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Giovedì, 25 Aprile 2024
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"La Conferenza sul futuro dell’Europa è a rischio flop"

La denuncia del Parlamento europeo: nonostante una piattaforma online aperta a tutti e un'assemblea di 800 cittadini per riformare l'Ue, l'iniziativa non decolla

Il più grande esperimento di democrazia partecipativa della storia dell'Unione europea rischia il flop. È il timore rilanciato dal Parlamento Ue, l'istituzione che forse più di tutti ha scommesso sulla Conferenza sul futuro dell’Europa, l'iniziativa lanciata 6 mesi fa e che sta mettendo intorno allo stesso tavolo cittadini, deputati e rappresentanti di Stati membri e Commissione per discutere e soprattutto proporre misure per ridisegnare l'Ue.

La Conferenza, che è aperta ai contributi di tutti gli europei con un'apposita piattaforma online, si poggia sul lavoro di 800 cittadini, i quali, divisi in 4 panel tematici, si sono incontrati a Strasburgo e in altre città del Vecchio Continente, per elaborare un primo pacchetto di proposte. Una delegazione di cittadini ha già avuto un primo confronto con eurodeputati, parlamentari nazionali e altri esponenti istituzionali e non in quella che è la Plenaria della Conferenza, l'organo che produrrà il documento finale con i progetti di riforma discussi, elaborati e votati in tutto questo percorso di democrazia partecipativa. Per una Unione europea accusata di essere spesso troppo distante dai cittadini, si tratta certamente di un test importante. Ma al Parlamento Ue c’è un dubbio che serpeggia, e che sta facendo preoccupare più di qualcuno: è lo spettro dell’indifferenza, la prospettiva che, in fin dei conti, questa Conferenza non è ancora decollata. E la Primavera 2022, ossia il periodo in cui dovrebbe concludersi l'iniziativa, si avvicina.

Una posizione del Parlamento?

Le preoccupazioni sono emerse con forza durante una recente riunione della commissione Affari costituzionali del Parlamento: “Dobbiamo concentrarci sulla fase di realizzazione della Conferenza”, ha dichiarato Danuta Maria Hübner dei Popolari (Ppe), sottolineando che l’iniziativa “dev’essere orientata a trovare delle soluzioni e (che) dobbiamo concentrarci sul tipo di output che vogliamo ottenere”.

Una discussione interna all’Europarlamento dunque, tramite cui l’aula possa definire una posizione comune sui vari temi trattati nella Conferenza. Dello stesso avviso anche i Socialisti (S&D) e i Verdi, che da tempo chiedono una risoluzione dell’Eurocamera.

Ma i liberali di Renew Europe frenano: forse non è prudente, ha sostenuto Pascal Durand, che il Parlamento adotti delle posizioni “a monte”, cioè prima che i cittadini abbiano deliberato autonomamente. Se questo avvenisse, ha sottolineato, rischierebbe di condizionare il lavoro dei cittadini stessi.

Risultati concreti

Dai Verdi, è Daniel Freund a esprimersi in maniera più diretta: “Sono sempre più preoccupato della direzione di questa Conferenza. Credo che l’interesse nei suoi confronti stia calando”. “La plenaria di dicembre era il momento per discutere di questioni concrete, ma ora è stata posticipata e non si sa neanche a quando”, ha lamentato. Infatti, mentre la plenaria della Conferenza, originariamente fissata per il weekend del 18-19 dicembre, è stata rinviata sine die, la plenaria “normale” del Parlamento, prevista per la prossima settimana, è confermata. 

La questione fondamentale, ora, è “cosa ne verrà fuori”. “Noi come Parlamento europeo dobbiamo fare tutto quello che possiamo per assicurarci che le proposte (dei cittadini, ndr) ottengano un largo appoggio”, ha proseguito Freund. “Dobbiamo prenderci l’impegno di attivare qualunque meccanismo” che consenta di realizzare quanto viene proposto, “inclusa anche la modifica dei trattati”.

“Il momento è critico” anche per Helmut Scholz, della Sinistra (Gue), perché “sta svanendo la speranza che la Conferenza produca dei risultati”. Si tratta di un grosso problema, ha continuato, perché “c’è stata una promessa da parte dell’Ue, e ora dobbiamo onorarla”. Quanto al Parlamento, ha sottolineato che esso ha tutto “l’interesse a ottenere un successo sulla strada del rafforzamento democratico”. E chiede, come Freund, che ci sia più trasparenza e più pubblicità dell’iniziativa, anche tramite un maggior coinvolgimento dei mezzi d’informazione.

La parola ai numeri

Come sempre, i numeri parlano chiaro. Il terzo rapporto di medio termine sulla piattaforma multilingue ha presentato i dati aggiornati allo scorso novembre. Da quando la piattaforma è online, un totale di 29.012 contributi sono stati raccolti, di cui 9.337 idee e 3.658 eventi (i restanti 16.017 sono commenti degli utenti). Dopo un picco di 866 contributi nella giornata dell’Europa (9 maggio), la media è crollata intorno al centinaio al giorno. Considerato che il sito è attivo dal 19 aprile e che i cittadini europei sono circa 447 milioni, è evidente che si tratta di cifre piuttosto modeste, ben distanti da quel trionfo di partecipazione popolare che i promotori della Conferenza vorrebbero dipingere.

Secondo l’analisi, gli argomenti che hanno stimolato più interazioni finora sono quelli della democrazia europea (5.104) e del cambiamento climatico e l’ambiente (4.854). Al terzo posto si posiziona la categoria “altro” (3.608), dove gli utenti possono aggiungere qualunque contributo che non si riferisca specificamente ad uno dei nove “macrotemi” della Conferenza. Paradossalmente, nonostante lo stravolgimento causato dalla pandemia da Covid-19, il tema della salute è in fondo alla classifica con 1.413 contributi. 

Se si considerano i contributi su base nazionale, la Germania è il Paese con il numero assoluto più alto (5.289), ma se si tiene conto della proporzione degli interventi sulla popolazione allora si portano in testa gli Stati più piccoli, Malta su tutti (180 contributi ogni milione di abitanti dal lancio della piattaforma). Dall’8 settembre al 3 novembre (il periodo preso in esame dal rapporto intermedio), la Germania si è confermata il Paese con più contributi (848), ma in rapporto alla popolazione il primato va all’Ungheria con 52 interventi per milione di abitanti (per i tedeschi, questa cifra scende a 10). In termini assoluti, l’Italia si è posizionata quarta in questo periodo (396 contributi), ma in termini relativi è quartultima (7 per milione).

Quanto alla demografia degli utenti, la fascia d’età più attiva (tra chi ha dichiarato la propria) è stata quella tra i 55 e i 69 anni, seguita a ruota da quella tra i 25 e i 39. A livello di genere, invece, il 57% degli interventi proviene da uomini, il 15% da donne, mentre nel 28% dei casi non è stato specificato.

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