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Martedì, 23 Aprile 2024
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Case della Comunità per malati cronici: gli investimenti del Recovery sulla salute

Dalla telemedicina all’assistenza domiciliare. Ecco come i fondi Ue permetteranno alla sanità pubblica italiana di rialzarsi dopo il Covid

Strutture capaci di offrire assistenza sanitaria nei territori dove oggi si fa fatica anche a trovare un medico di famiglia e alle quali verrà assegnato anche il compito di assistere i malati cronici, avvicinando la sanità pubblica al paziente. L’idea delle Case della Comunità, unita al rafforzamento dell'assistenza domiciliare e allo sviluppo della telemedicina, è contenuta nel Piano nazionale di ripresa e resilienza presentato dall’Italia. Il disco verde dell’Ue all’uso del Recovery Fund per queste strutture stabilisce la tabella di marcia per metterle in piedi. 

“Il progetto di investimento - si legge nel documento della Commissione europea che lega i finanziamenti Ue al raggiungimento degli obiettivi - consiste nella creazione e nell'avvio di almeno 1.250 Case della Comunità, attraverso l'attivazione, lo sviluppo e l'aggregazione di servizi di assistenza di base e la realizzazione di centri di assistenza (efficienti sotto il profilo energetico) per una risposta integrata alle esigenze di assistenza”. Le strutture, come precisato nel piano italiano, vanno incontro alla consolidata tendenza della popolazione del Belpaese verso l’invecchiamento e alle nuove necessità emerse durante la pandemia. 

Il Covid-19, si legge nel Pnrr, “ha reso ancora più evidenti alcuni aspetti critici di natura strutturale, che in prospettiva potrebbero essere aggravati dall’accresciuta domanda di cure derivante dalle tendenze demografiche, epidemiologiche e sociali in atto”. Se ciò non bastasse, il governo ha ammesso che vi sono “significative disparità territoriali nell’erogazione dei servizi, in particolare in termini di prevenzione e assistenza sul territorio”, unite a “un’inadeguata integrazione tra servizi ospedalieri, servizi territoriali e servizi sociali”, “tempi di attesa elevati per l’erogazione di alcune prestazioni” e “una scarsa capacità di conseguire sinergie nella definizione delle strategie di risposta ai rischi ambientali, climatici e sanitari”. Motivi che hanno spinto l’esecutivo italiano a chiedere all’Europa 2 miliardi di euro per la creazione delle nuove strutture di cura sui territori e 4 miliardi per un piano di investimenti che ‘incorona’ le case degli italiani come “primo luogo di cura e telemedicina”. 

“L’obiettivo - si legge nel documento Ue - è portare il numero di persone prese in carico nell'assistenza domiciliare al 10% della popolazione di età superiore ai 65 anni attraverso investimenti in strumenti informatici e una più ampia offerta di servizi”. Tra gli interventi previsti c’è inoltre la creazione di 602 “centrali operative territoriali”. Avranno la funzione di “collegare e coordinare i servizi domiciliari con vari servizi territoriali, sociosanitari e ospedalieri e con la rete di emergenza”. 

Quanto alla cosiddetta telemedicina, la Commissione ha garantito che finanzierà “progetti che consentano interazioni medico-paziente a distanza, in particolare la diagnostica e il monitoraggio”, ma anche di “creare una piattaforma nazionale per lo screening di progetti di telemedicina”e "finanziare iniziative di ricerca ad hoc sulle tecnologie digitali in materia di sanità e assistenza".

Oltre alle Case della Comunità, le risorse del Recovery Fund sosterranno anche la realizzazione di almeno 380 Ospedali di Comunità, ossia strutture sanitarie “destinate a pazienti che, a seguito di un episodio di lieve acutezza o di recidiva di patologie croniche, necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica e per degenze di breve durata”. Un intervento al quale sarà dedicato un miliardo di euro del fondo di ripresa. 

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