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Giovedì, 28 Marzo 2024
La sovranità mineraria

Il tesoro nascosto sotto l'Europa: la mappa delle nuove miniere (e delle proteste)

L'Ue è alla ricerca di litio e terre rare per il futuro della transizione ecologica e digitale. Ma i sogni di gloria devono fare i conti con il fattore Nimby

La corsa alla sovranità mineraria dell'Europa è cominciata, seppur con almeno dieci anni di ritardo. Dal Portogallo alla Svezia, passando per la Francia e anche per l'Italia. "Il litio e le terre rare diventeranno presto più importanti del petrolio e del gas", ha affermato il mese scorso la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. "La nostra domanda di sole terre rare aumenterà di cinque volte entro il 2030", ha aggiunto. Ma il problema è che per ora su questi materiali, fondamentali per la transizione ecologica e per alimentare le batterie delle auto elettriche, l'Ue è fortemente dipendente dall'estero. E rischia di restarlo a lungo, perché anche se i giacimenti ci sono, i primi progetti di estrazione che si stanno delineando in giro per il Vecchio continente devono fare i conti con le resistenze delle popolazioni locali preoccupate dai rischi per l'ambiente e la salute umana. 

Le materie prime critiche

Ogni anno, l'Europa importa materie prime per una spesa complessiva di 31 miliardi di euro. Fino a poco tempo fa, questo non ha rappresentato un problema. Ma negli ultimi anni, tanto più con la crisi energetica in corso che sta accelerando la transizione verde, a Bruxelles è suonato il campanello d'allarme. Nel settembre 2020, la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione "Resilienza delle materie prime critiche: tracciare un percorso verso una maggiore sicurezza e sostenibilità", che ha di fatto intensificato i lavori a livello Ue per individuare e promuovere progetti per ridurre la dipendenza dall'estero. 

L'obiettivo di Bruxelles si è focalizzato su una lista di 30 materie prime, considerate "critiche" per il futuro dell'industria europea. Di queste, solo 3 sono attualmente estratte in buona quantità nel territorio Ue, mentre ben 17 hanno un tasso di dipendenza da Paesi terzi pari all'80%. Tra queste ci sono il litio utilizzato nelle batterie delle auto (attualmente, la fonte interna principale è il Nord del Portogallo), l'indio utilizzato nei semiconduttori e il cobalto utilizzato nelle turbine a reazione. Per le terre rare, poi, che sono sempre più centrali per l'elettrificazione dei trasporti, dipendiamo per oltre il 90% dalla Cina. Un legame che, all'ultimo vertice Ue, è stato equiparato a quello con la Russia sul gas: un potenziale fattore di destabilizzazione economica e geopolitica.

La mappa del sottosuolo

Per ovviare a tutto ciò, l'Europa ha delineato tre strade. La prima passa per la sovranità mineraria. Secondo le stime del Centro di ricerca della Commissione Ue, "il valore delle risorse minerarie europee non sfruttate alla profondità di 500-1.000 metri è stimata in circa 100 miliardi di euro". Una mappa allegata alla comunicazione del 2020 mostra il potenziale di materie prime critiche dei Paesi Ue: c'è il già citato Portogallo, ma anche la Francia, il cui Ufficio di ricerca geologica e mineraria ha elaborato nel 2018 una mappa delle ricchezze del sottosuolo transalpine che ha fatto brillare gli occhi al presidente Emmanuel Macron. Alte concentrazioni di materie prime critiche sono segnalate anche in Austria, Repubblica ceca, Romania, Svezia, Finlandia e Spagna. Giacimenti, anche se in misura nettamente minore, sono stati individuati in Germania e Italia.  

Alla ricerca del litio

Ma un conto è individuare le potenzialità, un altro sfruttarle. Il caso del litio è emblematico: nel 2019 la Commissione ha "identificato con gli Stati membri 10 potenziali progetti minerari per il litio che, se sviluppati, potrebbero consentire all'Ue di spostarsi dall'1 al 30% della produzione mondiale entro il 2030", aveva spiegato il commissario Ue Maros Sefcovic, la cui stime, però, sono state riviste al ribasso. Di questi progetti, uno è stato lanciato in settimana in Francia: la società transalpina Imerys ha annunciato lo sfruttamento del giacimento di Echassières, nel centro del Paese: "Alimenteremo 700mila auto elettriche all'anno", prevede l'impresa. Ma l'estrazione non partità prima del 2028. 

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In Finlandia, invece, si prevede di cominciare l'estrazione di litio già nel 2024 in un piccolo sito minerario a 600 chilometri a nord di Helsinky. In Portogallo, è stata da poco individuata una riserva da 270mila tonnellate di litio, la Mina do Barroso, nel nord est del Paese. Altri progetti chiave sono il sito Cinovec di European Metals in Repubblica ceca, il progetto Wolfsberg della European Lithium in Austria, le cui operazioni potrebbero iniziare intorno al 2023, il progetto Zinnwald in Germania, e quello San Jose in Spagna. In Italia, come racconta un'inchiesta di RomaToday, il gruppo australiano Vulcan Resources ha ottenuto il permesso di esplorazione di un'area a pochi chilometri da Roma, nella zona circostante al pozzo Cesano 1, dove ci sarebbero interessanti riserve di litio.

Le resistenze locali

Tutti questi progetti, però, devono fare i conti anche il fattore Nimby, ossia le resistenze delle popolazioni locali. Estrarre litio e terre rare è altamente inquinante, come ha ammesso la stessa Commissione europea. In Portogallo, la promettente Mina do Barroso è già oggetto di dure proteste che ne stanno bloccando i lavori. In Svezia, l'attività di estrazione in uno dei più grandi giacimenti di terre rare dell'Ue, quello di Norra Karr, è ferma per via dell'opposizione di residenti e imprenditori agricoli: il sito proposto si trova vicino a un'area Natura 2000, ossia protetta dalla legislazione Ue, e sopra il Vattern, il lago più profondo e il secondo più grande della Svezia, che fornisce acqua dolce a 250mila persone. Non si tratta di casi isolati: ovunque spuntino nuovi progetti di estrazione, scattano le proteste. È successo in Spagna, ma anche in Francia, dove già residenti e autorità locali hanno già alzato le barricate dinanzi all'annuncio della nuova miniera di litio di Echassières.

Gli accordi commerciali

Consapevole dei tempi necessari per avviare le miniere, e anche del fattore Nimby, la Commissione europea sta seguendo anche altre due strade per rendere più sicuro l'approvvigionamento di materie prime critiche. Una passa dai Balcani occidentali, passando per Australia e Cile, fino ad arrivare in Africa e Artico: Bruxelles sta studiando il modo di inserire la questione dell'approvvigionamento di materie prime negli accordi commerciali con Australia e Cile, che producono notevoli quantità di litio. Anche l'accordo di libero scambio con il Canada, già avviato in fase sperimentale, è stato identificato dalle industrie tedesche come un vantaggio per l'approvvigionamento di nichel e terre rare. C'è poi l'Africa, con riserve significative di materie prime essenziali come il cobalto e i metalli di platino. In Artico, l'Ue avrebbe persino messo da parte le sue mire su gas e petrolio pur di accaparrarsi le ricchezze del sottosuolo e sottrarle ai concorrenti terzi. Ma un modo più rapido di ottenere litio e terre rare è senza dubbio quello di guardare al vicinato, dalla Serbia all'Albania, dove sono stati individuati giacimenti importanti. Il fatto è che anche nei Balcani occidentali, ma anche nel lontano Artico, non mancano le proteste delle popolazioni locali a complicare i sogni minerari. 

Il riuso

E così giungiamo all'ultima strada che l'Ue sta cercando di perseguire per non restare senza materie prime: l'economia circolare. E' quello che per esempio ha chiesto il Parlamento europeo in una recente risoluzione: il recupero e il riuso delle materie prime critiche "è cruciale data la presenza significativa" di queste "nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche". La Commissione e gli Stati membri "dovrebbero migliorare i loro sforzi per raccogliere e riciclare correttamente i prodotti a fine vita" contenenti materie prime critiche, "invece di accumularli nelle case e nelle discariche, o incenerirli". Secondo gli eurodeputati, "sono necessari controlli più severi delle esportazioni dell'Ue di prodotti chiave di rifiuti" contenenti tali materie. Le richieste del Parlamento dovrebbero trovare spazio nel pacchetto di proposte che Bruxelles dovrebbe presentare entro la fine dell'anno. 

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