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Venerdì, 29 Marzo 2024
Occupazione / Spagna

Come la Spagna ha ridotto i contratti precari al minimo storico

Merito è della riforma del lavoro introdotta dal governo, che ha favorito soprattutto i più giovani. Ma non mancano i dubbi degli esperti

In Spagna, i contratti precari sono sempre più rari: se negli ultimi anni, rappresentavano mediamente il 30% di quelli stipulati, a novembre la quota era del 15,6%. Merito della riforma del lavoro introdotta dal governo di centrosinistra guidato da Pedro Sanchez. La nuova normativa ha portato a un numero record di contratti a tempo indeterminato, ma ci sono ancora alcune incognite da risolvere e polemiche sui dati della disoccupazione.

Entrata in vigore a fine 2021, la riforma ha avuto come obiettivo principale quello di affrontare il problema della precarietà e dei contratti ultrabrevi, che rappresentavano una realtà endemica e difficile da affrontare per il Paese. I primi risultati sono stati incoraggianti, con un aumento dei contratti a tempo indeterminato. A contribuire al successo del "posto fisso" sono state anche le sanzioni più severe, introdotte da aprile, per punire gli abusi: i contratti più brevi sono diventati così più costosi, con un aumento dei contributi sociali.

Chi sono i beneficiari

I giovani sembrano aver beneficiato maggiormente di questa riforma: se nel novembre 2021, il lavoro temporaneo rappresentava circa la metà degli iscritti alla previdenza sociale nella fascia tra i 20 e i 30 anni, adesso i contratti precari per i più giovani rappresentano il 25%. Anche a livello territoriale, si è registrato un calo generalizzato del tasso di occupazione temporanea, in particolare nelle comunità autonome meridionali, dove era più alto.

Il ministero del Lavoro e il ministero della Previdenza Sociale hanno sottolineato che il cambiamento è "strutturale", il che significa che è destinato a durare nel tempo e a influire sulla struttura del mercato del lavoro. I dati mostrano che l'occupazione temporanea sta diminuendo in tutti i settori, con una maggiore intensità in alcuni settori dove era più alta, come l'edilizia e il settore alberghiero e della ristorazione. Tuttavia, c'è ancora molto lavoro da fare, soprattutto nel settore pubblico, che non sta migliorando allo stesso ritmo del settore privato. Inoltre, se paragonata al resto dell'Ue Spagna ha ancora il secondo più alto tasso di occupazione temporanea del blocco, al 20,2 per cento nel terzo trimestre rispetto al 13,8 per cento della media degli Stati membri.

Polemiche e critiche

Gli specialisti sottolineano che è necessario più tempo, anche anni, per valutare correttamente gli effetti a lungo termine della legislazione. È ancora troppo presto per sapere se questi cambiamenti porteranno a una maggiore stabilità e a un aumento dei salari per i lavoratori. Sarà necessario attendere e osservare gli effetti reali della riforma sulla vita delle persone per determinare se è stata effettivamente positiva.

La riforma del lavoro approvata lo scorso anno ha sollevato anche alcune critiche, soprattutto da parte di coloro che sostenevano che avrebbe portato a una riduzione del numero di contratti firmati e, di conseguenza, a una distruzione di posti di lavoro. Tuttavia, i dati disponibili finora sembrano smentire queste preoccupazioni. In effetti, se è vero che nel novembre 2022 il numero di contratti firmati è stato inferiore del 29,5% rispetto allo stesso mese del 2021 è anche vero che questa riduzione non si è tradotta in una perdita di posti di lavoro.

Al contrario, le iscrizioni alla previdenza sociale hanno superato di mezzo milione la cifra prevista per il 2021, e i dati dell'indagine sulle forze di lavoro (Epa) sono simili. Inoltre, la riforma del lavoro sembra aver avuto un effetto positivo sulla percentuale di giovani che hanno un contratto a tempo indeterminato.

Per quanto riguarda i dati sulla durata media dei contratti, questi restano contraddittori, con alcune fonti che indicano un aumento della durata media dei contratti e altre che segnalano una diminuzione. Da un lato, la Previdenza sociale riferisce che la durata media dei contratti fino a metà novembre era di 48 giorni in più rispetto allo stesso periodo del 2019, il che potrebbe indicare un aumento della stabilità dei contratti a tempo indeterminato.D'altro canto, Adecco - che utilizza i dati dell'Istituto nazionale di statistica  - stima che la durata media dei nuovi contratti creati nel terzo trimestre sia stata di 45 giorni, la più bassa dal 2006, il che potrebbe indicare una minore stabilità dei nuovi contratti.

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