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Venerdì, 29 Marzo 2024
L'intesa / Israele

L'Ue si affida a Egitto e Israele per aumentare le sue forniture di gas

Gli idrocarburi di Tel Aviv verranno pompati nel Paese nord africano dove saranno trasformati in Gnl. Le forniture potrebbero essere più semplici se la Turchia non bloccasse il gasdotto EastMed

Nel suo tentativo di rimpiazzare le forniture di gas russe, Bruxelles ha trovato due nuovi alleati (o meglio fornitori). L'Unione europea ha firmato un memorandum d'intesa con Israele ed Egitto. "Con questo accordo lavoreremo sulla fornitura stabile di gas naturale all'Ue dalla regione del Mediterraneo orientale. Ciò contribuirà alla nostra sicurezza energetica. E stiamo costruendo infrastrutture adatte alle energie rinnovabili, l'energia del futuro", ha rivendicato in un tweet la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.

Il gas sarà esportato da Israele in Egitto con un gasdotto e lì verrà liquefatto per essere trasportato con navi verso l'Europa. “È un accordo storico che segna l'inizio di una lunga storia energetica di successo nella regione", ha sostenuto von der Leyen. Il memorandum “è un impegno a condividere il gas con l'Europa e ad aiutarla a diversificare le sue fonti energetiche", ha affermato la ministra israeliana per l'Energia, Karine Elharrar, spiegando che il patto avrà una durata di 3 anni, prorogabile automaticamente per altri due. La firma arriva al termine del viaggio di due giorni che ha visto la presidente della Commissione visitare le due nazioni. Von der Leyen ha ricordato che l'Unione Europea "era il più grande, il più importante cliente del fornitore russo per petrolio, gas e carbone" ma l'invasione dell'Ucraina "e il tentativo della Russia di ricattarci attraverso l'energia" ha spinto l'Ue "a tagliare e liberarci dalla dipendenza dai combustibili fossili russi, e ad allontanarci da Mosca diversificando verso fornitori affidabili".

Il ministro del petrolio egiziano Tarek el-Molla ha descritto l'accordo come "un'importante pietra miliare" per la cooperazione tra Egitto, Israele e Ue, sostenendo che porterà a un'ulteriore cooperazione tra i membri dell'East Mediterranean Gas Forum, che comprende Giordania, Israele, Cipro, Grecia, Egitto, Autorità Palestinese, Francia e Italia. L'Egitto è stato il primo Paese arabo a fare pace con Israele, nel 1979, ma gli accordi economici non sono sempre stati accettati con facilità nella nazione più popolosa del mondo arabo, dove il sostegno popolare ai palestinesi è molto alto. Israele ha due giacimenti di gas operativi al largo della costa mediterranea contenenti circa 690 miliardi di metri cubi di gas naturale combinati e un terzo impianto offshore è in costruzione. Tel Aviv ha già firmato accordi di esportazione di gas con i vicini Egitto e Giordania.

Anche Il Cairo ha risorse che potrebbe sfruttare meglio, ma i suoi estesi impianti di gas naturale nel Mediterraneo sono rimasti in gran parte inattivi dalla rivolta del Paese del 2011 che ha portato alla caduta del presidente Hosni Mubarak, che era al potere da 30 anni. Adesso il governo del presidente Abdel Fattah el-Sissi, salito inizialmente al potere con un colpo di Stato e poi eletto in due diverse tornate elettorali in elezioni nelle quali sostanzialmente non aveva avversari, ha riabilitato e modernizzato le strutture. Nel 2018, l'Egitto ha firmato un accordo da 15 miliardi di dollari con la società israeliana Delek Drilling e il suo partner statunitense, Noble Energy, per il trasporto di gas naturale.

Le esportazioni israeliane di gas in Europa potrebbero essere molto maggiori se si portasse a termine il gasdotto EastMed, progetto da sei miliardi di euro annunciato nel 2020 con un accordo firmato tra Cipro, Grecia e Israele per la costruzione di una conduttura di 1.900 chilometri capace di trasportare dai 9 ai 12 miliardi di metri cubi all'anno di idrocarburi. Il progetto, che interessa anche l'Italia, visto che gli idrocarburi dalla Grecia poi verrebbero pompati nel nostro Paese attraverso il Poseidon, un altro gasdotto che potrebbe affiancare il Tap. Ma il progetto è congelato in quanto la Turchia protesta sostenendo che il percorso pianificato attraverserebbe il territorio marittimo rivendicato da Ankara nella parte nord di Cipro, che è sotto sua occupazione dal 1974.

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