Europa e Usa litigano per l'auto elettrica. Mentre la Cina impone i suoi modelli
Gli Stati Ue contro il piano di Biden per incentivare l'acquisto di veicoli elettrici prodotti in Nord America. Sullo sfondo il peso, anche commerciale, di Pechino
L'era Trump e le battaglie su aerei e acciaio sembravano ormai un ricordo del passato. Ma la corsa alla transizione ecologica e la necessità di ridurre la dipendenza dalla Cina hanno riacceso lo scontro commerciale sull'asse transatlantico. A dividere Usa e Unione europea è l'Inflation reduction act, il maxi piano di investimenti di Washington da 370 miliardi di dollari che prevede sovvenzioni dirette alle aziende statunitensi che operano nel green. E che contiene incentivi a comprare veicoli elettrici solo se made in Usa.
Per gli Stati Ue si tratta di "misure discriminatorie" in particolare per le case automobilistiche europee. "Sarò franco: è inaccettabile per l'Ue. Così com'è, questo testo è estremamente protezionista, a scapito dell'export europeo. Questo punto va chiarito", ha sottolineato Jozef Sikela, ministro dell'Industria e del Commercio della Repubblica Ceca (Paese che detiene la presidenza di turno dell'Unione) a margine del Consiglio informale Commercio che si è tenuto a Praga e a cui ha partecipato, in qualità di ospite, anche la rappresentante Usa per il Commercio, Kathrine Tai.
L'incentivo della discordia
A scatenare le ire dei Ventisette è in particolare l'incentivo, fino a 7.500 dollari, riservato a chi vuole acquistare una nuova auto elettrica. Per ottenerlo, il consumatore deve comprare un veicolo rigorosamente assemblato in Nord America e contenente una batteria con una certa percentuale di metalli estratti o riciclati negli Stati Uniti, in Canada o in Messico. Di fatto, dall'incentivo sono escluse le auto prodotte in Ue o in Asia.
"È un problema che preoccupa molti Paesi e aziende, che ho sollevato con i nostri partner statunitensi nelle ultime settimane, e ha avuto un ruolo di primo piano nelle discussioni di oggi. Sembrerebbe che molti dei sussidi ecologici previsti dalla legge possano discriminare le industrie dell'Ue nel settore automobilistico, delle energie rinnovabili, delle batterie e ad alta intensità energetica", ha confermato il vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, che ha la delega al Commercio internazionale.
Per far fronte al rischio di un nuovo braccio di ferro con gli Usa presso l'Organizzazione mondiale del commercio, l'Ue ha istituito una task force che si dovrebbe riunire nei prossimi giorni. Ma l'impressione è che a Bruxelles pesino di più le divisioni interne sulla Cina che quelle nei confronti di Washington. Al netto delle mosse di Joe Biden, che sta cercando di recuperari consensi in vista delle elezioni di medio termine, il convitato di pietra delle tensioni transatlantiche è Pechino.
La Cina sugli scudi
La Cina ha cominciato a inviare i suoi modelli di auto elettrica a prezzi più che competitivi sul mercato europeo, in un momento in cui i produttori Ue faticano a consegnare auto ai loro clienti per via dei problemi nella catena di approvvigionamento dei componenti essenziali, come i microchip o le stesse batterie. Per mettere un freno a questa invasione, il gruppo Stellantis ha proposto di alzare i dazi alle importazioni di auto cinesi, ma le grandi case automobilistiche tedesche (da Wolkswagen a Mercedes, passando per Bmw) temono ritorsioni commerciali da Pechino che comprometterebbero la loro produzione, fortemente dipendente dai pezzi assemblati in Cina (come Tesla del resto).
Emmanuel Macron vorrebbe un pugno più duro, anche nei confronti delle misure protezionistiche Usa, e ha paventato la possibilità di un Buy European Act, ossia di una legge europea che favorisca l'acquisto di beni prodotti in casa. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz non si è pronunciato in merito all'idea del collega francese, ma a Berlino non escludono il ritorno di una guerra sui dazi con Washington come ai tempi di Trump.