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Venerdì, 19 Aprile 2024
Guerra e diplomazia / Germania

Perché Berlino vuole sanzionare le aziende, anziché gli Stati, che esportano in Russia

Mosca ottiene materiale high-tech prodotto in Occidente tramite Paesi terzi, ma la Germania non vuole irritare Cina e Turchia con cui ha fitti rapporti economici

Nuovo pacchetto di sanzioni anti-Putin in arrivo, ma chi colpiranno? A Bruxelles c'è tanta delusione per l'inefficacia delle misure varate nell'ultimo anno nei confronti della Russia, non avendo determinato i risultati sperati. I funzionari europei avrebbero programmato di colpire stavolta direttamente gli Stati che acquistano beni dalle aziende europee, per poi spedirli a Mosca. Sti sta mettendo però di traverso la Germania, che propone invece di "punire" le aziende, costringendole ad inserire una sorta di "clausola no-Russia" per evitare che questi beni dai Paesi di destinazione finiscano nelle mani del Cremlino. Motivo della scelta tedesca? Evitare problemi diplomatici con Cina e Turchia, considerati Paesi che fungono da intermediari per questi scambi commerciali.

Strade alternative per l'hi-tech

L'elusione delle sanzioni varate nei confronti di Mosca preoccupa da tempo gli Stati membri. A Bruxelles si stanno quindi discutendo nuove misure coercitive per impedire alla Russia di ottenere alcuni beni ad alta tecnologia prodotti in Occidente. Parliamo di prodotti come aerei e missili, come pure di singoli componenti come i cuscinetti a sfera, identificati secondo alcuni studi come un bene ricercato. In base a dati e calcoli elaborati dalla Commissione, risulta che le esportazioni dell'Ue di determinati prodotti verso i Paesi confinanti con la Russia, soprattutto ex membri dell'Unione sovietica, siano aumentate da quando Bruxelles ha deciso di colpire Vladimir Putin tramite le sanzioni. Arrivati a questo punto, i nuovo piani elaborati dai funzionari europei puntano a colpire direttamente con sanzioni economiche i Paesi terzi che non rispettino le misure occidentali o che non siano in grado di giustificare un improvviso aumento delle importazioni di merci vietate. Secondo quanto riporta il quotidiano Politico, c'è chi si è messo di traverso rispetto a questa opzione: la Germania.

Clausole precise

Berlino propone una strada diversa, cioè di obbligare le aziende europee ad inserire una clausola "no Russia" quando vendono beni ad alta tecnologia ad alcuni Paesi. Tramite questo elemento contrattuale, gli acquirenti dei Paesi terzi si impegnerebbero a non esportare in Russia un gruppo selezionato di prodotti, già oggetto di sanzioni. Questo obbligo si trasmetterebbe anche ad altri potenziali acquirenti. "L'elenco dei beni dovrebbe essere molto specifico e concentrarsi su singoli beni o categorie mirate di beni con un'elevata rilevanza per l'apparato militare russo e che non possono essere facilmente sostituiti da prodotti provenienti da Paesi al di fuori dell'Ue e del G7", si legge nel documento visionato da Politico.

Delicata diplomazia

Motivo della proposta alternativa: evitare di irritare Cina e Turchia, con le quali la Germania ha intense relazioni economiche e diplomatiche. Il governo tedesco starebbe premendo poi affinché gli altri Stati membri aumentino i controlli sulle proprie aziende, intensificando inoltre lo scambio di informazioni per evitare che le imprese possano facilmente aggirare le restrizioni alle esportazioni. Berlino avrebbe suggerito anche di creare un database interno all'Ue di aziende sospettate di non rispettare i divieti di esportazione verso Mosca. La proposta tedesca non convince del tutto. Secondo i funzionari europei, l'azienda acquirente potrebbe rivendere a delle società di comodo prima di esportare merci in Russia. Altro metodo: l'impresa può effettuare gli scambi commerciali tramite un'altra ragione sociale. Nel concepire le sanzioni secondarie l'Unione europea guarda in realtà soprattutto ai paesi dell'Asia centrale, come il Kazakistan, il Kirghizistan, il Tagikistan, il Turkmenistan e l'Uzbekistan. Sarebbe però difficile concepire delle misure coercitive destinate solo a questi Stati, al fine di proteggere i rapporti con Ankara e Pechino.

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