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Giovedì, 21 Settembre 2023
Ambiente e concorrenza

La nuova tassa ecologista dell'Ue che piace all'Italia: "Aiuterà l'ex Ilva"

Accordo a Bruxelles sul cosiddetto Cbam, che introduce un'imposta parametrata sul "contenuto" di Co2 di alcuni prodotti importati dall'estero come l'acciaio

Una tassa che piace a ecologisti e sovranisti. Piace a chi da tempo chiede una maggiore stretta sull'industria inquinante. Ma anche a chi rivendica la necessità di tutelare le imprese di casa, che devono rispettare standard elevati sull'ambiente, proteggendole dalla concorrenza sleale di quei Paesi terzi dove le leggi sulle emissioni industriali sono molto meno stringenti. Si chiama Cbam, acronimo inglese che sta per "meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera", e si tratta in soldoni di una sorta di imposta aggiuntiva che le industrie extra-Ue dovranno pagare per esportare in Europa e che sarà parametrata alla Co2 emessa per realizzare i loro prodotti. Una tassa proposta nel 2021 dalla Commissione europea e su cui adesso Stati membri e Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo. Con il plauso del governo italiano.

Cos'è il Cbam

Definirla tassa non è proprio corretto: il Cbam consiste nell'applicare alle importazioni di determinati settori un meccanismo simile a quello a cui sono sottoposte le industrie europee di questi settori con il mercato delle quote di Co2, l'Ets. Un'acciaieria Ue, per esempio, deve acquistare sull'Ets i permessi di inquinare in un determinato periodo: se inquina di meno, può rivendere una parte delle quote. Con il Cbam, anche le industrie extra Ue saranno soggette a queste quote: l'importatore dovrà dichiarare le emissioni legate al processo produttivo, e se esse superano lo standard europeo, dovrà acquisire un "certificato di emissione" al prezzo della Co2 nel mercato dell'Ue. Se esiste un mercato Ets nel Paese di provenienza, si pagherà solo la differenza tra il costo pagato in patria e quello del mercato europeo, normalmente più alto. 

La logica delle quote di Co2 è di spingere le industrie più inquinanti a ridurre le loro emissioni. Da tempo, le forze ecologiste europee chiedono che l'Ets venga rafforzato, rendendo l'inquinamento ancora più costoso per i settori coperti dal sistema (industrie pesanti e energetiche) e allargando il sistema ad altri comparti, come i trasporti aerei. Di contro, le lobby industriali europee si oppongono a ulteriori strette ecologiste lamentando che in questo modo i loro prodotti sarebbero svantaggiati rispetto alla concorrenza straniera non solo nei mercati internazionali, ma anche in quello europeo. Il Cbam potrebbe essere la chiave di volta per sbloccare tale impasse.

I settori interessati

La nuova imposta riguarderà "alcuni dei settori a più alta intensità di carbonio: ferro e acciaio, cemento, fertilizzanti, alluminio, elettricità e idrogeno", scrive il Consiglio Ue. Se l'accordo sarà confermato da Stati e Parlamento, il Cbam potrebbe scattare già nell'ottobre 2023. Restano da definire alcuni dettagli, in particolare sulle quote gratuite, ossia i permessi di inquinare di cui godono le imprese Ue nell'ambito dell'Ets e che non richiedono costi aggiuntivi. Si tratta di un dettaglio non da poco, sia per le pressioni del settore industriale europeo (che non vuole perdere le quote gratuite), sia per evitare che il Cbam possa venire ritenuto discriminatorio (e dunque illegale) dall'Organizzazione mondiale del commercio. 

L'Italia, per voce del governo, ha salutato con favore l'accordo a Bruxelles: il Cbam ''ci permette di individuare una strada per tutelare meglio il prodotto siderurgico realizzato in Europa e quindi anche gli stabilimenti siderurgici italiani a Taranto, a Piombino", ha detto il ministro Adolfo Urso. "E' una delle cose che hanno chiesto e per cui siamo impegnati in Europa: creare un contesto favorevole affinché l'ex Ilva - oggi Acciaierie d'Italia - e in generale la siderurgia italiana possa essere davvero competitiva a livello europeo e globale", ha aggiunto. 

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