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Giovedì, 18 Aprile 2024
EU4Future

Primo faccia a faccia tra cittadini e politici a Strasburgo. E prime polemiche

Il debutto del "parlamento" congiunto della Conferenza sul futuro dell’Europa: "La partecipazione civica non diventi uno specchietto per le allodole"

A parole sembrava tutto perfetto: le istituzioni Ue che chiamano i cittadini a partecipare, da protagonisti, per prendere insieme le decisioni sul futuro dell’Unione. Ma quando è arrivato il momento dell’incontro tra i cittadini e i rappresentanti politici, il sentimento di molti è stato di spaesamento e, per alcuni, anche di delusione. I problemi principali, a detta dei partecipanti, sono stati l’assenza di un dibattito vero e proprio sui vari temi (forse troppi e troppo ampi) e un’organizzazione carente delle attività. E, nella due giorni della plenaria a Strasburgo, i politici si sono mostrati poco disponibili all’ascolto, lamentano alcuni dei delegati dei 200 cittadini selezionati per la Conferenza sul futuro dell'Ue. 

Il mancato confronto

Dopo aver partecipato ai quattro panel tematici in cui è divisa la Conferenza, lo scorso fine settimana, gli 80 delegati hanno potuto confrontarsi per la prima volta con il resto del "Parlamento" della Conferenza, ossia con eurodeputati, rappresentanti dei parlamenti nazionali e delle istituzioni Ue. Luogo dell'appuntamento, come nei quattro panel precedenti, è stato la sede del Parlamento europeo a Strasburgo. 

Il primo giorno di lavori, cittadini e politici sono stati smistati in nove gruppi di lavoro, ognuno dei quali riprendeva uno dei temi intorno cui si concentra la Conferenza. E qui è scattato il primo problema: nel tempo limitato a disposizione, per dare la parola a tutti (40-50 membri per gruppo), si è finiti per raccogliere un elenco di dichiarazioni personali non sempre pertinenti tra loro, anziché una discussione articolata. È critica su questo aspetto Chiara Alicandro, una partecipante dalla provincia di Latina che nella vita si occupa di consulenza del lavoro: “Mi aspettavo un effettivo dibattito, ma così non è stato. Abbiamo semplicemente espresso le nostre opinioni, uno per uno”, ma “non c’è stato un vero e proprio confronto e questo mi ha lasciata un po’ perplessa”, confessa.

Proclami propagandistici

I partecipanti si sono anche lamentati dello “sbilanciamento” delle discussioni (laddove ce ne sono state) a favore dei vari rappresentanti istituzionali, evidentemente più abituati a queste dinamiche rispetto ai cittadini. Ma non solo: in molti hanno descritto gli interventi dei membri politici come dei “manifesti”, dei “proclami propagandistici” che sembravano già scritti ancor prima del dibattito. E diversi hanno lamentato lo scarso feedback ricevuto dai parlamentari: dicono tutti “di volerci ascoltare”, ma poi continuano a dire le solite cose senza prestare davvero attenzione “alle nostre idee”, dice uno dei delegati dei cittadini. “Noi siamo semplici cittadini e nella vita non ci occupiamo di politica”, ha aggiunto Chiara: “Vorremmo che qualcuno rispondesse ai nostri dubbi e alle nostre perplessità ma anche alle nostre iniziative, dandoci delle motivazioni valide”.

Carenze organizzative

Secondo molti partecipanti, questi problemi sono stati dovuti soprattutto alla mancanza di un’agenda precisa, un ordine del giorno che indirizzasse le discussioni nei gruppi e indicasse quali temi toccare per strutturarvi intorno un dibattito: meno argomenti, ma un’analisi più approfondita è il mantra che si sentiva ripetere. Viceversa, senza una roadmap di qualche tipo è stato impossibile dare coerenza ai tanti contributi offerti: si sono avute “conversazioni fluide”, senza soluzione di continuità, in cui non c’era alcun “contraddittorio” (il classico botta e risposta) dal quale potesse prendere forma un dialogo.

Qualcuno si è spinto addirittura a proporre di togliere i politici dall’equazione, per lo meno in questa fase, sostenendo che è ancora presto per affiancarli ai cittadini. E proprio per fornire contributi più ragionati, alcuni avrebbero gradito una qualche preparazione, magari sulle modalità di lavoro o sui temi specifici. Infatti, lo smistamento nei gruppi è avvenuto a ridosso dell’inizio dei lavori, con scarso preavviso per i delegati che non hanno così potuto approfondire gli argomenti cui erano assegnati (che, spesso, era diverso da quello di cui avevano discusso nel proprio panel “originario”).

Specchio per le allodole

Insomma, una doccia fredda per molti partecipanti, che si sono espressi con toni amareggiati o, talvolta, disillusi. C’è da dire che non per tutti il lavoro nei gruppi è stato da buttare: per alcuni, infatti, la combinazione di una “leadership” dinamica e di argomenti più delimitati e meno astratti ha permesso un confronto soddisfacente. Ma per la maggior parte l’esperienza della plenaria non ha retto il confronto con quella dei quattro panel, composti solo da cittadini (200 ciascuno) e dove la discussione è stata più proficua. Lì, secondo Chiara, “c’è stato un confronto più attivo perché ci siamo scambiati idee, ci siamo arricchiti l’uno con l’altro e abbiamo creato nuovi spunti”, mentre stavolta quelle espresse “mi sembravano tutte idee che svaniranno e non avranno un seguito”.

Se durante l’incontro del panel si è sentita “molto più motivata”, ora “mi è sembrato quasi uno specchietto per le allodole: sì, abbiamo espresso tutti il nostro parere, ci hanno dato modo di parlare, ma in realtà è rimasto tutto in aria senza un vero e proprio riscontro da parte di nessuno”. Questa impressione di generale disinteresse per il parere dei cittadini è stata aggravata anche dal fatto che, il secondo giorno, molti tra politici e rappresentanti istituzionali hanno abbandonato la seduta plenaria mentre il dibattito era ancora in corso. Come testimoniano alcune foto scattate dai partecipanti, alla conclusione dei lavori in aula erano rimaste poche decine di persone, in larghissima parte cittadini: all’inizio, ce n’erano diverse centinaia.

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