendo video, poi ho incontrato altri youtuber, come per esempio i the Show che mi hanno aiutato in questo percorso, poi sono stato invitato a Le Iene e in mezzo a tutte queste cose c’è stato l’exploit che ho avuto con Fedez, che mi ha dato la possibilità di esibirmi a San Siro davanti a migliaia di persone. Durante questo percorso ho cercato di mettere a punto delle idee, perché va bene tutto, vanno bene i numeri, ma se non si hanno delle idee concrete, un progetto non si va da nessuna parte.

Come è nata la tua collaborazione con l’eurodeputata Gemma?
Quando ho iniziato a buttare giù delle idee, dei progetti ho iniziato a proporli e Chiara mi ha risposto. Inizialmente abbiamo iniziato la nostra collaborazione a distanza, causa pandemia, poi tramite una cooperativa e degli sponsor che stanno pagando l’assistente sono riuscito a continuare l’esperienza direttamente a Bruxelles.

Tra le tante battaglie che state portando avanti c’è il progetto pilota sulle disabilità, che prevede la creazione di una app, in cosa consiste esattamente?
É una piattaforma che serve a far incontrare le persone con disabilità con degli assistenti secondo un principio di affinità elettiva, di interessi e di passione in comune. Ti colleghi con uno psicologo esperto di disabilità che traccia il tuo profilo psicologico, e quello dell’assistente tramite dei test. Dato che i due passano tantissimo tempo insieme è importante che si abbiano delle passioni e degli interessi comuni. L’app dovrebbe essere un aiuto alla vita sociale degli individui, perché si tolga quest’immagine che le persone con disabilità evidenti debbano stare sempre con i propri genitori o comunque in contesti del genere.

A che punto è il progetto?
Dovevano darci dei fondi ma il progetto ha ricevuto una valutazione C, che significa che il progetto non è finanziabile, perché secondo loro esistono già dei social network, ma non hanno niente a che fare con quello che vogliamo fare noi, non esiste nessun tipo di filtro, nessun tracciamento del profilo psicologico. Adesso l’idea è  quella di provare a riproporre il progetto prossimamente.

Ho saputo che stai scrivendo due interrogazioni sul diritto alla mobilità che l’onorevole Gemma presenterà alla Commissione, di cosa si tratta nello specifico?
Una delle due è legata all’app. Contestiamo le ragioni che hanno spinto la commissione a darci una valutazione C. Nelle giustificazioni che ci hanno dato per il rifiuto del progetto hanno scritto che esiste già Eures (il portale europeo della mobilità professionale, ndr) ma quell’applicazione non va bene, non c’è nessun filtro non è adatto alle persone con disabilità. L’altra invece è sui diritti dell’individuo, i diritti fondamentali, ovvero come l’Ue ha intenzione di far rispettare questi diritti fondamentali. Perché sulla convenzione delle Nazioni Unite sulla disabilità c’è scritto che ogni essere umano ha il diritto di scegliere come vivere, dove vivere e con chi vivere però nella pratica questo non accade. Quindi vorremmo sapere cosa ha intenzione di fare la Ce perché questi diritti fondamentali vengano rispettati.

Lo scorso marzo è stata presentata dalla Commissione la nuova strategia per i diritti delle persone con disabilità, secondo te ci sono delle mancanze nel testo? avrebbero dovuto fare qualcosa di più?
Quello che mi sembra più assurdo è che nel testo c’è tutto, hanno tutte le soluzioni, il problema sono i tempi dilatati, e gli Stati che non applicano le direttive, tante belle parole ma un nulla di fatto. Io non sto dando contro alla Commissaria Dalli (commissario europeo per l'uguaglianza, ndr), anzi, la inviterei a intavolare un dialogo costruttivo con noi per ascoltare il nostro punto di vista, non vogliamo creare un muro, ma anzi creare un dialogo. Enti come l’Unione europea hanno in custodia il tempo delle persone, che è il regalo più prezioso che nella vita ci è stato dato, il problema è che non sappiamo quanto ce ne rimane, e queste persone che lavorano a certi livelli, non possono permettersi di prendere in custodia il mio tempo, perché sennò, non fai quel lavoro. Questo continuo rinviare, dilatare i tempi, significa compromettere il mio futuro.

Nel 2016, sei Paesi, tra cui l’Italia e il Belgio hanno creato la European disability card, il progetto sta funzionando veramente? È un aiuto concreto al diritto alla mobilità?
Se ti posso dire la mia, i risultati si vedranno quando tutti i Paesi inizieranno ad applicarla. Teoricamente entro il 2023 il progetto dovrebbe entrare in applicazione in tutti i paesi dell’Unione. Questo garantirebbe alle persone una mobilità molto più agevolata e un riconoscimento dei diritti, cosa che oggi non avviene perché quando si passa da uno stato all’altro spesso bisogna riiniziare tutte le procedure perché alcuni diritti non vengono riconosciuti, e questo genera problemi lavorativi, di formazione, di istruzione, e la mancanza di accesso a determinati servizi che uno Stato può offrire.

Quali sono le richieste fondamentali all’Ue?
Sicuramente la più importante è l’assistenza gratuita perché a volte i genitori non ce la fanno, sia economicamente, sia psicologicamente. Si rovina il rapporto con i figli, perché se i genitori oltre a quello devono fare al figlio anche da assistenti personali si crea un corto circuito che poi diventa impossibile da spezzare. E poi vi è anche l’accessibilità alla vita di tutti i giorni, parlo dell’andare nei locali, alle feste. È giusto che soprattutto nei paesi del primo mondo, che si ritengono quindi sviluppati le persone non debbano sopravvivere ma possano vivere. Le istituzioni devono dare a tutti la possibilità almeno di andare in panchina, se non lo fai nemmeno iscrivere al campionato diventa una cosa molto difficile. Ognuno dovrebbe avere lo stesso diritto e la stessa possibilità di tutti di giocarsi la partita, poi sta a lui come giocarsela.

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