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Giovedì, 25 Aprile 2024
La crisi energetica

Uniti sui vaccini, divisi sull'energia: perché i Paesi Ue non acquistano il gas insieme

Gli Stati membri potrebbero negoziare in blocco i volumi dai fornitori esteri, abbassando i prezzi. Ma il metodo usato contro il Covid resta fuori dai piani (per ora)

L’Unione europea sta provando a porre un freno ai super profitti delle compagnie energetiche di casa, o meglio a prelevare una quota di questi utili straordinari per redistribuirla a famiglie e imprese, alleviando il peso delle bollette. Certo, nella filiera dell'energia, le centrali elettriche europee si stanno avvantaggiando da mesi dei prezzi gonfiati. Ma cosa fare con chi è in cima alla filiera, ossia con i Paesi produtttori che stanno vendendo il gas all'Europa?

Su questo, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, durante il suo discorso sullo Stato dell'Unione a Strasburgo, ha promesso di intervenire. Chiedere ai big del fossile fuori dall'Ue di condividere i profitti sembra impossibile, anche con partner come la Norvegia che fanno parte dello Spazio economico europeo. Un'altra strada è il price cap, ma esperti avvertono che questo potrebbe scontrarsi con le regole del commercio internazionale, ma soprattutto potrebbe tradursi in un autogol, perché chi esporta da noi cercherebbe altri mercati. C'è poi una terza strada, che all'apparenza sembra aggirare i problemi sopra descritti: l'acquisto congiunto di gas. Una misura che l'Ue ha già adottato, anche se in un altro campo, per rispondere a un'altra grande crisi: la pandemia di Covid-19.

La proposta

Già agli albori della guerra in Ucraina (ma anche prima), sul tavolo dei leader europei c'era chi aveva tirato fuori la proposta di creare una piattaforma unica di acquisto del gas sul modello di quanto fatto con i vaccini. Sono passati oltre sei mesi da allora, ma l'idea non si è mai concretizzata, se non nell'elenco dei possibili progetti futuri di RePowerEU, il piano energetico a lungo termine proposto da Bruxelles. Per quello a breve termine, invece, la Commissione ha evitato di farvi cenno. 

Adesso, a rilanciare la piattaforma è stato Charles Michel, presidente del Consiglio degli Stati Ue, che ha ricordato proprio il precedente della pandemia: "Alla fine ci siamo resi conto che se alcuni Stati membri dell'Ue avessero avuto il vaccino ma altri no, ci saremmo trovati a dover affrontare il Covid per molto tempo. Spero che questo buon senso torni anche su questa discussione", ha affermato.

Ma chi sarebbero i Paesi con cui trattare eventualmente gli acquisti? Alla fine, guardando sia al gas naturale che arriva via gasdotto, sia quello liquefatto portato dalle navi, ed escludendo la Russia, il numero di fornitori su cui concentrarsi è esiguo: Norvegia, Algeria, Stati Uniti, Qatar e Nigeria. È da questi Paesi che arriva il grosso degli approvvigionamenti europei. E, grazie ai prezzi elevati, stanno accumulando profitti enormi. Lo dimostrano gli ultimi dati di bilancio delle loro compagnie energetiche. L'algerina Sonatrach, per esempio, ha affermato che i guadagni di petrolio e gas quest'anno raggiungeranno i 50 miliardi di euro, rispetto ai 34 miliardi dell'anno scorso e ai 20 miliardi nel 2020.

I profitti dei signori del gas 

La Norvegia, che è diventata il primo fornitore di gas dell'Ue, stima che i ricavi delle sue aziende fossili arriveranno a 95 miliardi nel 2022, più che il triplo del 2021. Ottimi anche i risultati di chi ci vende il gnl: il valore delle esportazioni del Qatar verso l'Europa sono più che triplicate su base annua e nel secondo trimestre di quest'anno hanno raggiunto il picco più alto degli ultimi 7 anni, e questo nonostante i volumi effettivi siano più o meno gli stessi. Chi ha raddoppiato i volumi sono stati gli Usa: il principale esportatore statunitense, Cheniere Energy, ha da poco alzato del 20% il dividendo annuale per i suoi azionisti. Bene anche la Nigeria, i cui i ricavi della vendita di gas sono aumentati del 64,32% nel primo trimestre del 2022. Una buona notizia anche per l’italiana Eni, la francese Total e l’olandese Shell, che detengono quote della Nigeria Lng Limited, la compagnia nigeriana che invia il suo gas liquefatto nel mondo, e principalmente in Europa. 

I rapporti tra aziende Ue e big stranieri

Il caso nigeriano mostra che l'Ue può avere una leva sulle compagnie estere con cui dovrebbe negoziare, anche per via degli intrecci tra queste società e i big del settore europei. L'Eni, per esempio, oltre alle azioni della Nigeria Lng Limited, ha già dal 2020 una joint venture con Sonatrach, e di recente ha siglato un altro accordo con gli algerini in triangolazione con Total. La Norvegia, poi, pur essendo di fatto fuori dall'Ue, è parte integrante del suo mercato unico, essendo membro dello Spazio economico europeo. I vantaggi di questo legame con Bruxelles sono emersi proprio durante la pandemia, quando il governo di Oslo ha potuto beneficiare degli acquisti congiunti dei vaccini, pagati a un prezzo inferiore rispetto a quello che avrebbe potuto ottenere negoziando da solo con Big Pharma.

I dubbi degli esperti

Perché, allora, i Paesi Ue non hanno finora usato queste leve per negoziare acquisti di gas più convenienti per tutti? Secondo l'agenzia Reuters, "gli acquisti congiunti (di gsa, ndr) non sono decollati in parte perché le grandi economie come la Germania possono assicurarsi accordi bilaterali più facilmente rispetto ai loro partner più piccoli". Il quotidiano Politico, che fa parte del gruppo editoriale tedesco Axel Springer, elenca 5 limiti della proposta: innanzitutto, si rischierebbe di distorcere le norme sulla concorrenza e il mercato energetico internazionale. Un argomento che, però, non si è posto con i vaccini. Ma, per Politico, le ragioni non finiscono qui: una piattaforma comune per gli acquisti potrebbe negoziare solo gli ordini nuovi, e non quelli a lungo termine già siglati. Altro problema è come ripartire i volumi acquistati, cosa che potrebbe innescare conflitti tra Stati membri e tra i governi e le compagnie energetiche. Del resto, c’è l’esempio storico di un fallimento nel creare un sistema simile: quello per l’acquisto congiunto di combustibile nucleare, ostacolato in primis dalla Francia.

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