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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Energia

Dall'inizio della guerra, l'Italia ha versato 7 miliardi alla Russia per gas, petrolio e carbone

Nel mondo, tra marzo e aprile, siamo stati il secondo cliente energetico di Mosca dopo la Germania. E prima della Cina (che ha raddoppiato i suoi acquisti)

Dall'inizio della guerra in Ucraina, l'Unione europea ha versato nella casse dei giganti energetici della Russia ben 44 miliardi di euro. Di questi, 6,9 miliardi sono arrivati dall'Italia. Fondi che, è l'accusa di Kiev, stanno continuando a finanziare l'invasione di Mosca e a uccidere soldati e civili ucraini. È quanto emerge da un report del Crea, Center for research on energy and clean air, organismo di ricerca indipendente.

"Le esportazioni di combustibili fossili sono un fattore chiave del finanziamento militare russo e della brutale aggressione contro l'Ucraina", scrive il Crea. "Per fare luce su chi acquista petrolio, gas e carbone russi e su come il volume e il valore delle vendite sono cambiati dall'inizio dell'invasione", i ricercatori hanno messo insieme i dati sui flussi nei gasdotti e negli oleodotti, e quella sul commercio marittimo in combustibili fossili tra Russia e resto del mondo.

Dai dati è emerso che dall'inizio della guerra, Mosca avrebbe incassato 63 miliardi di euro grazie alle sue esportazioni energetiche. E il suo principale cliente è stata l'Unione europea, che nel complesso ha coperto il 71% dell'export russo. Guardando ai singoli Paesi, la Germania è di gran lunga il maggior acquirente, con 9,1 miliardi inviati ai conti correnti dei giganti del settore russi. Al secondo posto l'Italia, con 6,9 miliardi. Il nostro Paese precede un gigante come la Russia, che nei primi due mesi di guerra ha speso 6,7 miliardi di euro.

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Fuori dal podio, ci sono i Paesi Bassi, con 5,6 miliardi, seguiti da Turchia (4,1 miliardi) e Francia (3,8 miliardi). Dal report emerge che un quarto delle spedizioni di combustibili fossili della Russia è arrivato in soli cinque porti dell'Ue: Rotterdam e Maasvlakte (Paesi Bassi), Trieste (Italia), Danzica (Polonia) e Zeebrugge (Belgio).

Il report segnala un altro aspetto interessante, visto il dibattito in corso sulle sanzioni al settore energetico russo, che finora hanno riguardato solo il carbone (con un embargo che dovrebbe scattare da agosto) e che a breve potrebbe colpire anche il petrolio. Ebbene, dall'inizio della guerra proprio le forniture di queste due fonti fossili verso l'Ue sono diminuite tra marzo e aprile rispetto alla media dei primi due mesi dell'anno (un calo del 20% per il petrolio, e del 40% per il carbone). Al contrario, sono aumentate le forniture di gas, sia attraverso i gasdotti (+10%), sia attraverso le navi (il gnl, con una crescita del 20%).

Altro dato interessante: dall'inizio del conflitto le consegne russe verso destinazioni extra Ue sono aumentate. Per esempio, l'export di petrolio verso clienti non Ue è salito del 20%, con una crescita degli acquisti in Cina e India. Anche le vendite di carbone e gnl al di fuori dell'Ue sono aumentate rispettivamente del 30% e dell'80%. E anche in questi casi, i governi di Pechino e Nuova Delhi sono stati tra i clienti più generosi. Certo, i loro acquisti restano nettamente inferiori a quelli dell'Ue. Ma in un futuro non troppo lontano le cose potrebbero cambiare. Almeno così spera Mosca.

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