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Giovedì, 18 Aprile 2024
L'inchiesta

"Gli intrecci tra lobby e ricerca per portare i nuovi Ogm nell'Ue": la denuncia

Un report dei Verdi europei punta il dito sui rapporti tra università e multinazionali di sementi e pesticidi. Cos'è l'editing del genoma e perché sta diventando così importante per il futuro dell'agro-business

Scienza e lobby alleate per convincere l'Unione europea ad aprire la porta all'editing del genoma delle piante, i cosiddetti nuovi organismi geneticamente modificati. Gli interessi economici alla base sono molteplici e intrecciano istituti scientifici, gruppi di pressione, esperti universitari e giganti dell'agri-business, riunitisi in un esercito piccolo ma compatto. L'obiettivo è ottenere da Bruxelles un quadro normativo “alleato” delle nuove tecniche e meno restrittivo rispetto a quello attualmente esistente in materia di Ogm. Questa, in sintesi, la denuncia contenuta in un report commissionato dal gruppo dei Greens/EFA al Parlamento Ue e realizzato da GMWatch, un'organizzazione indipendente che monitora l'industria degli Ogm e dei suoi sostenitori.

Visionato in esclusiva da AgriFoodToday, lo studio ricostruisce le relazioni tra ricercatori, lobbisti di Euroseeds (che rappresenta le industrie sementiere), consulenti e vertici delle grandi aziende che producono pesticidi e prodotti chimici. Anche alcuni esperti ed istituti italiani compaiono nel documento, come l'Istituto di Bioscienze e Bioricerca del Consiglio di ricerca Nazionale (Cnr) e l'Istituto di Genomica Applicata dell'Università degli Studi di Udine.

Enti analizzati

Lo studio, scritto da Claire Robinson sulla base delle ricerche di Anne-Charlotte Moy e redatto da Franziska Achterberg, si concentra su tre organizzazioni a livello europeo: l'Organizzazione europea delle scienze vegetali (European Plant Science Organisation -Epso), la Federazione europea delle accademie delle scienze e delle discipline umanistiche (Allea) e Eu-Sage, una rete che promuove "l'agricoltura sostenibile europea attraverso l'editing del genoma".

L'Epso in particolare è un'organizzazione di lobby fondata nel 2000 "per rappresentare le esigenze e gli interessi della scienza vegetale europea", che vanta 70 membri istituzionali, sotto cui sono riuniti “più di 200 istituti di ricerca, dipartimenti e università di 31 Paesi europei e non solo". Al tempo stesso l'Epso è formalmente legato all'industria agrochimica e delle sementi, dato che i suoi "osservatori" includono gruppi e aziende che si occupano di biotecnologie agricole, tra cui Dow/Corteva, Bayer, Basf e Limagrain. Assorbendo un grande numero di istituti di ricerca specializzati, l'Epso costituisce un punto di riferimento accademico negli studi sulla genetica delle piante.

Aspetti critici

Il report commissionato dai Greens evidenzia in primo luogo il fatto che il personale di questi enti provenga quasi esclusivamente (98%) dal mondo delle biotecnologie, mentre mancano quasi del tutto altre figure chiave dell'agricoltura, come esperti in ecologia, tossicologia e salute pubblica. Lo studio mostra inoltre che sono tre i gruppi nazionali con il maggior numero di persone dai ruoli ambigui. In cima troviamo la Germania, sede di due delle più grandi aziende sementiere del mondo: Bayer e BASF. A seguire troviamo proprio l'Italia, con 19 persone, a pari merito con la Spagna. Viene rilevato inoltre che aziende come Bayer Bioscience, Bayer Cropscience e CropDesign sono rappresentate nell'assemblea generale del VIB (Istituto fiammingo per le biotecnologie), che per diverso tempo ha ospitato nei suoi locali la sede dell'Epso. Altri istituti di ricerca con forti legami sia con questi gruppi di pressione che con l'industria delle biotecnologie agricole sarebbero l'Inrae in Francia, il Wageningen Plant Research nei Paesi Bassi, e il Crag in Spagna.

Brevetti, ricerche e ruoli aziendali

Per stabilire se una persona ha interessi nello sfruttamento commerciale degli Ogm, lo studio prende in considerazione diversi criteri. I tre più rilevanti riguardano la citazione di un ricercatore in un brevetto legato all'ingegneria genetica; in secondo luogo se c'è una collaborazione con l'industria in un progetto di ricerca. Infine se uno scienziato ha avuto una posizione o una partecipazione finanziaria in un'azienda di sementi o di biotecnologie. L'indagine rivela che il 64% dei membri del gruppo di lavoro Epso sulle tecnologie agricole e il 32% dei membri di Eu-Sage “hanno un interesse personale nella commercializzazione di piante geneticamente modificate”. Questo significherebbe “che possono beneficiarne finanziariamente, o in termini di sviluppo della propria carriera, personalmente o attraverso le loro organizzazioni”. Questione ancor più spinosa è quella dei brevetti, con numerosi membri del gruppo di lavoro Tecnologie agricole dell'Epso (38%) e dei membri della rete Eu-Sage (il 23%) che risultano titolari di uno o più brevetti o domande di brevetto che riguardano processi o prodotti legati al genoma editing.

Confini non chiari

Oltre la metà dei membri del gruppo di lavoro dell'Epso che si occupa di genoma editing è coinvolta in uno o più progetti di ricerca con l'industria sementiera. In alcuni casi queste persone rivestono un ruolo diretto o posseggono azioni all'interno di un'azienda di sementi o di biotecnologie. Risulta difficile in sostanza distinguere i confini tra scienza, lobby e aziende, con sovrapposizioni e potenziali conflitti di interesse tra esperti delle organizzazioni scientifiche e associazioni dell'industria sementiera e delle biotecnologie. Tutti gli attori coinvolti possono, secondo il report, "trarre benefici economici da un allentamento della legislazione europea sugli Ogm", individualmente e/o attraverso le loro istituzioni. Se una normale attività di advocacy è ammissibile, in questo caso gli interessi privati starebbero influenzando in modo diretto la ricerca scientifica, che ha il compito invece di verificare in modo obiettivo la sicurezza e i rischi connessi a questi esperimenti tutelando innanzitutto la salute dei cittadini.

Gli italiani

Il report ha monitorato anche alcuni esperti scientifici italiani. Tra questi figura il nome di Michele Morgante, professore di genetica all'Università di Udine e direttore scientifico dell'Istituto di Genomica Applicata, un'organizzazione di ricerca privata che ha co-fondato nel 2006. Oltre a sostenere la deregolamentazione dell'editing genico, si legge nel report, Morgante avrebbe una lunga storia di collaborazione con l'industria delle sementi e delle biotecnologie. In particolare è citato come richiedente o inventore di brevetti legati all'ingegneria genetica cui partecipano la DuPont Pioneer, il più grande produttore statunitense di semi ibridi per l'agricoltura. Compare inoltre “in qualità di titolare di 16 brevetti sui metodi di analisi del genoma e sull'uso dei geni nella selezione delle piante e nelle applicazioni transgeniche, comprese le varietà di vite”. Secondo le autrici del report avrebbe quindi particolari interessi nella commercializzazione degli Ogm.

L'altro nome di maggior rilievo è quello di Roberto Defez, ricercatore senior presso l'Istituto di Bioscienze e Biorisorse (Ibbr) in Italia e membro del gruppo di lavoro Epso sulle tecnologie agricole. Nel documento si legge che “ha svolto un'attiva attività di lobby per la revisione dei regolamenti Ue sugli Ogm a favore degli sviluppatori di Ogm”, attraverso la pubblicazione di articoli di opinione sui media e su una rivista scientifica, nonché intervenendo in un'audizione al Senato in Italia. Nel suo caso sarebbero cinque i brevetti relativi all'ingegneria genetica in cui viene citato come richiedente e/o inventore, tra cui uno “su un metodo per controllare l'espressione genica” realizzato con un'azienda privata. “Purtroppo, gli scienziati coinvolti nel dibattito normativo sugli organismi geneticamente modificati non sempre rivelano in anticipo i loro legami con l'industria della biotecnologia o i loro brevetti” ha commentato a tal proposito D'Amato europarlamentare dei Verdi. “Questo deve cambiare. Questi scienziati devono ammettere i loro interessi acquisiti o tenersi lontani dal dibattito" ha aggiunto la deputata europea.

Cos'è l'editing del genoma (in breve)

Col termine "editing del genoma" si indica una serie di tecniche di modifica del Dna di organismi viventi, come piante, animali ed esseri umani. La tecnica di editing genetico più utilizzata è il sistema CRISPR/Cas, che rende possibile modificare il genoma di un organismo più velocemente che in passato, agendo come una sorta di “forbice” che taglia il Dna in un punto specifico, consentendo la cancellazione, la sostituzione o l'inserimento di sequenze di Dna, andando ad alterare e/o potenziare le caratteristiche di una pianta. La modifica può incidere su varie caratteristiche, come la forma, il colore o il contenuto nutrizionale, come pure la sua resistenza a malattie e pesticidi.

L'obiettivo delle lobby

Negli ultimi anni le grandi aziende biotecnologiche agricole come Bayer, Corteva, Basf e Syngenta hanno esercitato pressioni per aprire il mercato dell'Ue alle colture geneticamente modificate (Gm). Mirano a far sì che queste sementi alterate tramite le nuove tecniche sul Dna siano escluse dalla restrittiva legislazione dell'Ue sugli Ogm di “vecchia generazione”, sui quali si erano centrate lunghe battaglie nella metà degli anni '90. In questo modo la commercializzare di semi e piante con Dna modificato sarebbe facilitata, sia negli Stati Membri che nei Paesi che commerciano con l'Ue.

Per ottenere tale “esenzione” è fondamentale che il mondo scientifico concordi su alcune caratteristiche, che dovrebbero differenziare questi Ogm di nuova generazione da quelli di vecchio concepimento, reputati rischiosi. Le nuove tecniche vengono presentate come: “precise” e “sicure”, dando vita a piante “naturali” e “sostenibili”, con una migliore resistenza ai cambiamenti climatici e in particolare alla siccità. Di avviso diverso la Corte di giustizia dell'Ue, che nel 2018 ha stabilito che gli organismi ottenuti con le nuove tecniche sono soggetti alle stesse valutazioni di sicurezza e agli stessi requisiti di etichettatura di qualsiasi altro Ogm.

Quali sono i rischi?

Riguardo ai possibili rischi, che hanno spinto i giudici a questa decisione, si ritiene che i tagli del Dna che avvengono tramite le nuove tecniche possono essere effettuati in punti diversi dal sito di editing genico previsto, dando luogo a "mutazioni fuori bersaglio / off-target". Secondo i detrattori di questa tecnica c'è anche il rischio di numerose mutazioni non intenzionali (come danni al Dna) che possono verificarsi anche nel sito di modifica genica previsto (le cosiddette "mutazioni on-target"). Entrambe le tipologie di mutazioni “possono portare alla creazione involontaria di nuove sequenze geniche che codificano proteine mutanti”, si legge nel report.

Progresso VS sicurezza ?

Affinché  i decisori europei approvino norme più flessibili, le affermazioni di chi vanta interessi commerciali devono coincidere con i pareri della ricerca scientifica. Nell'aprile 2021 la Commissione europea ha dichiarato che avrebbe "avviato un'azione politica" per escludere alcune colture geneticamente modificate (Gm) dalla legislazione dell'Ue sugli Ogm, dichiarando che quest'ultima "non è adatta allo scopo" per le piante prodotte con alcune "tecnologie innovative" e "deve essere adattata al progresso scientifico e tecnologico". Bruxelles insomma si starebbe già muovendo in una direzione apprezzata dall'industria sementiera e delle biotecnologie, anche grazie all'avallo fornito da una parte del mondo scientifico. Di avviso contrario ambientalisti, esponenti del settore agricolo e ricercatori più cauti rispetto alle conclusioni da trarre su queste nuove tecniche. “La potenziale esclusione della Commissione di intere classi di piante geneticamente modificate dalla legislazione dell'Ue sugli Ogm deve essere fermata” ha dichiarato Rosa d'Amato, europarlamentare dei Greens, concludendo: “Minaccerebbe i diritti degli agricoltori e dei consumatori di sapere dove si trovano gli Ogm ed esporrebbe le persone e l'ambiente a rischi imprevedibili".

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