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Sabato, 20 Aprile 2024
Energia e sicurezza / Francia

Il nucleare francese è pieno di crepe: i privati non investono, e Macron rivuole il monopolio statale

Parigi annuncia l'intento di rinazionalizzare Edf, la società che gestisce le centrali e che ha un debito di 42 miliardi. Sullo sfondo il caro-bollette e la manutenzione dei reattori

"Confermo oggi l'intenzione dello Stato di detenere il 100% delle azioni di Edf". La neo premier francese Elisabeth Borne ha ribadito quanto il presidente Emmanuel Macron aveva già annunciato durante la campagna elettorale: Parigi rivuole il pieno controllo della compagnia che gestisce le centrali nucleari in Francia. Che un governo guidato da liberali (e liberisti) voglia tornare al monopolio pubblico può sembrare contraddittorio fuori dai confini transalpini, tanto più se si considera che questo aprirebbe un fronte con Bruxelles in tema di concorrenza. Ma il problema è che i privati non sembrano voler più investire in una compagnia che ha crepe nei reattori e nei conti, mentre Macron ha la necessità di tenere sotto controllo i prezzi delle bollette 

Le crepe 

Edf, infatti, non naviga in buone acque. Nel 2021, il suo debito ammontava a 42,3 miliardi di euro. A inizio marzo ha annunciato un calo di 26,2 miliardi di euro del margine operativo lordo per il 2022 dovuto da un lato all'aumento del volume di elettricità venduta a basso costo per "ragioni di Stato" (ossia per contrastare il rialzo dei prezzi del gas), e dall'altro, al calo della produzione nucleare legato a un problema di corrosione su diversi reattori. Attualmente, infatti, quasi la metà dei 56 reattori francesi è spento. A parte le operazioni di manutenzione ordinaria programmate da tempo, alcune ritardate anche a causa della pandemia, a spingere Edf a sospendere una parte della produzione è un presunto problema di fabbricazione di una parte dei reattori ravvisato a fine 2021.

Si tratta, in parole povere, di crepe profonde 3 millimetri emerse per la prima volta su un circuito di emergenza di un reattore presso la centrale di Civaux. Questo problema ha un nome, "corrosione da stress", hanno detto i tecnici di Edf. Nonostante le piccole dimensioni del difetto, si tratta di "un fenomeno grave", perché situato all'interno del reattore, ha spiegato il presidente dell'Autorità per la sicurezza nucleare transalpina, Bernard Doroszczuk, durante un'audizione al Parlamento. Da qui, la decisione di fermare tutti i 12 reattori che sono stati costruiti sul modello di quello di Civaux in attesa di verifiche approfondite. "Il trattamento di queste anomalie richiederà diversi anni", ha avvertito Doroszczuk. Il risultato è che la produzione nucleare francese nel 2022 dovrebbe raggiungere i 280-300 TWh, contro i 295-315 TWh precedentemente preventivati, ha comunicato Edf a maggio.

Il nodo investimenti

A complicare le cose c'è il fatto che i reattori con le crepe sono quelli di più recente costruzione, mentre i più vecchi stanno avvicinandosi alla data di fine vita. Macron ha prima lanciato il piano per la costruzione di 6 nuovi reattori di ultima generazione, e ha poi aggiunto di voler allungare la durata delle centrali. Il costo dell'operazione, tra manutenzioni straordinarie e nuovi impianti, si aggirerebbe sui 100 miliardi secondo stime fatte da Edf e governo. Per la Corte dei conti transalpina e altri esperti di settore, gli investimenti necessari sarebbero in realtà ben più alti. Un esempio.

Il presidente francese ha promesso che buona parte di tali investimenti verranno coperti con fondi e garanzie pubblici. Del resto, lo Stato detiene pur sempre l'83% delle azioni di Edf. Il problema è però che i privati non sembrano disposti a fare la loro parte nel rilancio del nucleare. Investire in questo campo, infatti, è sempre più rischioso. Il caso della nuova centrale di Flamanville è emblematica: lanciata nel 2006, doveva essere pronta nel 2012 e costare 3,3 miliardi. Oggi, i lavori sono ancora in corso e il prezzo dell'operazione ha superato i 12 miliardi, quasi quattro volte la cifra preventivata inizialmente. In più, dinanzi alle conseguenze di lungo termine della guerra in Ucraina, che hanno riportato in auge le misure di controllo dei prezzi, i margini per rientrare dagli investimenti sembrano ridotti. 

I dubbi di Bruxelles

Per tutte queste ragioni, Macron vuole riprendere il controllo totale di Edf. Riacquistare le azioni in mano ai privati dovrebbe costare intorno ai 5 miliardi. Ma lo scoglio maggiore potrebbe essere la Commissione europea, che non vede di buon occhio un'operazione che rischierebbe di colpire la concorrenza. Di contro, Parigi potrebbe far leva su due aspetti: il primo, come già detto, è la necessità di tenere sotto controllo le bollette ed evitare il ritorno dei gilet gialli. Il secondo, è la questione della sicurezza: la privatizzazione parziale di Edf, come dimostra lo stato di salute dei reattori, non ha portato a benefici sotto questo aspetto. Anzi, i Paesi vicini come il Lussemburgo hanno espresso in più occasioni le loro preoccupazioni per la sicurezza degli impianti francesi. 

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